Maestra innovativa e scrittrice Champoluc piange Anna Brunod
«Sei stata la maestra dell’asilo di intere generazioni e hai accompagnato molti di noi nel nostro cammino. Per te eravamo tutti speciali, tutti uguali ma diversi, e sapevi come prenderci uno per uno. La tua passione per Ayas ti ha portata a tramandarne le storie e le leggende attraverso i libri che hai scritto, lasciandoci un altro ricordo di te. Nonostante la vita ti abbia riservato brutte sorprese, sei sempre stata una donna forte e sorridente. Mi piace ricordarti così, con il tuo immancabile rossetto e il profumo, nella tua casa a Champoluc. Mersi méhtra Anna». Così si è espressa l’ex alunna Luana Perono, dopo aver appreso della scomparsa della maestra Anna Brunod, 84 anni, martedì 6 nella microcomunità di Vollon, a Brusson, dove risiedeva da circa 3 anni per gravi problemi di salute. Il funerale si è celebrato giovedì scorso, 8 luglio, nella chiesa di Champoluc, il paese dove ha insegnato per 25 anni.
Anna Brunod ha lasciato ricordi indelebili nelle 5 generazioni di ex alunni e, amando i libri e la sua valle, ha raccontato leggende e storie di Ayas nel volume “Così vicino... così lontano” delle edizioni Duc e ha scritto, insieme a Fernanda Core, “La gallinella rossa di Magnéaz”. Lascia il figlio Claudio Cugnod, che lavora a Savona, ma ha casa ad Antagnod, e il nipote Roberto, che è musicista e che sta studiando a Milano per diventare fisioterapista, chiamato come il figlio minore della maestra Anna, perso quando aveva appena 18 anni per un incidente durante una gara con i carretti a Pracharbon. Entrambi avuti da Ennio Cugnod, dal quale si è separata quando Roberto era piccolo. Anche il titolo del libro fa riferimento al figlio perduto. Anna aveva raccolto i racconti ascoltati durante le “sederià”, veglie organizzate per scaldarle il cuore e aiutarla a superare il momento tragico.
Era nata a Milano il 20 febbraio 1937. Il papà Annibale era del Crest, la mamma Carolina Anselmi della città lombarda. Poiché avevano un’attività, una volta sposati, si erano trasferiti a Milano. Per le difficoltà durante la guerra, con poco più dei vestiti che indossava, si è ritrovata nella casa della nonna Lydie Bréan al Crest, dove ha scoperto una vita completamente diversa, che seguiva i ritmi della natura, le mucche, i prati e le montagne. Era come far parte di una grande famiglia. Come una sorta di Heidi, imparò ad amare tutto ciò che la circondava. Con gli anni e con il duro lavoro del papà Annibale, la famiglia si riprese economicamente. Anna studiò fino all’università e poi, dopo il matrimonio e con 2 bimbi, grazie all’aiuto del padre aprì il bar Rosa Alpina a Champoluc. Con sacrifici e operosità la famiglia andò avanti. Il suo amore per i bambini la portò, alla fine degli anni Sessanta, a dare vita a un asilo in casa sua che condusse per circa un decennio, fino all’apertura della nuova scuola.
«E’ stata una maestra che ha portato innovazione, prestando attenzione all’alimentazione e alla divisione in zone riservate a gioco, didattica, lettura, pittura e travestimenti. - racconta l’amica Cristina Brizi - Aveva idee nuove, per esempio abbinare musica e danza, era fantasiosa e creativa. La scomparsa del figlio più piccolo l’ha sconvolta e consumata nel profondo del cuore ma ad aiutarla per andare avanti è stato l’amore per i suoi bimbi che, anche da adolescenti e adulti, spesso passavano da lei per un consiglio».
Ha dei ricordi bellissimi Annalisa Origone, ex alunna e amica: «Era una persona solare, amava ridere. Io ero un po’ come una nipote per lei. Dopo che aveva perso il figlio non voleva più festeggiare il Natale, ma con me ha ripreso a farlo. La chiamavo tutti i giorni, era saggia, sapeva dare sempre il consiglio giusto. Sono contenta che abbia saputo che sono diventata mamma. Ero una delle sue bambine preferite, talmente scalmanata che mi augurava ogni tanto un mal di pancia perché stessi a casa almeno un giorno. Inventava canzoni e giochi, aveva sempre un bel sorriso. Era fatta per insegnare, era la maestra che tutti dovrebbero avere. Grazie ai miei racconti, l’ho aiutata a vivere in questi ultimi anni perché non era più a casa sua. Quando eravamo tristi, ci dicevamo che dovevamo prendere le gocce del coraggio».
Fa parte delle prime generazioni di alunni anche Lucia Viot, che ricorda: «Lei non era solo una maestra. Ci voleva bene veramente e lo si percepiva. Il ricordo prezioso da grande è che mi telefonava il giorno di Santa Lucia e mi faceva sentire speciale con le sue parole. Un anno la telefonata è arrivata proprio in un momento difficile, così che lei, inconsapevolmente, mi è stata d’aiuto e di sostegno. Un vero raggio di sole».
«Ha donato affetto e attenzione a tutti noi, regalandoci esperienze indimenticabili. - conclude l’ex alunna Liliana Burgay - La vita le ha tolto il bene più grande, ma mi rincuora pensarla con il suo Roberto, finalmente di nuovo insieme».