«La mia odissea in quarantena tra i disservizi per l’emergenza sanitaria»

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Ringraziando per la possibilità di condividere con i lettori le mie tumultuose esperienze di quarantena, vorrei dar voce alle numerose famiglie valdostane che vivono o hanno vissuto la mia stessa odissea caratterizzata da disservizi continui ed inefficienze ripetute, in ambito emergenza Covid-19.

Sono una cittadina aostana, che può testimoniare un'esperienza Covid durante la caotica seconda ondata e recentemente durante la prima parte della annunciata terza ondata.

In queste recenti occasioni ho avuto bisogno di Servizi ahimè riscontrati inefficienti che al posto di proteggere i soggetti positivi e famiglie passano informazioni, spesso confuse, tra di loro come se la salute fosse fonte di pratiche burocratiche da espletare. Innanzi a tutti, il Servizio Dipartimento della Prevenzione, con il quale inizia ogni odissea Covid che nel mio caso ho vissuto, mio malgrado, ad ottobre/novembre per positività mia primogenita e in gennaio per altra positività altro figlio.

In entrambe le situazioni, il supporto del Dipartimento è stato inefficiente, confusionario ed assolutamente negativo.

Malgrado i mass media regionali abbiano presentato con soddisfazione l'implementazione del suddetto Servizio tra la precedente ondata Covid e quella attuale, molteplici sono i numeri di telefono solo in apparenza a disposizione dei cittadini valdostani. Nei fatti non si riceve mai risposta (e un’operatrice si è fatta scappare, infatti, di aver ricevuto ordine di non rispondere).

In questi giorni, tralasciando l'esperienza autunnale passata, in veste di genitore di un minore che volontariamente si è sottoposto presso drive in allo screening organizzato dalla sua scuola superiore (adesioni facoltative per altro bassissime, pari a circa 34% - 37% sul totale studenti), il ragazzo è risultato positivo (tempo risposta pochi minuti). Contestualmente, quindi, egli è stato sottoposto a tampone molecolare con esito giorno successivo in serata.

La mattina seguente, prima dell'esito del molecolare, che avrebbe potuto essere negativo visti i falsi positivi alla popolazione ormai noti, in veste di madre del minore sono stata contattata da un operatore del Dipartimento di cui sopra per il tracciamento dei contatti, senza che si conoscesse l'esito del tampone stesso. Da quell’istante, senza conferma della positività, è stata prodotta una mail di isolamento per il genitore non convivente con il figlio tamponato che ha un domicilio proprio e che ha semplicemente accompagnato il ragazzo un quarto d'ora al tampone. Contrariamente alla logica, al soggetto confermato positivo in serata e suo nucleo convivente, è stata recapitata via mail l’ordinanza di isolamento quattro giorni dopo quella data, causa lentezza burocratica. In secondo luogo, il giorno seguente all’esito del molecolare, ho ricevuto una seconda ed ultima telefonata dal Dipartimento di Prevenzione per l’esito del tampone, per altro già riscontrato dal fascicolo sanitario in autonomia, e per annunciarmi una telefonata che avrei dovuto ricevere immediatamente da un medico Dirigente del Dipartimento per organizzare l’isolamento dell’intero nucleo familiare con la speranza da parte mia e della mia primogenita (positiva a ottobre-novembre) di prendere in considerazione la sua immunità, e l'assenza della necessità di ulteriore isolamento per lei. Come si può intuire i tempi, in tali contesti, sono stringenti: si tratta di isolare o no nuovamente un soggetto che verosimilmente avrebbe il diritto, che solo un medico può certificare, di rimanere libero in virtù della sua presumibile immunità. Quella telefonata, presentata come urgente dal Dipartimento di cui sopra, non è mai arrivata alla sottoscritta, e in isolamento è finito tutto il nucleo convivente compresa la primogenita positiva nella precedente fase Covid.

Nella sensazione di abbandono che inevitabilmente prevale, ho contattato in autonomia, lo stesso giorno, altri Servizi preposti all'emergenza e, nella mia esperienza, l'Ufficio Tamponi ha fortunatamente compensato e una Dottoressa, scrupolosa e gentile, mi ha dedicato tre quarti d’ora per spiegare il perché una positiva (mia figlia) “liberata” dal virus e dalla burocrazia dopo 35 giorni, dovesse ricominciare un isolamento non avendo ad esempio un sierologico, che nessuno per altro aveva consigliato, e così via. Aggiungo che ho ricevuto assistenza telefonica anche dall’Usca.

Riassumo, poi, che durante il decorso della quarantena autunnale ricevetti una chiamata per un tampone indirizzato al figlio sbagliato (all’epoca veniva eseguito nel cortile di casa) oltre ad una telefonata proveniente dall’Ospedale Parini, a me indirizzata, per un intervento inesistente a cui avrei dovuto sottopormi a mia insaputa, semplicemente perché, senza scrupoli, l’Ospedale stava smarcando presumibilmente un elenco di nominativi dedicato ad altra finalità (nuovi tamponi o altro).

Ultimo, tornando a gennaio, è arrivata l’ordinanza dal Comune di Aosta. Nulla da rimproverare all'Ufficio mittente ma in calce alla stessa ordinanza si legge: per i soggetti positivi l'isolamento decade con la guarigione attestata; per i componenti dell’eventuale nucleo familiare la guarigione avviene previa valutazione medico sanitaria da parte dell'Azienda Usl con il rischio, come successo nell'esperienza passata che codesta valutazione possa venire prodotta , in conclusione, proprio dal Dipartimento Prevenzione di inizio odissea Covid dal quale né il paziente (soggetto che vanta il diritto di cura) né la fam hanno mai ricevuto contatto durante l'intero periodo di isolamento o, in conclusione, da chi non ha mai seguito i soggetti in questione.

Di questo passo l’unico modo per essere conosciuti, visitati, seguiti permane il 112, il ricovero ecc.

E non dimentichiamo che il soggetto positivo potrebbe essere solo, stare male, trascorrere tutto il periodo di isolamento al pari di un fantasma agli occhi dei Servizi , se impossibilitato ad attivarsi in autonomia o semplicemente perché privo di supporti spontanei, che gli spetterebbero di diritto.

Non ci sono parole.

Ancora bene che si possa raccontare.

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