«Manca personale? Stipendi bassi, altro che reddito di cittadinanza»

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Si avvicina l’inizio della stagione turistica e gli operatori della ricettività sono alle prese con l’emergenza personale. I lavoratori non si trovano, mettendo in difficoltà le strutture. Ma è un problema che da qualche tempo il settore del turismo condivide con quello dell’edilizia. Quale è la valutazione dei sindacati? «I lavori stagionali sono precari, con stipendi troppo bassi. Questa situazione è piuttosto diffusa in tutte le regioni più turistiche» esordisce Vilma Gaillard segretaria regionale della Cgil in Valle d’Aosta. «L’importo medio dimostra la mistificazione della presunta convenienza del reddito di cittadinanza» prosegue. «Il vero problema è che nel turismo vengono offerti posti di lavoro di scarsissima qualità, con salari spesso bassi». Più che il reddito di cittadinanza, a cui molti danno la colpa, sono altri settori più competitivi a fare concorrenza al turismo. «A causa della riduzione dei mesi di contratto e degli orari legata alle incertezze delle riaperture, già dallo scorso anno molti lavoratori hanno risposto alle offerte più vantaggiose di settori come la logistica, in forte espansione. In una situazione di generale incertezza, contratti più lunghi e stipendi più alti hanno convinto molti a cambiare lavoro. Questo è un fenomeno che interessa anche molti altre regioni e Paesi nel mondo:si pensi agli Stati Uniti per esempio».

«Questa situazione è il risultato di cause diverse e complesse, - conclude Vilma Gaillard - alcune strutturali e altre legate alla pandemia. C’entrano i problemi storici del mercato del lavoro, qui come per tutto il territorio nazionale - in primo luogo la precarietà e il nero - della concorrenza di altri settori, che offrono posti di lavoro più stabili e stipendi più alti, e anche alcune condizioni dovute alle trasformazioni nelle abitudini nell’ultimo anno e mezzo, l’improvvisa ripresa seguita alle chiusure per limitare i contagi, oltre che i particolari effetti connessi alle misure di sostegno economico decise dal governo nell’ultimo anno e mezzo».

«Il problema del reclutamento del personale in alcuni settori produttivi esiste da diversi anni e la pandemia probabilmente l'ha ulteriormente accentuato, con il risultato che spesso siamo obbligati a cercare mano d'opera fuori Valle e non si riesce a coinvolgere i giovani valdostani in queste realtà. - afferma dal canto suo Claudio Albertinelli, segretario generale del Savt - I settori maggiormente coinvolti da questa problematica sono sicuramente l'industria, l'agricoltura e il mondo del turismo. Nel mondo industriale la difficoltà maggiore è legata al fatto che spesso vengono ricercate professionalità che in Valle d'Aosta non si trovano. Su questo si sta già cercando di lavorare per fare in modo che il mondo del lavoro e quello dell'istruzione/formazione dialoghino di più e si possano dare le risposte richieste. Diversa la questione dell'agricoltura e del turismo. E' un dato di fatto che i giovani valdostani non siano attratti da queste realtà. I motivi sono diversi. Uno è sicuramente quello della stagionalità e della non stabilità dei rapporti di lavoro. Bisogna fare in modo di rendere questi mondi maggiormente attrattivi. Una strada da provare a percorrere è quella di sottoscrivere dei contratti integrativi regionali che vadano a prevedere delle migliori condizioni di lavoro e che in qualche modo superino la questione della stagionalità. In altre realtà è stato fatto e i frutti si sono visti. L'unica cosa certa è che bisogna fare in modo di coinvolgere maggiormente i nostri giovani in questi settori, - conclude Albertinelli - altrimenti continueremo ad avere mano d'opera che arriva da fuori Valle».

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