La parabola del Genepì: da liquore di famiglia, attraverso la certificazione IG, fino ai Genepì Blanc

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Considerato il liquore valdostano per eccellenza, come tanti rimedi della tradizione, per secoli è stato prodotto in ambito casalingo, con proprietà non solo piacevolmente digestive, ma anche espettoranti, antinfiammatorie e perfino antipiretiche. Lo troviamo spesso scritto con accenti sulle “é” e con la “y” finale, la recente scheda di certificazione di Indicazione Geografica e la Treccani lo propongono scritto Genepì, ma noi valdostani, abitanti di territori francofoni, e popolo bilingue, l’abbiamo scritto sempre con più o meno accenti e “y” finale… quindi a ognuno il suo appellativo.

Il Genepì è una pianta erbacea perenne che cresce spontanea oltre i 2.000 metri di altitudine, tra le rocce delle alpi nordoccidentali, appartiene al genere Artemisia, che conta all’incirca 200 specie. La sua raccolta è stata regolamentata dal 1928, quando è stato dichiarato specie protetta. A partire dagli anni Settanta alcune aziende hanno iniziato la coltivazione in quota per poi destinarlo all’essicazione e alla produzione diretta, oppure alla vendita della pianta essiccata alle distillerie. La specie più facilmente coltivabile e diffusa nelle aziende produttrici è la Mutellina o genepì femmina. La coltivazione è comunque difficoltosa vista la fragilità della pianta, specialmente se coltivata sotto i 2.000 metri, tanto che qualche produttore racconta che il genepì ha bisogno di altrettante cure delle fragole.

La ricetta tradizionale di produzione del liquore, detta per infusione, prevede l’immersione delle erbe secche per circa 45 giorni in una soluzione idroalcolica, viene poi aggiunta all’infuso ottenuto una miscela di acqua e zucchero e si lascia riposare il composto. Dopo la maturazione, segue il filtraggio e l’imbottigliamento. La gradazione alcolica commerciale si aggira intorno ai 40-42 gradi, mentre spesso nelle produzioni casalinghe si trovano gradazioni più alte. Il metodo più innovativo e di tendenza è quello detto per sospensione, dove le piante vengono appunto “sospese” su griglie sopra una soluzione alcolica in recipienti ermetici. L’alcool raccoglie le componenti aromatiche e volatili della genepì, senza però tingersi del caratteristico giallo verdastro del liquore tradizionale. Questo procedimento richiede più tempo per l’affinamento e un’attrezzatura adeguata.

I risultati ovviamente sono molto diversi. Importanti note erbacee e amaricanti, persistenti e “alpine” nel metodo per infusione, oltre ovviamente al caratteristico colore. Più delicato, raffinato e decisamente morbido il prodotto ottenuto per sospensione, dal colore trasparente e cristallino. Interessante la sensazione di morbidezza e di dolcezza che si avverte nel genepì blanc, per sospensione appunto, anche se in realtà il prodotto finale contiene meno zucchero del genepì tradizionale perché non deve contrastare il gusto amaricante ed erbaceo dato dall’estrazione dell’alcool diretto sulla pianta immersa.

Nei decenni passati il genepì ha subito una pubblicità negativa, perché paragonato ai liquori di assenzio che creavano danni ai consumatori per gli effetti psicotropi dati dal tuione. Il tuione è un terpenoide prodotto dall’Artemisia absinthium e, in piccola parte, da altre specie di Artemisia, che in grandi quantità risulta tossica per l’uomo. Recenti ricerche hanno confermato che la concentrazione di tuione nel genepì è sempre stata molto bassa: non era sicuramente quello a provocare i sintomi nei bevitori, bensì il consumo esagerato di quantità di alcool. Queste informazioni errate però hanno generato false classificazioni internazionali e ancora oggi le pratiche per l’esportazione fuori Europa, negli Stati Uniti ad esempio, risultano complesse.

Il liquore è diventato un simbolo nei prodotti valdostani, grazie al lavoro di aziende storiche come Ottoz, St-Roch, La Valdôtaine, Cortese, Vertosan, Alpe e Savio, solo per citarne alcune. Ognuno con ricette ed etichette che hanno fatto storia e rappresentano un souvenir imperdibile per i turisti. Negli ultimi anni si sono affacciati al mercato produttori “artigianali” che sono anche coltivatori della materia prima come le aziende da Emy, Le Motte, Le officinali del Bianco e altri ancora.

Grazie al lavoro dell’azienda St-Roch si è arrivati al primo Génépy valdostano con certificazione IG, l’Artemisia Génépy IG della Valle d’Aosta, nato all’interno della struttura di Quart, e poi al primo Génépy Blanc IG della Valle d’Aosta, targato Distillerie Levi; un traguardo di certificazione che colloca il nostro liquore simbolo un gradino sopra la PAT e gli riconosce il giusto prestigio. Il futuro del genepì ? Sicuramente il modo del mixology o arte della miscelazione! Il genepì è molto apprezzato dai nostri barmen, eventi come SkyWay Cocktail Competition, dove i partecipanti devono preparare almeno una ricetta a base di genepì, ne sono un esempio. Esiste un concorrente del genepì? Per le note erbacee e floreali così marcatamente alpine e uniche forse nessuno. E nel mondo dei prodotti valdostani? Probabilmente l’importante ed attuale ventaglio di Gin prodotti dalle nostre aziende. Ma questa storia merita un altro articolo.

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