Massimo Bionaz, prof universitario negli Usa grazie alle adorate mucche
Fin da bambino ha sempre sognato di prendersi cura delle mucche da latte, una passione ereditata dal papà allevatore, Albino. La necessità di trovare una risposta ai tanti interrogativi ha convinto Massimo Bionaz, quarantadue anni di Bionaz, a lasciare la sua amata Valpelline per intraprendere una brillante carriera scolastica ed universitaria che l'ha portato negli Stati Uniti, dove vive ormai da tredici anni, professore assistente alla Oregon State University.
«Sono cresciuto in un’azienda agricola e da quando avevo sei anni, trascorrevo l’estate con mio padre ed i miei fratelli negli alpeggi di Bionaz. - ricorda Massimo Bionaz - Ho sempre nutrito una passione per le mucche, mungendole a mano, ed il mio sogno era quello di diventare un allevatore come mio padre Albino. Per questa ragione volevo terminare il mio percorso scolastico alle medie. Poi, un po’ per l'insistenza dei miei genitori e poiché molti dei miei amici si erano iscritti all'Institut agricole régional mi sono lasciato convincere ed ho iniziato, seppur controvoglia, la scuola superiore. Il primo anno ho fatto molta fatica ad ambientarmi, rischiando la bocciatura. Successivamente qualcosa ha cambiato la mia visione della scuola, ho capito la bellezza dell’imparare e ho scoperto il potere della ragione nella dinamica della conoscenza».
I genitori di Massimo Bionaz avevano appena finito di costruire il Rifugio Prarayer, nei pressi della diga di Place Moulin. Massimo Bionaz preferisce continuare a prendersi cura delle mucche, il padre gli propone di gestire l’alpeggio. «All’epoca avevo quindici anni e questa decisione mi ha riempito di orgoglio, e anche di preoccupazione perché lo volevo fare bene. Per questo motivo ho iniziato il secondo anno scolastico pieno di domande, la scuola non era più solo un noioso obbligo, piuttosto una bella occasione per avere delle risposte. Ho studiato le tecniche dell’allevamento e i processi della caseificazione. - prosegue Massimo Bionaz - L'Institut offriva la possibilità di specializzarsi al terzo anno, oppure di proseguire gli studi fuori Valle per ricevere un diploma di agrotecnico o di perito agrario. Io volevo restare nella mia regione per continuare ad occuparmi delle mie mucche. I miei amici avevano deciso di andare a studiare a Caluso, in provincia di Torino, ed i miei genitori ancora una volta mi hanno spinto a seguirli».
L'insaziabile bisogno di trovare una risposta a tutto ha poi condotto Massimo Bionaz verso l’Università.
«Mi sono iscritto ad Agraria all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza seguendo il consiglio del carissimo canonico Francis Darbellay. - prosegue - Molti dei professori dell’Institut agricole régional si erano laureati lì e un'altra volta mi sono fatto convincere. La vita universitaria è stata un’esperienza incredibile, alimentando la mia abitudine a fare domande. I miei compagni mi chiamavano “Mister quiz” e ho iniziato a studiare in modo più approfondito materie come la chimica e la fisica. La combinazione dello studio delle materie scientifiche con una amicizia speciale mi ha fatto diventare profondamente ateo, al punto che ero convinto che solo attraverso il metodo scientifico si potesse raggiungere la verità, che per me corrispondeva alla conoscenza della realtà materiale. Questo ateismo, incentrato su una razionalità estrema, però distorta come ho poi capito dopo, mi ha portato sul baratro di una depressione esistenziale tale per cui la passione per tutto, incluso lo studio, è iniziata a decadere rapidamente. Nello stesso periodo mi ero avvicinato al movimento cattolico Comunione e Liberazione e grazie ai rapporti di amicizia mi sono riconvertito in modo profondo al cattolicesimo, riprendendo il cammino della conoscenza con una passione nuova e ancora più intensa. L’esperienza con Comunione e Liberazione mi ha mostrato la grandezza della ragione. Ho iniziato a valorizzare in modo estremo il desiderio di verità che avevo. Senza accorgermene, mi sono appassionato alla scienza. Un giorno, uscendo dalla biblioteca, un mio amico mi chiese: “Ma tu, Massimo, non hai mai pensato di fare lo scienziato?”. No, non l’avevo proprio mai immaginato, però quando me l'ha fatto notare ho sentito un'incredibile corrispondenza!» ricorda Massimo Bionaz, che da quel momento inizia a pensare seriamente di seguire quella nuova strada. Anche se la sua passione per le vacche era ancora viva, la «chiamata» della scienza sembrava essere più forte di tutto. Dopo la laurea in Agraria conseguita nel 2000 - con una tesi di ricerca sulle mucche valdostane con il professore Giuseppe Bertoni - Massimo Bionaz decide di diventare ricercatore. Dopo aver contattato alcuni docenti americani per intraprendere un dottorato - che negli Stati Uniti viene chiamato PhD - si impegna a cercare i soldi necessari per partire.
«Il mio relatore - racconta Massimo Bionaz - mi aveva proposto il dottorato sulla patofisiologia delle vacche da latte a Piacenza, presso il suo istituto, lavorando anche su un progetto per lo sviluppo di un sistema diagnostico. Nel 2002 ho avuto la possibilità di andare all’estero per sei mesi a lavorare nel laboratorio dell’Università dell’Illinois ad Urbana con uno dei massimi esperti nel mio campo, il professor James Drackley, supportato economicamente dai canonici del Gran San Bernardo, in particolare da Joseph Vaudan. Dopo aver conseguito il dottorato, in Italia non avevo molte prospettive. Il mio sogno, soprattutto dopo essere stato negli Stati Uniti ed avere constatato che lì la ricerca era molto più sviluppata, era quello di ritornare negli Usa».
La professoressa Gabriella Varga - un’autorità nel campo dell’alimentazione delle mucche - invita il valdostano nel suo laboratorio, negli Stati Uniti. «Per raggiungerla avevo bisogno di soldi e così sono tornato a “mendicare” dal canonico Joseph Vaudan. - prosegue il suo racconto Massimo Bionaz - Lui mi aiutò, ponendo due condizioni: non lavorare la domenica e usare un po' dei finanziamenti per esplorare l’America al di fuori dal laboratorio. Sono arrivato nell’ottobre del 2004 alla Penn State University, in Pennsylvania, iniziando il mio primo post-dottorato nel laboratorio della professoressa Varga occupandomi di nutrigenomica nelle mucche. Nel campus universitario ho conosciuto tante persone di provenienza internazionale e, anche se lavoravo tanto, sono riuscito a godermi la vita. In più, ho incontrato mia moglie Elisa, all’epoca anche lei impegnata nel post-dottorato. Nello stesso periodo un compagno conosciuto durante la mia esperienza in Illinois, Juan Loor, era diventato professore all’Università dell’Illinois e cercava un post-dottorato: mi ha assunto su due piedi! Così a gennaio del 2006 ho iniziato il mio secondo dottorato lavorando alla nutrifiogenomica nelle specie agricole, vacche e maiali principalmente». La moglie Elisa Monaco lo raggiunge nello stesso dipartimento l’anno dopo per intraprendere un post-dottorato nel laboratorio del professore Matthew Wheeler, che si occupava di cellule staminali adulte per la rigenerazione delle ossa.
Massimo Bionaz viene poi assunto dal professore Matthew Wheeler occupandosi con la moglie sulle cellule staminali adulte. Successivamente inizia a lavorare - nel novembre del 2012 - come professore assistente alla Oregon State University con sede a Corvallis. Attualmente si occupa di Nutrigenomica negli animali da latte, nutrigenomica del latte e della salute umana e del benessere animale.
Nonostante - o complici - i tredici anni di permanenza in America, a Massimo Bionaz la Valle d'Aosta è rimasta nel cuore e vi ritorna in media una volta ogni due anni, trascorrendo una quindicina di giorni a Bionaz e altri quindici giorni a Scafati, in provincia di Caserta, città d'origine della moglie Elisa Monaco con la quale ha avuto quattro figli: Francesca di dieci anni, Luca di sette, Stefano di tre e la piccola Federica di quattro mesi.
«Solo Francesca capisce un po’ di patois, mio figlio Luca invece tutte le volte che tentavo un approccio in dialetto mi rispondeva “Papà, parla bene che non ti capisco!”, quindi ho rinunciato. Ho comunque conservato qualche tradizione valdostana, ogni tanto cucino la polenta con le salsicce, porto in tavola la mocetta ed il lardo. Mi mancano tanto la famiglia, i parenti e gli amici, sono molto legato anche alla bellezza della nostra Valle della quale conservo moltissimi ricordi, soprattutto delle montagne che sembrano proiettarci verso l’infinito» afferma Massimo Bionaz, che non esclude di tornare a viverci.
Ai valdostani intenzionati a trovare lavoro all'estero consiglia di mettersi in gioco, seguendo la propria vocazione: «Più che tentare la fortuna penso che una persona debba inseguire i propri talenti e desideri, così da essere utile al mondo. - conclude Massimo Bionaz - Non c’è bisogno di uscire dalla Valle d’Aosta per fare questo ma, se è necessario, venire negli Stati Uniti offre interessanti prospettive di vita, che la rendono sicuramente più avventurosa, con la possibilità di incontrare persone diverse e scoprendo una visione più ricca e veritiera della realtà».