Marcello Mellé, era la memoria delle miniere di La Thuile
Non è facile far capire la fatica, la polvere, il buio totale, il pericolo di crolli che caratterizzavano in passato il lavoro nelle miniere di carbone di La Thuile. Spiegare che per estrarre l'antracite molti operai si ammalavano di silicosi, malattia polmonare professionale che può portare a una progressiva insufficienza respiratoria. Marcello Mellé, scomparso a 95 anni domenica scorsa, 20 novembre, era uno degli ultimi testimoni di quel mestiere ormai scomparso dalle montagne valdostane: ventiquattro anni a scavare sotto il Col Croce, «a respirare e mangiare polvere "gratis"» come diceva lui, ricordando che dei suoi colleghi, ma soprattutto amici, era l'ultimo sopravvissuto. Per aiutare la famiglia numerosa comincia nel 1942, a 15 anni, come garzone porta ferri e smette come caposquadra nel 1966, quando la miniera chiude. La famiglia è originaria di Saint-Vincent e lì Marcello Mellé nasce il 31 maggio 1927, primo di 6 figli, da Eliseo e Lidia Lini. Dopo di lui arrivano Ferruccio, Francesca, Giovanni, Virgilio - morto a sette anni di malattia - e infine Alida nel 1951. Ha appena 4 anni quando la famiglia si trasferisce a La Thuile, perché Eliseo, oltre ad occuparsi della campagna di famiglia, lavora nella miniera di carbone. Il suo primo lavoro era il "portaferri", ovvero portava i ferri da mina sulla spalla destra, dai minatori ai fabbri che li riaffilavano, e poi indietro ai minatori. Pesavano anche più di venti chili e non erano facili da portare, perché quelli più lunghi, salendo lungo la galleria, ne andavano a toccare la parete e bisognava trasportarli inclinati.
Dal Villaret, villaggio di La Thuile dove si trovavano i dormitori, le docce e gli spogliatoi dei minatori, le gallerie si addentrano sotto il Mont Colmet a vari livelli, scendono molto più in basso di La Thuile e sbucano sull'altro versante della montagna, nel vallone di Arpy. I vagoncini con il prezioso minerale erano convogliati ad una linea ferroviaria in galleria, la cosiddetta "discenderia" e poi attraversano il piano di Arpy a cielo aperto fino alla teleferica per il trasporto a valle, a Morgex. Di qui il carbone lavorato era trasportato via ferrovia alle fonderie di Aosta.
Sin da quando finisce le elementari Marcello Mellé dà una mano in famiglia nel lavoro dei campi e nel governo delle mucche e diventa un ottimo e veloce falciatore, tanto che viene chiamato a falciare i prati di altri contadini e spesso portano a lui le falci da martellare e affilare. A vent'anni assolve gli obblighi militari come Alpino del Battaglione Aosta, come attesta la nappina rossa del cappello che ha amato indossare alle feste dell'Associazione Nazionale Alpini. In quegli anni da militare affina la tecnica dello sci nordico appresa da autodidatta e poi con un maestro come Alberto Jammaron, nello Sci Club La Thuile Ruitor.
Lo sci è un piacevole diversivo dal duro lavoro della miniera, dove da garzone è diventato minatore. Marcello Mellé aveva gelosamente custodito la sua vecchia lampada a carburo, detta anche ad acetilene. La luce prodotta dall'acetilene è vivida e chiara e la lampada è maneggevole: un contenitore di carburo bastava per fare luce per tutto un turno di lavoro.
Marcello Mellé aveva partecipato pure alla «coltivazione» delle gallerie sul versante opposto del Mont Colmet. Nel 1952 sposa Rosilda Collomb (scomparsa nel 2005) e dal 1953 al 1964 nascono 4 figli: Virgilio, così chiamato in ricordo del fratello di Marcello morto in tenera età, Daniela, Ivana e Ruggero.
Dopo il matrimonio diventa caposquadra e coordina il lavoro di altri operai, tutti amici, con i quali condivide i turni nelle gallerie, dove ci si ferma solo per consumare un pasto a metà dell'orario di lavoro. All'uscita i minatori possono lavarsi direttamente negli spogliatoi del Villaret, ma spesso Marcello Mellé preferisce andare direttamente a casa, dove ci sono sempre grandi marmitte d'acqua a scaldare sulla stufa.
Nel tempo libero continua a praticare lo sci di fondo in inverno e le corse in estate, con il gruppo sportivo della Cogne. Per alcuni anni con la squadra di La Thuile vince la cosiddetta "Coppa d'Acciaio", la gara di sci di fondo e di discesa che si disputava tra i reparti della Nazionale Cogne.
Nel 1966 la miniera di La Thuile chiude definitivamente e Marcello Mellé continua ancora per alcuni anni a prestare la sua opera per smantellare l'apparato di estrazione e trasporto dell'antracite. Dopo il pensionamento si mantiene attivo con i lavori in campagna e infine scopre la scultura del legno - un po' da autodidatta, un po' con un corso di intaglio - e nascono galli, aquile, stambecchi e camosci, alcuni anche di grandi dimensioni, coppe dell'amicizia e grolle, lavorate senza usare il tornio. Si affezionava alle sue sculture e allora non partecipava alla Fiera di Sant'Orso perché gli spiaceva venderle così ne regalava a parenti e amici e ne conservava nella casa di famiglia, a Thovex, una struttura antica che con grande fierezza è riuscito a ristrutturare, l'unica ancora con il «ponton», la rampa per il trasporto del fieno nel fienile.
I funerali di Marcello Mellé si sono svolti nella mattinata di martedì scorso, 22 novembre, nella chiesa parrocchiale di La Thuile.