Maestri di sci e guide alpine: un disastro se “salterà” anche l’apertura del 7 gennaio
Guide alpine e maestri di sci guardano ormai all’apertura degli impianti di risalita il 7 gennaio prossimo per poter partire finalmente con le loro attività.
E’ deluso Beppe Cuc, presidente dei maestri di sci valdostani e italiani, perché a livello governativo non c’è stata la volontà di approfondire la vera situazione del comparto della montagna: «Non si sta parlando di una sciata in più o in meno, ma di un mondo che trae sostentamento dal turismo invernale. - dichiara Beppe Cuc - Noi siamo i primi a essere consapevoli della pandemia, solidali con chi lavora negli ospedali o ha subito dei lutti. Siamo altresì consci che in Valle d’Aosta vi sono oltre 1.000 professionisti che non possono lavorare se non partono gli impianti di risalita. Lo sci è uno sport individuale che si pratica in spazi esterni per loro natura ampi. Gli impiantisti hanno lavorato per migliorare la situazione, accettando anche di far funzionare le funivie con una capienza ridotta. Tutto questo non è bastato».
Coerentemente con l’ultimo decreto, i maestri di sci sono pronti a partire il 7 gennaio, adotteranno tutte le precauzioni messe in campo a tutela della sicurezza, incluse le mascherine certificate. «D’altra parte - prosegue Beppe Cuc - come presidente della categoria, sto lavorando affinché il Governo ci tenga in considerazione per i ristori previsti a livello nazionale. A tal fine abbiamo presentato in Regione una fotografia del comparto che, oltre ai maestri, include 80/100 persone che lavorano nelle segreterie delle scuole di sci, per le quali sono state investite risorse per metterle a norma. In Valle d’Aosta si stima una perdita di fatturato di 5-6 milioni di euro a ottobre, novembre e dicembre 2020, rispetto allo stesso periodo del 2019, anche considerando la partenza anticipata di Breuil Cervinia. Non si può dimenticare che, con la chiusura della scorsa stagione al 9 marzo, le stazioni sciistiche hanno perso 1 o 2 mesi di lavoro. E, poiché a gennaio si partirà in tono minore, il danno per il settore è incredibile. Cerchiamo in ogni caso di guardare avanti e, fermo restando che il Dpcm blocca solo gli impianti a fune, ci sembrano compatibili con le norme sanitarie lo sci alpinismo e lo sci di fondo, con le relative attività dei maestri». Ancora ieri, venerdì 4 dicembre, in una nota congiunta il presidente del Collegio Nazionale Maestri di Sci Beppe Cuc e quello dell’Associazione Maestri di Sci Italiani Maurizio Bonelli hanno rivolto un nuovo appello al governo per chiedere di riconsiderare la chiusura dello sci nel periodo delle festività natalizie.
Anche il lavoro di guida alpina d’inverno è legato agli impianti: solo in primavera si “vira” sullo scialpinismo.
«Rispetto all’ultimo Dpcm, la chiusura degli impianti porta a un danno gravissimo alle guide alpine», dichiara Pietro Giglio, presidente delle Guide Alpine valdostane e italiane. «Contrariamente a quello che si pensa nell’immaginario collettivo, dove si associa la fruizione degli impianti a fune solo ai maestri di sci, in realtà anche le guide alpine lavorano grazie agli impianti. Il 60 per cento della loro attività è infatti con gli sci, solo il 40 per cento è di attività estiva, nella quale c’è peraltro l’utilizzo parziale degli impianti. Si tratta di tutte quelle esperienze che rientrano nello sci avventura: dal freeride ai fuori pista, dallo sci alpinismo agli itinerari sciistici riservati alle guide sui ghiacciai». Dipende da come evolverà la situazione: se il 7 gennaio, come sembra, apriranno gli impianti, si sarebbe comunque già persa una bella fetta di introiti ma si potrebbe recuperare almeno in parte la stagione, sempre che non siano infausti gli scenari successivi. Se invece gli impianti non dovessero aprire il 7, la stagione sarebbe completamente compromessa avendo dovuto rinunciare ad almeno il 50 per cento del proprio reddito. Senza considerare che tutta la fetta di clientela straniera è persa in ogni caso. Potrebbero certamente accedere ai ristori, che però non sono di sicuro la soluzione.
«Come categoria abbiamo chiesto al Presidente della Giunta che, nell’ordinanza che adatterà il Dpcm alla realtà regionale, venga mantenuta la possibilità, già accordata nella precedente ordinanza interpretativa, per le guide di allenarsi per esercitare le varie attività e per poter prestare servizio nel soccorso alpino, o per accompagnare gli esperti nei rilievi di pubblica utilità. Le guide alpine infatti non si possono fermare: devono avere la conoscenza progressiva dell’evoluzione stagionale dell’innevamento, che è la base per la sicurezza. Se si fermassero, mancherebbe un tassello alla “storia”, che deve essere conosciuta giorno per giorno. Devono pertanto potersi muovere da un comune all’altro e anche poter salire oltre al limite dei 2.200 metri fissato per la cittadinanza. Con l’auspicio che la stagione invernale a gennaio inizi, non possono perdere la conoscenza del territorio». Sempre nel rispetto delle norme per la salute pubblica. Del resto, nello scorso confinamento era stata la prima categoria a dotarsi di linee guida per la sicurezza.