«Meglio chiudere il tunnel una volta sola per 3 anni» Courmayeur, la proposta dopo l’incontro con i gestori

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Si preannuncia un periodo lungo e difficile per gli operatori economici e turistici di Courmayeur e dell’intera Valdigne: nei prossimi 18 anni - a partire dal 2023 - il Tunnel del Monte Bianco resterà chiuso tre mesi all’anno per lavori - indifferibili - di manutenzione. Senza soluzioni alternative, la Valle d’Aosta rischia di perdere quasi 10 punti percentuali di Prodotto interno lordo (il famigerato Pil, che misura la ricchezza prodotta dalla regione) secondo un recente studio di Confindustria, che per questo chiede il raddoppio del traforo, con la realizzazione di una seconda canna. Venerdì scorso, 17 febbraio, si è svolto un incontro a porte chiuse con i vertici della Sitmb (la società che gestisce il tunnel). I dettagli degli interventi sono stati illustrati da Mirko Nanni amministratore delegato della Sitmb alla platea composta dai membri del Consiglio comunale, dagli operatori turistici e dai rappresentanti dalle due società degli impianti a fune. I lavori si svolgeranno in una prima tranche dal 5 settembre al 16 dicembre di quest’anno e probabilmente anche nel 2024.

«C’è molta preoccupazione, inutile negarlo. - sottolinea il sindaco di Courmayeur, Roberto Rota - I danni economici che arriveranno da questa chiusura sono più che evidenti. Danni immediati durante la chiusura del traforo e danni a lungo termine che arriveranno anche dopo la riapertura, perché la gente farà fatica a riprendere l’abitudine di percorrere il tunnel. Le ipotesi sul tavolo sono 2: o una chiusura a intermittenza solo nel periodo autunnale per 18 anni, oppure un’unica chiusura completa per 3 anni. Quello che chiediamo è di essere costantemente aggiornati e anche informati sull’eventualità, di cui si sta discutendo, di realizzare una seconda canna. Il Comune di Courmayeur deve essere consultato per le nuove scelte. E’ fondamentale per noi, anche per questa ultima ipotesi allo studio, che rimanga una solo corsia per ogni senso di marcia, in modo da evitare l’aumento spropositato del traffico».

Per il momento l’unica certezza è la chiusura autunnale del 2023, anche se altri lavori per il 2024 sarebbero già stati appaltati e servirebbero a capire esattamente che tipo di problemi strutturali presenta la volta e quali siano gli interventi che devono essere assolutamente realizzati. Il tunnel fu aperto nel 1965 e rimase chiuso per 3 anni dopo l’incendio del 1999.

«Per noi sarebbe meglio una unica chiusura anche di 3 anni, per il tempo necessario per eseguire tutti i lavori. - commenta Alessio Berthod, referente Adava per Courmayeur - E’ inimmaginabile uno stillicidio di 18 anni, mi pare un’assurdità. Inoltre per noi albergatori la stagione autunnale inizia finalmente a funzionare e quindi i 3 mesi individuati dalla società per gli interventi ci penalizzerebbero. Questa proposta mi pare sia un po’ una provocazione, per sostenere l’ipotesi del raddoppio del tunnel, opera che però renderebbe necessari 15 anni di lavori. Insomma da qualunque parte la si rigiri, la situazione è a dir poco complicata».

Le molteplici criticità vengono sottolineate anche da Edoardo Melgara rappresentante dei commercianti, presente all’incontro di venerdì scorso. «Ci siamo già ritrovati tra noi esercenti, ma credo sia necessario un nuovo incontro allargato per sentire le opinioni di tutti. - ribadisce Edoardo Melgara - La sensazione che è emersa, sentendo i primi pareri, è che sia preferibile una chiusura sporadica e non continuativa, che sfavorirebbe soprattutto il commercio di prossimità. Ma è comunque una scelta difficile: non dimentichiamo che veniamo da un periodo di pandemia che ci ha già penalizzato pesantemente. Occorrerà ragionare e fare delle valutazioni. Sicuramente il 2024 sarà un anno decisivo per capire quale sarà la scelta migliore».

Nei 3 anni dopo l'incendio del marzo 1999, secondo le note sull'andamento dell'economia di Banca d'Italia, la chiusura del Tunnel del Monte Bianco pesò in diversa misura sui settori economici valdostani. Per l'industria valdostana si avvertì in prevalenza per l'aumento dei costi di trasporto. La produzione industriale segnò un rallentamento, poi il comparto tornò ad accelerare fino a settembre 2000, quando venne fermato dall'alluvione.

Per quanto riguarda il Pil regionale, l'Istat certifica in quegli anni una tenuta dell'economia valdostana, che conobbe una flessione nel 2000, quando alla chiusura del traforo si sommò l'alluvione.

Turismo: durante il 1999 e il 2000, presenze ed arrivi nella nostra regione diminuirono rispettivamente del 5,8 e del 7,7 per cento. L'andamento negativo deriva sia dalla chiusura del tunnel, sia dalle sfavorevoli condizioni meteo nei mesi estivi e invernali. Nel 2001 - traforo ancora chiuso - il movimento turistico riprese a crescere, con un balzo alla riapertura della galleria grazie al ritorno dei francesi.

La chiusura del traforo «indubbiamente pesò sul giro d'affari del commercio al dettaglio» scriveva la Banca d’Italia, «nella Valdigne e lungo l'asse centrale della Valle», in particolare per esempio i distributori di carburante e i pubblici esercizi.

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