La Tsarbonnëre, l’ultima opera monumentale dello scultore Guido Diémoz per Sant’Orso
Guido Diémoz di Doues da ragazzino era un pastorello che in tasca aveva sempre il suo coltellino, perché aveva la passione di intagliare qualsiasi pezzo di legno si trovasse tra le mani per dare forma alle sue “mucche”, mentre sui prati della conca di By pascolava quelle vere, appartenenti alla sua famiglia. Oggi, è uno dei più apprezzati scultori valdostani che partecipano alla Foire de Saint Ours. Uno di quelli capaci di trasformare un pezzo di tronco d’albero in un’opera d’arte monumentale che raffigura la vita rurale locale d’altri tempi. Scalpellini e mazzetta tra le mani, Guido Diémoz sa come far rivivere davanti agli sguardi ammirati dei visitatori della Millenaria gli aspetti di una quotidianità contadina ormai in via di estinzione oppure già scomparsa.
La sera di giovedì scorso, 18 gennaio, nella sala conferenze del Savt ad Aosta, è stata presentata “La Tsarbonnëre” l’ultima fatica dello scultore che sarà esposta al pubblico in occasione della Fiera di Sant’Orso in calendario martedì 30 e mercoledì 31 gennaio prossimi. Un’opera ancora una volta di grandi dimensioni che racconta come un tempo in Valle d’Aosta si faceva il carbone.
«Un mondo di cui ho sempre sentito parlare ma che non ho mai conosciuto direttamente. - ammette Guido Diemoz - la curiosità verso questa attività è nata recentemente, mentre passeggiavo nei boschi come faccio sin da che ero un bambino alla ricerca di pezzi di legno da portare a casa per poi dare loro forma concretizzando i miei pensieri con le mani e gli attrezzi».
Da quando ha iniziato a scolpire il legno, l’artista si aggira tra prati e boschi delle sue montagne alla ricerca del ceppo di noce che poi custodirà come se si trattasse di un lingotto d’oro. Esso resterà in un locale apposito fino al momento della trasformazione in una scena agreste. Perché è questo che fa Guido Diémoz: rappresenta scene della tradizione agricola valdostana seguendo la forma del pezzo di legno trovato in natura, con nodi e venature tutte da evidenziare.
Quello diventato storia de “La Tsarbonnëre” era già in casa da qualche anno, tra tanti altri ben conservati.
«Mancava l’idea – confessa Guido Diémoz - che è giunta durante una passeggiata nel bosco. Mi ero incuriosito di fronte a certi gradoni di pietra e non riuscivo a capire cosa fossero. Alcune persone anziane del paese mi spiegarono che si trattava di carbonaie. Mi raccontarono di come un tempo si tagliava la legna e di come quella che non era utilizzata veniva trasformata in carbone direttamente in montagna, nei boschi. È poi stato facile documentarmi e trasformare un ceppo di noce in un pezzo di storia valdostana».
L’opera scolpita da GuidoDiemoz per la Foire è lunga quasi 1 metro e 50 centimetri, è alta circa mezzo metro e pesa intorno agli 80 chilogrammi.
In passato, negli anni Settanta, Guido Diemoz, classe 1949, è stato dipendente dell’Unità sanitaria locale. Poi, dal 1985, ha tenuto per una ventina di anni il ristorante “Bon Megnadzo” a Doues, insieme alla moglie Elvira Barmette. Dal 2004, al posto del ristorante c’è una chambre d’hôtes: la gestiscono il figlio di Guido, Erik Diemoz e la moglie Elisa Dussailler, genitori del piccolo Fabien di 6 anni e dei gemelli nati lo scorso luglio, Eloy e Ines.