La polvere sotto il tappeto

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Torniamo sul problema del servizio sanitario valdostano, questa volta per segnalare che i cittadini non stanno immobili a subire le decisioni politiche. Esistono delle petizioni spontanee che sono state attivate per chiedere al governo valdostano un ospedale nuovo, le trovate sul web con facilità.

Ed ora mi arrivano anche delle segnalazioni riguardo alle case di comunità. Ma prima di tutto, cosa sono le case di comunità?

La casa di comunità è il luogo fisico, di prossimità e di facile individuazione al quale l’assistito può accedere per poter entrare in contatto con il sistema di assistenza sanitaria. E’ una struttura facilmente riconoscibile e raggiungibile dalla popolazione di riferimento, per l’accesso, l’accoglienza e l’orientamento dell’assistito.

Questa è la definizione ufficiale per le case di comunità, che devono rappresentare quindi delle nuove strutture di sostegno al Servizio Sanitario Nazionale, previste dal PNRR del 2021, in quanto incluse nella missione che prevede una di queste case ogni 45mila abitanti.

La Valle d’Aosta ha proprio molte località isolate che necessitano di assistenza, di servizi più vicini ai cittadini, che riducano la distanza dall’unico presidio ospedaliero.

Il PNRR infatti andrebbe declinato a seconda delle esigenze, non a prescindere.

Se ho capito bene nella nostra regione dovrebbero nascere ben 13 case di comunità, ma si parla di miglioramento strutturale, quindi non è chiaro se saranno nuove strutture, o cantieri “migliorativi” di quelle già esistenti, come i poliambulatori.

Per ora la USL regionale ha comunicato che inizieranno di lavori a Chatillon e a Donnas nei rispettivi poliambulatori, non è un bel segnale.

C’è poi il tema personale, che è prioritario: inutile creare strutture se poi mancano infermieri, medici, tecnici di laboratorio. E i macchinari? Queste case vanno attrezzate e rese all’avanguardia.

Il capitale umano della sanità dovrebbe essere il primo investimento che la Valle d’Aosta si propone di attuare. In una regione con quasi il 25 per cento della popolazione anziana, con la previsione di arrivare al 35 nei prossimi anni, la priorità deve essere l’assistenza territoriale vicina ai residenti.

Spero perciò che non useremo i soldi del PNRR per una mera ristrutturazione di poliambulatori già esistenti, ma per pensare prima di tutto e creare dei servizi dove mancano e per valutare la misura della necessità della popolazione. Il PNRR è un’opportunità per realizzare qualcosa di nuovo e di buono, non per dare un’imbiancata al vecchio sistema.

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