Mafia, sequestrata una discoteca a Valtournenche
È stato posto sotto sequestro preventivo l'immobile di Valtournenche da destinare a discoteca e finito nelle carte dell'inchiesta Alibante, che ruota attorno alla presunta cosca di 'ndrangheta Bagalà. Il provvedimento è stato eseguito dai carabinieri. In base alle indagini della Dda di Catanzaro il fabbricato era stato acquistato dalla Calabria Turismo, società al centro dell'indagine, con «Un consistente apporto finanziario da parte del genero di Carmelo Bagalà, il coindagato Andrea Giunti (marito di Maria Rita Bagalà), avvocato in Aosta, e di alcuni suoi soci in affari», per «Loro conto senza che essi figurassero come acquirenti».
L'acquisto del fabbricato di 222 metri quadrati era avvenuto nel novembre 2011, nell'ambito di una procedura di esecuzione immobiliare del tribunale di Aosta, al prezzo di 85 mila euro.
Nei giorni scorsi la Procura antimafia calabrese aveva chiuso l'inchiesta Alibante: tra i 31 indagati ci sono anche l'avvocata di Aosta Maria Rita Bagalà - sottoposta a custodia cautelare in carcere - e Andrea Gino Giunti, suo marito e collega, che è in stato di libertà. Secondo gli inquirenti la donna «Figlia di Carmelo Bagalà e mente legale della cosca, garantiva sotto la regia del padre, l'amministrazione di diversi affari illeciti della compagine e curava gli interessi economici e finanziari del sodalizio». Suo marito «Partecipava al sodalizio, prestando assistenza tecnico-professionale agli associati».
I giudici della Corte di Cassazione, nella sentenza con cui lo scorso gennaio ha rigettato il ricorso di Maria Rita Bagalà, avvocata aostana, contro la pronuncia del Riesame di Catanzaro, nell'ambito dell'inchiesta Alibante sulla 'ndrangheta scrivono che «L'ampiezza e la obiettiva rilevanza delle condotte di coinvolgimento dell'indagata nelle varie vicende imprenditoriali legate al padre» Carmelo, presunto boss, «E agli interessi della cosca, come descritti nelle convergenti» accuse «Dei plurimi collaboratori di giustizia oltre che desumibili dall'inequivoco tenore delle conversazioni intercettate, giustifìcano» la qualificazione delle condotte «In termini di effettiva partecipazione ad associazione mafiosa».Il Tribunale calabrese, il 19 ottobre 2021, aveva accolto la richiesta della Dda, che ne chiedeva la custodia cautelare, scattata con la pronuncia della Suprema corte.
Per il Gip, che nella primavera 2021 aveva disposto gli arresti domiciliari, l'avvocata agiva come «Concorrente esterno in associazione mafiosa». Secondo il Riesame invece c'era «Una piena compenetrazione dell'indagata nella struttura associativa»: per questo ha ritenuto necessario il «Regime carcerario, non superabile a fronte dell'assenza di elementi indicativi di un allontanamento dal contesto associativo».
Nel ricorso, Maria Rita Bagalà lamentava anche la «Omessa considerazione del fatto che da oltre dieci anni la stessa risiede in Valle d'Aosta, facendo solo sporadici rientri in Calabria».