Luciano Caveri: «Mio padre lo aiutò nella campagna elettorale delle Regionali del 1978»

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«Sono stato a tratti amico e avversario e lui è stato per me la stessa cosa. Ho visto in questo attuale percorso la sua vivida intelligenza appannarsi e perdersi in un candore che non era il suo». Parole di Luciano Caveri, che di Rollandin traccia un sentito ricordo svelando interessanti retroscena.

«È stato per me, sin da quando ero ragazzino, una figura familiare di amico dei miei genitori. E mio papà, veterinario di montagna della vallata di Augusto, lo aveva preso in simpatia sin da bambino. Augusto aveva scelto - a me così diceva - di fare veterinaria, perché aveva ammirato il lavoro di Sandrino». «Non so se fosse vero, ma sicuramente mio papà conosceva i suoi genitori e raccontava del forte carattere della mamma Adelina (che io stesso ho conosciuto nella buona e nella cattiva sorte del figlio) e delle fatiche del lavoro del papà, scomparso anzitempo. Così mio padre lo aiutò nella campagna elettorale delle Regionali del 1978 e fu lui a discutere con l’allora Presidente, Mario Andrione, affinché Guste - bandiera della Bassa Valle - diventasse assessore alla Sanità».

Luciano Caveri lo ricorda come «un lavoratore indefesso che sapeva come muoversi con abilità, trattando spesso meglio i nemici degli amici per ingraziarseli. Fra noi “fedeli” lo chiamavamo per scherzo Bokassa dal nome del dittatore africano cannibale che mangiava anche i… suoi amici».

«La sua ossessione per conquistare voti e svettare da solo in politica lo ha visto vincitore in grandi passaggi, ma lo ha anche danneggiato e in fine carriera è stato destinato ad una sorta di solitudine da contrappasso. Così come si deve a lui e al suo carattere la grave diaspora unionista di tanti di noi per questa sua capacità divisiva contrapposta al carisma naturale.

Il mio, anche quando colpii me e miei familiari, non è mai stato odio nei suoi confronti, semmai delusione per questo uomo cui avevo voluto bene e che ammiravo, di cui nel tempo avevo capito aspetti e comportamenti che mi erano in molte occasioni estranei per convinzione e per formazione. Questo allontanamento non ha mai scalfito un senso di rispetto, che si è trasformato in dispiacere per i suoi momenti difficili di questi ultimi mesi, impressionanti pensando alla personalità che è stata nei suoi vari ruoli.

(...) Ora si ferma, dopo una lunga corsa, con molte belle pagine ed altre meno, che di diritto lo pongono, però, come personaggio storico da approfondire. Augusto merita ora il giusto riposo del guerriero e l’onore delle armi».

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