Le ruote di Isidoro tra cosmologia e alchimia nell’ultimo affascinante libro di Raul Dal Tio

Le ruote di Isidoro tra cosmologia e alchimia nell’ultimo affascinante libro di Raul Dal Tio
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Raul Dal Tio, medico aostano prestato all’iconologia (ambito in cui brilla ormai fra le autorità di riferimento), ha di recente aggiunto un prezioso cammeo alla sua nutrita quanto raffinata bibliografia: Le rotae del De natura rerum di Isidoro di Siviglia. La visione medioevale del mondo per schemi e diagrammi, Roberto Chiaramonte Editore (Collegno 2020, 15 euro), poco più di 60 pagine fitte di illustrazioni, citazioni, descrizioni e fini interpretazioni, un affascinante itinerario che, snodandosi da Platone a Cristina di Svezia, attraversa antichi manoscritti, abbazie, scriptoria e laboratori alchemici.

Punto e spunto di partenza è un - così definito da uno studioso piemontese -“labirinto misterioso” dell’Abbazia di Staffarda che nel volgere di pochi paragrafi perde il suo connotato dedalico ed enigmatico per farsi ruota cosmologica, la cui matrice prima Dal Tio individua nel De natura rerum di Isidoro, vescovo nella Spagna dei Visigoti, nonché colossale ponte intellettuale tra la cultura tardo antica e quella romano-barbarica filtrata dal cristianesimo. Commissionato dal re goto Sisebuto, il trattato, noto come Liber rotarum in virtù dei diagrammi circolari che lo corredano, compendia tutto il sapere cosmologico dell’ epoca (VI-VII secolo) e intende fornire al committente le coordinate essenziali della cosmografia “sublunare”, ossia illustrare i meccanismi che, nel mutevole mondo inglobato nell’immutabile sfera delle “stelle fisse”, regolano il computo dei giorni, il susseguirsi delle stagioni, la combinazione degli elementi, le orbite di Sole e Luna, le influenze astrali, i fenomeni meteorologici e l’alternarsi delle maree. La circolarità delle immagini isidoriane, spiega l’autore, rimanda al “ciclo stagionale” determinato dalla “trasmutazione dei quattro elementi della materia con le rispettive qualità primarie: la terra - fredda e secca, l’acqua - fredda e umida, l’aria - calda e umida, il fuoco - caldo e secco”. Su questa base allegorica fioriscono variopinti e multiformi schematismi la cui valenza simbolica, pagina dopo pagina, non cessa di stupire. Cerchi, archi, quadrati, cubi e figure allegoriche disegnano infatti complessi rapporti astronomico-filosofici - tra elementi e umori, micro e macrocosmo, creato e Creatore, fisica e metafisica - che l’occhio profano mai potrebbe cogliere.

Svelato l’arcano del linguaggio iconografico isidoriano, la cui evoluzione Dal Tio segue studiando le copie originali dei codici medievali, il saggio procede svelto lungo le pareti e sotto alle volte di chiese e cappelle dove, intorno all’XI secolo, le ruote di Isidoro trasmigrano in forma pittorica, plastica e musiva. Cambia il supporto, non il complesso di significati cosmologici, criptato nei diagrammi murali o reso esplicito nelle “grandi rotae musive dell’anno, delle stagioni e dei mesi nelle fattezze dei lavori della terra”. Raffigurazioni analoghe transitano poi nei trattati alchemici, ma qui l’accesso ai loro contenuti simbolici è riservato alla ristretta cerchia di iniziati alla cosiddetta “Arte Reale”, arte trasmutatoria dello spirito più che dei metalli. L’impianto grafico originario rimane sostanzialmente inalterato anche in quest’ambito esoterico, le cui radici dottrinarie affondano nell’identico terreno filosofico (Platone e neoplatonici) coltivato dal vescovo di Siviglia. Diverse incisioni mantengono quindi la forma circolare, “contenitore di micro e macrocosmo”, e quella tetragona, emblema dei quattro elementi primevi e delle relative qualità abbinate “agli elementi alchemici con i loro significati”.

Noti alchimisti del ’500 e del ’600 accompagnano il lettore fino al punto finale, traguardo a cui si giunge con un bagaglio talmente ricco di suggestioni che verrebbe voglia di ripartire per nuovi viaggi di scoperta. Verso mete magari lontane nello spazio e nel tempo, come la danza derviscia, che, braccia al cielo e corpi ossessivamente roteanti, richiama “le braccia tese e la danza in circolo” della rota mundus annus homo descritta a pagina 24; oppure vicine alla nostra più intima essenza, come i sogni archetipici analizzati da Jung in Psicologia e alchimia, al centro dei quali gira spesso la rota philosophica degli alchimisti, la stessa che ruotando nel Liber rotarum dinamizza e armonizza l’universo sublunare.

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