Le fortificazioni romane in Valle d’Aosta al centro di un progetto di valorizzazione

Le fortificazioni romane in Valle d’Aosta al centro di un progetto di valorizzazione
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E’ da luoghi in quota difficilmente accessibili, veri nidi d’aquila, che la storia della Valle d’Aosta apre una nuova pagina e soprattutto ne chiude una che ha affascinato l’immaginario di molti studiosi e appassionati. Dopo almeno 4 anni di studi approfonditi e di analisi sui materiali ritrovati in diversi siti è scientificamente provato che i famosi “villaggi Salassi” non esistono, bensì si tratta di una rete articolata e diffusa di fortificazioni dell’esercito romano che risalgono agli anni precedenti alla fondazione di Aosta, Augusta Pretoria Salassorum, avvenuta nel 25 avanti Cristo.

Fondata Eporedia, l’attuale Ivrea, nell’anno 100, è quindi accertato che i romani si spinsero verso la Valle d’Aosta, occupando per prima cosa le zone più elevate, in modo da controllare le vie di comunicazione e la popolazione locale, i mitici Salassi di cui ancora oggi si cercano gli insediamenti. Proprio la prospettiva di trovare qualcosa di concreto rispetto alle leggende sul popolo salasso indirizzò negli anni Ottanta del XX secolo il ritrovamento del vasto insediamento alle pendici del Mont Tantané, il primo individuato, come “villaggio salasso”. Le successive numerose segnalazioni, a cominciare dalle strutture di Pierrey a Saint-Barthelemy di Nus, in contatto visivo diretto con il Tantané, avvalorarono l’ipotesi di luoghi abitati in quota da parte dei Salassi, ipotesi che solo ora possono essere smentite dopo le ricerche ed i saggi archeologici effettuati dagli esperti della Soprindentenza per i Beni culturali, coordinati da Alessandra Armirotti e Gabriele Sartorio.

«I forti romani - spiega Alessandra Armirotti - sono situati dai 2.300 ai 3.100 metri di quota e sono stati tutti realizzati nell’arco di un cinquantennio, dal 70 al 20 avanti Cristo. Alcuni potevano ospitare anche più 100 soldati e sono stati realizzati secondo logiche diverse, ma tutte finalizzate al controllo militare del territorio. Al momento ne abbiamo individuati una ventina e altri potrebbero essere ancora scoperti. Quelli studiati però hanno fornito elementi di straordinario interesse, anche se rimangono ancora tante le domande, a cui vorremmo dare delle risposte.»

Oltre al Mont Tantané e a Pierrey, i 2 siti più conosciuti dagli appassionati, un particolare quanto affascinante sistema è venuto alla luce sull’asse che collega Runaz di Avise al colle del Gran San Bernardo, passando per il vallone di Vertosan. Proprio nel Comune di Avise sono stati individuati 5 forti in una linea che unisce le Tour Ronde e Tour Tignet al colle di Citrin e a Punta Fetita, che un tempo quindi doveva essere un’importante via di comunicazione per collegare i 2 principali passi della Valle d’Aosta, Piccolo e Gran San Bernardo, rispettivamente Alpis Graia e Alpis Pennina, passando appunto sulle alture di Avise. A conferma di questa situazione è stato individuato a 1.400 metri di quota sopra a Pré-Saint-Didier un altro sito forticato, denominato Bois de Montagnolaz, a monte della strada romana del Piccolo San Bernardo, l’attuale statale 26.

Un quadro appassionante, fatto di collegamenti e verifiche incrociate, che ha condotto gli studiosi valdostani anche nel vicino Vallese, dove sia a Liddes che a Bourg-Saint-Pierre sono stati trovati insediamenti analoghi, a cominciare dal poderoso Mur d’Hannibal, proprio sopra a Liddes. «Un aspetto molto interessante - evidenzia Alessandria Armirotti - è che siamo riusciti a dimostrare come i romani si avvalessero in Valle d’Aosta durante il periodo di utilizzo di questi forti di milizie ausiliarie composte da Veragri, la popolazione celtica del Vallese, un periodo che si colloca tra la fine della Repubblica e l’inizio dell’età augustea.»

Un ritrovamento straordinario è stato quello dei fromboli, cioè i proiettili dell’arma da lancio usata dall’esercito romano. L’eccezionalità della scoperta sta nel fatto che i fromboli siano “firmati”, cioè portino l’iscrizione del nome di Marco Claudio Marcello, il nipote prediletto di Augusto, morto giovane nel 23 avanti Cristo e comandante delle operazioni militari nella nostra regione.

Quella dei fromboli “firmati” è stata un’altra importante conferma sulle strategie romane per la Valle d’Aosta e il Vallese, che aggiunta ad altre ha convinto le 2 Amministrazioni - regionale e cantonale - a presentare un progetto congiunto di tutela e valorizzazione della rete di fortificazioni presente sui 2 versanti. E’ così nato MAIA, Meraviglie Archeologiche Invisibili delle Alpi, finanziato nell’ambito del Programma Interreg Italia Svizzera 2021-2027 e che ha come capofila nostra la Soprintendenza per i beni e le attività culturali. «Il progetto - sottolinea la responsabile regionale Ambra Idone - ha ricevuto un’ottima valutazione, la terza su 25 iniziative, ed è stato finanziato con fondi europei e statali per 1 milione e 820mila euro, dei quali 1 milioni e 226mila da investire sul territorio valdostano. Con questi fondi nell’arco di 3 anni verranno effettuate diverse iniziative, in collaborazione con l’Office Régional du Tourisme e la Fondazione Maria Ida Viglino per la cultura musicale oltre che con 9 nostri Comuni.»

Innanzitutto si andrà ad indagare sui siti in quota per ora non studiati, prevedendo anche l’analisi e il restauro dei reperti, verranno inoltre approfondite le ricerche su altri 4 luoghi di particolare interesse come Etéey a Saint-Marcel, Orgères a La Thuile, Les Fusines a Saint-Jacques di Ayas e Vollein a Quart, creando dei punti informativi culturali - complessivamente 9 - in collaborazione con i Comuni coinvolti, che metteranno a disposizione dei locali poi allestiti a cura della Soprintendenza. «Il progetto MAIA - continua Ambra Idone - vuole rappresentare un punto di svolta per la valorizzazione dei siti archeologici valdostani in quota, con azioni che mirano a farli conoscere a un pubblico vasto, sempre più interessato alla storia abbinata al turismo naturalistico. Stiamo parlando di luoghi di grande bellezza, in parecchi casi raggiungibili solamente percorrendo sentieri in forte pendenza, d’altronde si tratta di fortificazioni per il controllo e la difesa del territorio, di conseguenza ubicate in posti difficili da raggiungere e difendibili. Al riguardo verrà migliorata anche l’accessibilità, così come sarà creata una specifica segnaletica e verranno proposti degli eventi, musicali e divulgativi, appositamente concepiti, sensibilizzando i frequentatori alla salvaguardia di queste strutture militari, che costituiscono un patrimonio comune a noi tutti.»

Pure i collegamenti (compresi quelli visivi) tra i diversi siti saranno valorizzati e studiati, proponendo momenti di archeologia sperimentale, in un’ottica innovativa di coinvolgimento del pubblico, anche perché - ed è questo un ulteriore motivo di soddisfazione per la nostra Soprintendenza - l’iniziativa si pone come una sorta di trampolino di lancio per la conoscenza dei siti fortificati nelle Alpi e in tutta Europa, seguendo l’evoluzione dell’occupazione militare romana.

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