Le 93 parrocchie della Diocesi di Aosta raggruppate in 33 unità parrocchiali La novità non coglie di sorpresa i sacerdoti: «Era un passaggio inevitabile»
In occasione del giovedì santo, il vescovo di Aosta monsignor Franco Lovignana ha firmato il decreto con il quale istituisce le unità parrocchiali. Le 93 parrocchie della Diocesi di Aosta saranno quindi raggruppate in 33 unità parrocchiali che manterranno la loro autonomia e lavoreranno insieme non solo per la celebrazione delle funzioni, anche per la vita comunitaria. Il decreto, giunge al termine di un percorso che si è svolto tra il 2019 e il 2021, culminato nell'Assemblea diocesana di fine 2021 e le assemblee delle varie zone dello scorso mese di ottobre.
Al cambiamento si è arrivati anche e soprattutto nella presa d'atto delle sempre minori vocazioni e anche dalla diminuzione della presenza dei fedeli, come confermato da alcuni sacerdoti della nostra regione.
«Diciamo che siamo inevitabilmente arrivati a questa soluzione - dice il parroco di Sarre e Chesallet, don Diego Cuaz - a causa di vari fattori, innanzitutto numerici. Vi è una progressiva diminuzione di fedeli e di sacerdoti e calano anche le risorse economiche. Ma è soprattutto il venir meno della vita liturgica della parrocchia che ha portato ad assumere questa decisione. Il calo dei fedeli con il passare del tempo sta diventando sempre più importante e non si riusciva più ad avere una chiamiamola dignità sia nella liturgia, sia nella vita comunitaria ecclesiale. Tutto questo è dunque necessario, - conclude don Diego Cuaz - si tratta di un cammino che già troviamo nel resto d'Italia e, sotto certi aspetti già oggi, anche se non ufficialmente qui in Valle d'Aosta dove, dei modelli di unità sono in parte già operativi anche se non ancora costituiti giuridicamente. Questo perché un sacerdote è già impegnato in più parrocchie».
Di necessità parla pure don Lorenzo Sacchi, parroco di Saint-Vincent e di Emarèse: «Il vero nodo per quanto riguarda i fedeli è darsi da fare per pregare, per avere nuove vocazioni e per invogliare i giovani a valutare la scelta del sacerdozio. Il rischio è che le zone semplicemente diventino sempre più grandi e, in qualche maniera si perda poi una effettiva cura delle anime».
Di spazi di collaborazione attraverso le unità parrocchiali viste piuttosto come opportunità. E’ il pensiero del parroco della Valle del Lys, don Marian Benchea: «Abbiamo accolto con serenità la proposta avanzata dal Vescovo insieme con il lavoro svolto negli ultimi anni dalla Assemblea diocesana. Sarebbe più facile - continua don Marian Benchea - continuare a ragionare sul presente, però noi dobbiamo abilitarci a farlo sul domani e le unità parrocchiali apriranno finalmente agli spazi di collaborazione. Dalla mia breve esperienza come parroco - conclude don Marian - vi assicuro che dove ho visto la collaborazione delle parrocchie vicine, quelle chiese locali funzionavano bene. Dove invece prevaleva il campanilismo, erano realtà che un domani porteranno a una “noia spirituale”, come sempre più spesso e sovente ripetono i nostri giovani».
Condivisione sulla scelta di costituire le unità parrocchiali è il pensiero di don Andrea Marcoz, parroco di Châtillon, Pontey, Saint Germain di Montjovet, Saint-Denis, Verrayes e Chambave: «Avendo collaborato con il Vescovo in questi ultimi 5 anni, per quanto riguarda la definizione di queste unità parrocchiali, è chiaro che condivido totalmente questa nuovo aspetto pastorale così come è altrettanto chiaro che inevitabilmente vedo da una parte la forza e dall'altra le criticità. Tra i punti di forza vi è sicuramente il fatto di dover condividere delle risorse. Se la parrocchia è grande - sottolinea don Andrea Marcoz - non ha grandi difficoltà. Essendo spesso molto piccole tante volte non dispongono di sufficienti possibilità economiche, spazi e anche risorse umane per poter condividere un cammino pastorale e cito un esempio che ho vissuto personalmente: organizzare il catechismo con una, massimo due persone non è gratificante. Viceversa, intraprendere un percorso nel quale ti puoi confrontare con più realtà, più persone, questo aiuta e sotto certi aspetti migliora. Possiamo prendere come esempio anche le nostre scuole che già sul territorio condividono gli studenti di più paesi. Lavorare per le unità parrocchiali credo sia il futuro - ancora don Andrea Marcoz - un futuro che richiede però un grande lavoro interiore di conversione soprattutto da parte di noi preti perché essere al centro di tutto è gratificante ma anche complicato per certi versi. Questa nuova realtà, lo voglio sottolineare, implica per forza di cose il dover condividere determinati cammini. È una riforma che porterà anche dello scompiglio - conclude - è normale che sia così. Adesso sono state costituite le unità parrocchiali, nel prossimo mese di settembre avremo notizia degli eventuali avvicendamenti dei parroci sulle varie realtà per cominciare a concretizzare questo nuovo percorso».