La relazione della Dia sulla ‘ndrangheta in Valle d’Aosta
«Dopo l'evidente allarme suscitato da alcune importanti inchieste degli ultimi anni e lo scioglimento del Consiglio comunale di Saint-Pierre disposto all'esito della complessa inchiesta denominata “Geenna”, l'evoluzione giudiziaria ha di fatto sancito l’esistenza di un “locale” di 'ndrangheta in Valle d'Aosta». A evidenziarlo è la Direzione investigativa antimafia-Dia nella sua ultima relazione al Parlamento.
Nel documento, riferito al primo semestre 2022, vengono analizzate in particolare le motivazioni di secondo grado del rito abbreviato relativo al processo Geenna, depositate nel gennaio dell'anno scorso. L'annullamento con rinvio del rito ordinario da parte della Cassazione, oltre all'assoluzione definitiva di Marco Sorbara, risalgono invece al gennaio 2023. Nella sentenza del rito abbreviato, riporta la relazione Dia, i giudici della Corte d'Appello di Torino scrivono che «Deve ritenersi provata l'esistenza, nel territorio della Valle d'Aosta, nel periodo in contestazione, di una associazione mafiosa denominata locale di Aosta». Per la Dia «Di sicuro rilievo, è la disamina dei settori economici infiltrati dalla mafia: “molteplici settori risultano concretamente condizionati da attività e strategie riferibili all'associazione”, segnatamente quelli “dell'edilizia privata e del commercio ambulante di generi alimentari, quello delle concessioni e degli appalti pubblici con l'ingerenza nella vita politica del territorio volta ad ottenere vantaggi in termini di commesse lavorative da enti pubblici”. A tali ambiti “si aggiunge l'intervento del sodalizio nel settore politico, proponendosi come organismo convogliatore di voti da indirizzare a plurimi candidati in campagne elettorali amministrative e regionali in cambio di utilità”».
«In sintesi, - si legge nella relazione della Dia - il locale di ‘ndrangheta, per i giudici della prima sezione penale della Corte d’appello, non solo è esistito ma “attraverso una rete di rapporti improntati ad una costante azione, espressione di pressione e intimidazione”, per quanto esercitati “senza il ricorso ad atti marcatamente violenti”, è anche riuscito “di fatto a costruire una rete di relazioni, connivenze, rapporti con istituzioni e con esponenti con ruoli di interesse in settori importanti delle attività economiche e politiche”, funzionali “alla creazione di quel tessuto connettivo necessario per realizzare gli scopi e le finalità di un’associazione di tipo mafiosi”». I giudici di secondo grado hanno inoltre «Argomentato il “mutamento dei rapporti e dei collegamenti con la ‘casa madre calabrese” che ora vedrebbe il baricentro della “cellula” insediata in Valle “spostato dalla ‘ndrangheta tirrenica a quella ionica e, in particolare, al locale di San Luca”». La relazione del ministro dell’Interno al Parlamento sull’attività svolta dalla Dia cita poi gli «Esiti dell’operazione “Alibante” (2021), riguardante l’operatività in Valle d’Aosta della cosca Bagalà, il cui procedimento è attualmente in corso a Catanzaro» e che aveva portato alla custodia cautelare in carcere anche per l’avvocata Maria Rita Bagalà. Inoltre si fa riferimento alla «Sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria che, il 4 maggio 2022, in relazione all’operazione “Altanum”, ha confermato la decisione di primo grado per 5 imputati di associazione mafiosa ed estorsione. La sentenza ha tuttavia riformato l’imputazione relativa ad un omicidio così assolvendo tutti gli indagati». L’inchiesta riguarda «La “guerra di potere” tra 2 storici gruppi ‘ndranghetisti di Cittanova e San Giorgio Morgeto: i Facchineri ed i Raso, coinvolti in un tentativo di estorsione ai danni di un imprenditore valdostano», ovvero Giuseppe Tropiano. Riguardo alla criminalità straniera «Non risultano consorterie strutturate ma sono presenti gruppi di etnia albanese ed africana che operano prevalentemente nel traffico di sostanze stupefacenti, nello sfruttamento della prostituzione e nella commissione di reati contro il patrimonio».