La protesta di studenti e insegnanti: “La didattica a distanza è stata un salvagente, che ora va riposto in un armadio”

La protesta di studenti e insegnanti: “La didattica a distanza è stata un salvagente, che ora va riposto in un armadio”
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Provati, commossi, con le idee chiare, si sono ritrovati in piazza Chanoux ad Aosta docenti, genitori, studenti dalla terza media al secondo anno di università, guidati dalla pedagogista Licia Coppo e nella scia delle iniziative del gruppo nazionale «Priorità alla scuola», di cui l'iniziativa di sabato scorso, 10 aprile, segna la nascita di una cellula valdostana. Nei molti interventi risuona anche la frase famigerata, il «cliché» della didattica a distanza «Mi sentite?».

«Ho bisogno dei miei compagni, del sorriso del professore che mi dice brava», «I nostri figli sono a casa da soli davanti ad uno schermo», «Anche noi docenti ci sentiamo più soli, ci sembra di avere poco valore in questa società».

In una fila ordinata, con cartelloni colorati e ben scritti, ragazzi e adulti hanno attirato una piccola folla a benedire «questo primo gruppo informale», commenta la pedagogista.

«Siamo qui a dire che siamo stufi - dice Licia Coppo - che questa generazione di studenti è quella che stata messa alla prova più di tutte. E ora aggiungiamo l'ultima follia: alcuni ragazzi in presenza e altri a distanza, che costringono gli insegnanti ad acrobazie tecnologiche. E' stato un anno difficile, chiediamo che si cominci da subito a lavorare per tornare in classe a settembre». Nel giorno in cui città di tutta Italia ospitano le manifestazioni di «Priorità alla scuola», «Tocca a noi adulti scendere in piazza - continua la pedagogista - perché i ragazzi, soprattutto gli adolescenti, non hanno più la forza di protestare».

Si disegna uno scenario di solitudini: docenti universitari che chiudono la registrazione subito al termine della lezione «Mentre prima si fermavano a rispondere alle domande»; ragazzi privati della relazione diretta con i compagni, dello sport, delle uscite tranquille in famiglia; docenti catapultati da un giorno all'altro in un modo di far lezione che, per alcuni, è stato particolarmente faticoso. «Appena fuori dalla nostra regione - ricorda Marco Delchoz, docente di greco al Liceo classico di Aosta - erano partiti con classi da 36 alunni, ad Ivrea, o con l'imposizione del dirigente scolastico, a Novara, del sabato a casa per risparmiare sul riscaldamento. Noi dobbiamo ringraziare chi, in Valle d'Aosta, ha reso possibile vaccinare insegnanti, monitorare gli studenti con screening a tappeto, tenere aperte le scuole primarie. Però ora chiediamo di mettere in campo azioni concrete. Ora bisogna pianificare il rientro a settembre, dando a tutti le palestre per l'educazione fisica, definendo i posti di cui c'è bisogno negli organici degli insegnanti. La didattica a distanza è stata un salvagente, che però ora va riposto in un armadio, per non ritrovarci fra qualche mese di nuovo qui, a chiedere di investire risorse e creare un contesto scolastico più adatto all'apprendimento». «Siamo oggi in piazza per chiedere di poter tornare ad una scuola normale» ripetono gli studenti; «Non siamo qui per criticare la Dad, perché in questo periodo di pandemia è stato uno strumento prezioso per noi studenti e ci auguriamo che anche in futuro possa rappresentare un'opportunità didattica». «Ringraziamo chi ha permesso ai nostri ragazzi di andare a scuola più che in altre regioni, anche al 50 e 50, ma non possiamo permetterci un altro anno così. - conclude Licia Coppo - Soprattutto non possono permetterselo i nostri ragazzi adolescenti: qui abbiamo rubato un anno della loro vita e della loro formazione».

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