Marco Sorbara: «Un errore giudiziario che non deve essere mai dimenticato»

Marco Sorbara: «Un errore giudiziario che non deve essere mai dimenticato»
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Marco Sorbara, l’ex consigliere regionale dell’Uv coinvolto nell’inchiesta Geenna condannato in primo grado ad Aosta a 10 anni di carcere e a 500mila euro di risarcimento e poi assolto prima in Appello e poi in via definitiva in Cassazione, sta cercando di ricostruirsi una vita dopo un’esperienza che definisce devastante. «Non riesco ancora a credere a quello che mi è successo - racconta Marco Sorbara - e soprattutto perché. Non ho fatto nulla, eppure mi sono ritrovato in carcere. Vorrei che si riflettesse sul fatto che questa ingiustizia può capitare a chiunque. E’ stato un incubo a occhi aperti e ancora adesso quando passo davanti al Tribunale di Aosta avverto un disagio fisico fortissimo». Una lunga e ingiusta detenzione per cui chiederà un congruo risarcimento allo Stato? «Adesso non penso a questo, se ne occupa mio fratello Sandro che in veste di avvocato mi ha difeso e mi ha salvato la vita. - risponde Marco Sorbara - Ora sono concentrato a tornare alla normalità, perché benché fossi tornato in libertà ho avuto la spada di Damocle della sentenza di Cassazione fino al 24 gennaio. Penso a rifarmi un’attività professionale, dato che sono un commercialista. Ma non escludo altre opzioni». E la politica? Qualcuno le ha chiesto di tornare? «No, nessuno si è fatto avanti e anche in questo caso non ho ancora deciso nulla. - afferma Marco Sorbara - Però posso dire che mi ha profondamente ferito essere stato sospeso dall’Union Valdôtaine il giorno stesso del mio arresto. All’epoca il presidente era Erik Lavevaz e fino allora avevo condiviso con il Mouvement scelte e percorsi. A me poi non è stato mai comunicato nulla ufficialmente». L’avvocato Sandro Sorbara, difensore del fratello, ha lottato fino all’ultimo per ottenere la piena assoluzione del suo congiunto, nella certezza fin dal primo istante che si trattasse di un clamoroso errore giudiziario. «Ora è giunto il momento di comprendere il perché della evidente disparità di reazioni e della totale paura di denunciare e di guardare con coraggio e verità il nostro sistema istituzionale e di vita quotidiana. - evidenzia Sandro Sorbara - Lo stesso giorno dell'arresto di mio fratello Marco veniva già proclamata la condanna con fotografie accanto a presunti pregiudicati. Conferenze stampa delle forze dell'ordine (carabinieri) con esaltazione delle immagini della Procura, il tutto con continua denigrazione e umiliazione di mio fratello all'epoca consigliere regionale. E così ancora dopo la condanna in primo grado, ringraziando un Tribunale di Aosta che aveva finalmente condannato il cancro della società valdostana di natura calabrese, lasciando ampi spazi alle belle immagini dei giudici e dell'aula dove si erano inflitti 10 anni e 500mila euro di risarcimenti dei danni oltre alle spese legali». Sandro Sorbara aggiunge che «Dopo 4 anni arriva la parola fine di un procedimento devastante, distruttivo, basato sempre e solo sul nulla del nulla. Fin dal primo giorno mio fratello ha urlato a chiare lettere la sua innocenza sentendosi - non dimentichiamoci - negare addirittura le attenuanti, perché non si era dissociato o aveva mentito su qualcosa di inesistente. Pazzesco, sì, ma purtroppo è scritto anche questo nella sentenza del Tribunale di Aosta che non solo condanna sul nulla ma disprezza e denigra la persona. Questo sicuramente non rientra nel ruolo di un giudice. E non solo. Sentenza che non considera prove evidenti documenti ed altro. Il nulla del nulla».

Sandro Sorbara propone quindi una riflessione: «Mi sarei aspettato lo stesso trattamento. Una reazione indirizzata ad analizzare come è possibile che tre giudici, tra cui il Presidente del Tribunale di Aosta, abbiamo commesso un gravissimo, spaventoso errore giudiziario. Far capire che dietro quella lettura del dispositivo in Tribunale non c’era frettolosamente un fascicolo cartaceo ma una persona umana che già aveva tentato di ammazzarsi e, solo con la forza e l'aiuto della famiglia della fede e di tante persone care, si è salvato. Capire le ragioni e attivarsi in tutte le sedi con verifiche puntuali dettagliate affinché non debba più succedere. Ma ci rendiamo conto cosa vogliono dire 909 giorni di custodia cautelare? 45 giorni di isolamento? 8 mesi di carcere? Stiamo parlando di un innocente incensurato. Una vera vergogna, è come uccidere, annientare una persona». Sandro Sorbara a tal proposito ricorda che «Nel nostro sistema giudiziario già solo in presenza di dubbi bisogna assolvere e non condannare. In questo caso, oltre a non esserci dubbi, erano palesi tutti gli elementi per la totale assoluzione. Dinnanzi a tutto questo, il nulla, il silenzio, la paura di divulgare di denunciare, di parlare, di indignarsi. Il sistema non cambierà se non abbiamo il coraggio di denunciare, di divulgare a chiare lettere chi commette dei devastanti errori su vite umane totalmente innocenti. E non è solo questione di responsabilità civile, umana, ma di operare con scrupolo, attenzione e passione soprattutto quando è in gioco una vita che una volta annientata non potrà più essere ripristinata e l'errore o l’ingiustizia resteranno scolpiti nel corpo umano in eterno».

Sandro Sorbara sostiene che «Comportamenti come questi, danneggiano giudici e professionisti che ogni giorno con diligenza sacrificio, e a volta mettendo a rischio anche la propria vita e dei propri familiari, operano ogni istante per rispettare il loro giuramento solenne di adempiere e applicare puntualmente - senza pregiudizi e in assenza di costruzioni di teoremi distruttivi e fantasiosi - i sacri principi della nostra carta costituzionale e del nostro ordinamento giuridico. Bisogna combattere in tutte le sedi istituzionali affinché non compaia più nella nostra vita quotidiana un macigno inaspettato, ingiusto, incontrollabile di una macchina della giustizia che non applicando i dovuti e corretti freni annienta e distrugge con piena indifferenza e superficialità vite umane per sempre».

L’avvocato Sandro Sorbara conclude: «Non posso che rammentare quanto ci ha insegnato e trasmesso Giovanni Falcone, il quale con coraggio sacrificio dedizione ribadiva: “Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola”».

Marco Sorbara

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