Mario Obert, guida alpina per tradizione familiare e per amore delle montagne valdostane

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Un nome, un luogo, un destino. E’ una storica famiglia di guide di Ayas, con una forte passione per la montagna, quella dei quattro fratelli alpinisti Obert: Mario, Roger, Jean-Baptiste e Marin. Il nonno paterno Jean-Baptiste (nato nel 1875), detto Tacia per distinguerlo dai numerosi altri Obert tuttora residenti a Antagnod, era già guida dal 1913 e portatore dal 1899, così come lo zio Osvald Obert, classe 1905, che diventò portatore nel 1924 e guida nel 1930.

Le tacie in franco provenzale sono i grossi chiodi in ferro con la larga testa sfaccettata, una definizione che deriva addirittura dallo spagnolo “tacha” e che venne adottata dagli antichi linguaggi. Erano i chiodi - fondamentali nell’evoluzione dell’alpinismo - che il padre Jean-Joseph forgiava nella sua officina di fabbro. Anzi, potrebbe essere proprio del figlio Jean-Baptiste, secondo i racconti tramandati, la prima ascensione dello sperone sud del Lyskamm occidentale e sicuramente è stato lui, come documentato nel suo libretto personale in data 29 agosto 1920, a salire le tre punte di roccia situate a sud della vetta della Rocca di Verra e separate da questa da un canale che scende in direzione orientale fino al Pian di Verra.

Il nipote di Jean-Baptiste, Mario Obert per l’appunto è venuto al mondo a Antagnod il 21 luglio 1946, primogenito di ben sette tra fratelli e sorelle: Marie e Renée, rispettivamente del 1947 e 1951, Roger del 1952, morto il 17 settembre 1985 sulla via Filder alla parete sud-est del Lyskamm orientale (le guide la chiamano «la via del nonno») per il distacco di una placca di neve, Jean del 1954, Marc del 1957 e Marin del 1960. Solo Marc, dei cinque figli maschi, non è stato attratto dalla professione di guida. I genitori erano Odone Evaldo Obert del 1912 (scomparso nel 1991) e Rosetta Fosson del 1919 (mancata nel 2014), entrambi di Ayas, il primo di Antagnod e la seconda di Pilaz.

A Antagnod, Mario ha frequentato le scuole elementari, mentre dalla prima medie alla conclusione del Liceo classico è stato al seminario minore di Aosta per otto anni, dal 1958 al 1966, in via dei Cappuccini, all’epoca luogo di incontro per generazioni di studenti provenienti dalle vallate laterali. «Nei primi due anni di scuola ricordo che si faceva fatica a stare per tante ore seduti ai banchi e che leggevo molto per conto mio mentre le maestre - a seconda degli anni Maria Carosio Merlet, Rosina Obert e suor Orsola - spiegavano e poiché non disturbavo la lezione mi lasciavano fare. Per i giochi mi trovavo con gli amichetti di Antagnod e con quelli che da Corbet, Cornu e Meytere venivano in convitto al capoluogo, perché con chi abitava a Lignod a volte c’era un po’ di competizione...»

L’avere raggiunto il traguardo del diploma liceale gli permette poi di iscriversi al Politecnico di Torino. Frequenta in Piemonte, non stabilmente, per tre anni, per poi tornare in Valle d’Aosta, dove si dedica a varie attività, tra cui l’edilizia, l’allevamento del bestiame e quanto ne deriva. Inoltre durante la stagione invernale in pausa dagli studi di Torino diventa addetto agli impianti di risalita, migliorando le sue capacità di sciatore ma è la montagna dell’alpinismo che lo attrae di più. Così nel 1969, ventitrenne, diventa portatore, dopo avere superato a Courmayeur il corso per aspirante guida. Dopo tre anni di pratica, accompagnando clienti da solo e con altre guide, consegue lo status di guida alpina nel 1973, entrando nella società del suo paese, quella di Ayas-Champoluc.

Il papà Evaldo era un maestro elementare che esercitò in varie scuole della Valle d’Aosta - tra le quali Challand-Saint-Anselme, Valsavarenche e a Ayas, Saint-Jacques, Antagnod e Periasc - ed è stato il primo scrittore in franco-provenzale di Ayas in prosa, «Euna pégna dè conto forà» si intitolava quel suo libro. Pur non essendo guida, complice l’influenza paterna e famigliare, amava così tanto la montagna da avviare i figli a questa passione. «I miei primi ricordi in montagna li ho con papà Evaldo. - ricorda infatti Mario Obert - Poi un po’ per la pratica, un po’ parlando con gli amici che nel frattempo avevano scelto la professione di guida, ho maturato la decisione di iscrivermi al corso per diventare portatore.»

Importante per lui, nell’ambito di questa passione, era stata anche l’esperienza da ragazzo trascorsa al Rifugio Ottorino Mezzalama, dove aiutava i fratelli gestori Emma ed Oliviero Frachey: dalla struttura che allora era l’ultima prima del ghiacciaio, Mario Obert talvolta saliva in alto seguendo le guide che accompagnavano i clienti.

Anche quando era a Torino studente al Politecnico, Mario Obert aveva frequentato i corsi di sci alpinismo della sezione universitaria del Cai e si era formato per diventare capo cordata nelle gite sociali.

Per il resto, d’estate Mario aiutava i genitori nei lavori agricoli, nei fieni, nella mungitura delle loro poche mucche da latte e nella lavorazione dei formaggi, avendo a tal fine frequentato pure un corso da casaro. Il fratello Jean da parte sua era stato studente ad Aosta la Scuola tecnica di agricoltura gestita dai canonici del Gran San Bernardo e in estate si trasferiva negli alpeggi, in particolare dove salivamo pure le bestie di famiglia, come a Ronzea nel vallone di Vascoccia.

Mario Obert ricorda bene gli esordi dello sci organizzato a Ayas, con il primo skilift di Champoluc, tra il 1955 e il 1960, nella conca vicino alla strada per Champlan dietro l’ex Hotel Moderno e ancora, all’inizio degli anni Sessanta, la realizzazione della cabinovia per il Crest, con aggancio manuale e a due posti. Fu lo sci a fargli incontrare la milanese Marina Pompameo, turista a Ayas, che sposò nel 1986, lui quarantenne, lei di nove anni più giovane: insegnante elementare, è diventata direttrice didattica in varie scuole della regione, comprese la «Ettore Ramires» e l’«Emile Lexert» di Aosta, oltre che collaboratrice dell’Università della Valle d’Aosta.

Fu nel 1972 che Mario Obert decise di dedicarsi alla professione di guida e, grazie a questa, ha avuto la fortuna di girare il mondo, spaziando dal Monte Rosa al Monte Bianco e al Grand Combin, dal ghiacciaio del Bernina tra Lombardia e Svizzera alla Val Gardena. All’estero si è recato, per accompagnare amici e clienti: in Nepal verso il campo base dell’Everest, in Perù nella cordigliera Blanca e in Africa. Non gli sono mai interessate le prime ascensioni e neppure le solitarie: «Fatte quelle due da giovane, magari per necessità, ti rendi conto che bastano... anche perché occorre dedicare troppo tempo alla ricerca del percorso e alla preparazione».

Uno dei suoi clienti più affezionati, con almeno trent’anni anni di salite insieme, è il milanese Angelo Fornara, «ereditato» dopo la tragedia del fratello Roger e amico ancora oggi: con lui ha visitato le bellissime montagne di una Valle d’Aosta meno famosa, ma altrettanto interessante, tanto da porre un’attenzione particolare ai sentieri poco noti e quasi dimenticati. Poi Mario Obert ne ricorda anche altri, come Alberto Ferri di Novara e l’intera famiglia Scarso di Torino, con Carlo Mitra di Genova, che ha scritto un libro sui viaggi e sulle escursioni effettuate insieme, fece dei trekking in Nepal ai Gokyo Lakes nel 2000, dove «uno dei portatori locali doveva preparare un esame di diritto in inglese e si portava il libro perfino durante le ascensioni», nel 2002 al Mount Kenya sugli itinerari più alpinistici e al Kilimanjaro su di un percorso più semplice e con diversi rifugi, l’ultimo dei quali a 4.600 metri, poi ancora in Perù - la Cordillera Blanca nel 2006, con l’ascesa all’Urus 5.490 metri e all’Ishinca 5.530 metri - accompagnati da alcune guide della scuola di formazione Operazione Mato Grosso. Altro amico-cliente è Paolo Guidi di Genova che, dopo una vita trascorsa sui mari di tutto il mondo, ha cominciato a frequentare con più assiduità le montagne in età avanzata, tanto che Mario Obert lo ha accompagnato sulle vette più alte della Valle d’Aosta, conquistate in arco di tempo che va dai sessantacinque ai settantotto anni.

Anche Mario Obert ha però dovuto fare i conti con il passare del tempo, così per non dovere smettere la sua attività per via dell’età, ha frequentato il corso dell’Unione Valdostana Guide per gli accompagnatori di media montagna, rimanendo nel contempo guida alpina emerita. Il che ha determinato la creazione di un’associazione apposita per gli accompagnatori, di cui fa parte: «Adesso, con il cambiamento climatico si è complicato il lavoro della guida, che si è fatto più pericoloso, trovando spesso, al posto del ghiaccio, tratti di roccia ripidi e a rischio di frana».

Ad integrare il suo lavoro di guida, Mario Obert ha messo la propria passione nella tracciatura e nella gestione del «Trofeo Mezzalama» per quasi dieci anni dal 1997 e, fino alla conclusione dei anni Ottanta, si è reso disponibile per i turni di soccorso all’aeroporto regionale di Saint-Christophe, preferendo poi dedicarsi solamente agli interventi di recupero sugli impianti a fune, salendo sul palo e scendendo con il carrello di servizio sino alla cabina per calare i passeggeri a terra, oltre che al volontariato, facendo i turni dell’ambulanza per circa trent’anni, quando la sede era a Brusson e non ancora a Champoluc.

Nella sua lunga carriera l’unico incidente vissuto da Mario Obert è capitato quando un cliente è caduto in un crepaccio nei pressi del Col de la Division: partiti dal Rifugio Collon, attraversato il Col du Mont Brulé, erano diretti al Rifugio Aosta nell’alta Valpelline. L’uomo, molto pesante, era rimasto incastrato, con i piedi nel vuoto, così Mario Obert ha dovuto scendere al Rifugio Aosta a cercare aiuto: l’elicottero è arrivato prima del buio e la vicenda ha avuto un lieto fine.

Da sempre appassionato lettore, Mario Obert ha voluto avvicinarsi nel tempo alla musica suonata. Così ha frequentato il maestro Paolo Bougeat ad Aosta per imparare a suonare l’organo - tanto che è stato organista della chiesa di Antagnod dopo la morte di Giovanni Alliod e prima che subentrasse il nipote Erik Merlet - e in precedenza aveva studiato l’organetto diatonico a Challand-Saint-Victor sotto la guida di Mauro Savin, diventando pure fisarmonicista del gruppo folkloristico di Ayas negli anni Ottanta.

Una vita dai molteplici aspetti quindi, caratterizzata da un forte amore per la monta-gna e per la sua terra, per i luoghi di origine, Antagnod e le cime della Val d’Ayas. Dalle quali si è allontanato temporaneamente prima per gli studi e poi per i suoi inte-ressi, quelle passioni forti e da approfondire che hanno contraddistinto il suo percorso. Mario Obert seguendole è arrivato in cima alle più iconiche vette mondiali ma sempre con il desiderio di tornare a Ayas e di vivere in armonia con il territorio.

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