Lo Lasé, il latte
Perché parliamo di Lasé in francoprovenzale? Perché in questo racconto a puntate sulle materie prime valdostane abbiamo scelto come una delle fonti l’elenco dei 36 PAT regionali, i Prodotti Agricoli Tradizionali. Ogni PAT ha una scheda approvata con deliberazione della Regione che descrive il prodotto (o piatto in alcuni casi), citando cenni storici, caratteristiche e fornendo le indicazioni che permettono di identificare il prodotto, meritevole di riconoscimento.
Lo Lasé è definito come latte alimentare proveniente da allevamenti di bovine autoctone situati nel territorio della Valle d’Aosta. L’allevamento bovino ha origini antichissime e consolidate, la documentazione storica, con particolare riferimento ai registri dei beni delle Castellanie e risalenti al XIII secolo, non riporta la vendita o l’acquisto di questa materia prima bensì del prodotto trasformato: ovvero il formaggio.
In effetti oggi più di allora quando pensiamo al latte valdostano vengono subito in mente i sui derivati: la Fontina, le tome, i freschi, il reblèc, lo yogurt. Fin dagli albori della pastorizia alpina l’oro bianco è stato destinato, per esigenze di conservazione, alla trasformazione attraverso l’attività casearia; la necessità di dare lunga vita al latte tramite l’acidificazione o l’uso del caglio ha ben presto trovato una seconda e remunerativa funzione nel baratto prima e nel commercio poi.
Comunque, nelle ricette della tradizione troviamo il latte come accompagnamento alla polenta e al riso (seuppa i lasé), oppure con la farina (péiloù blantse) ed ovviamente nella fonduta alla valdostana dove viene ancora usato per ammorbidire la Fontina DOP qualche ora prima della preparazione.
Oggi il latte consumato come materia prima, dalla colazione alla merenda, è in prevalenza un latte di provenienza italiana o straniera, industriale, pastorizzato o termotrattato. Negli ultimi anni però una nuova sensibilità sta facendo riscoprire ai consumatori i benefici nutrizionali per la salute derivanti dal latte prodotto dalle mucche allevate al pascolo o comunque in montagna, tra le quali si evidenzia l’elevata quantità di acidi grassi, vitamine e minerali.
Pertanto il team dell’Institut Agricole Régional negli ultimi 5 anni ha costruito e gestito insieme ai partners d’oltralpe il progetto “Typicalp” per la valorizzazione del latte crudo e della filiera lattiero casearia. Con questa iniziativa è stato realizzato il primo prototipo di laboratorio mobile per l’innovazione lattiero-casearia presente sul territorio valdostano, Quindi una ricerca con un taglio concreto finalizzato a dare soluzioni tecnologiche che abbiano degli sviluppi produttivi e commerciali per le aziende del settore.
Ma non solo! Il progetto ha permesso di analizzare e di caratterizzare il latte alimentare A2 proveniente dalla razza bovina autoctona valdostana, decretando una ricchezza di elementi nutritivi e un’elevata digeribilità decisamente superiori rispetto a tanti altri latti provenienti dall’arco alpino.
Nella fattispecie Fabrizio Bisson de La Borettaz di Gressan spiega come il latte sia stato uno dei prodotti che hanno dato riconoscibilità alla sua azienda, soprattutto da quando nel 2006 è stato installato l’impianto automatico che permette di erogare 24 ore su 24 latte crudo raffreddato direttamente dalla mungitura, soluzione molto apprezzata dai clienti che ricercano la ricchezza degli aromi di un tempo perché distribuito all’origine.
Inoltre, Manuela Viérin dell’Azienda agricola Quinson di Morgex racconta che la scelta di famiglia è stata quella di proporre un latte fresco pastorizzato in bottiglia. Un prodotto che è sottoposto ad analisi rigide e continue, che ha una scadenza a 6 giorni, ma che garantisce un elevato standard di qualità e per questo risulta molto apprezzato dai consumatori.
Quindi per fare del bene a noi ed ai nostri allevatori: beviamo latte valdostano! Noutro Lasé.