La Fiera di Sant’Orso piange Alessandra Zucco, artista elegante che scolpiva con rara passione

La Fiera di Sant’Orso piange Alessandra Zucco, artista elegante che scolpiva con rara passione
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Le sue sculture erano come lei, eleganti, slanciate, belle. Alessandra Zucco ha rappresentato negli ultimi quindici anni una ventata di gioia e di passione per la Foire de Saint-Ours, una novità amata soprattutto dai grandi appassionati della fiera millenaria che trovavano in lei una forza trascinante ed una ricerca altrettanto intensa. Così da quell’angolo di via De Sales vicino al Teatro Giacosa era passata nel tempo all’inizio di via De Tillier, ma il suo banco ovunque fosse non potevi non notarlo, perché la stessa cura che metteva nelle sue opere la metteva nell’allestimento. Per lei la Foire era soprattutto rispetto, rispetto per chi la visita e rispetto per la sua storia. Anche per questo motivo in ogni edizione voleva innovare, sperimentare qualcosa di diverso, lasciare un segno con i suoi uccellini, il mantello nero, la gioia di vedere gli appassionati in estasi davanti alle mucche lisce lisce con le ghirlande di fiori in rilievo, quelle si dipinte, come una corona per le reines.

Alessandra Zucco era talmente brava che il fatto di sapere che non vedremo più il suo banco rappresenta una tristezza enorme. Nell’ultima fiera il suo lavoro era, come sempre, stato molto apprezzato, ma stranamente non aveva venduto nulla. «La malattia mi impedisce di lavorare con l’assiduità e la perfezione di un tempo» disse, «Ci sarà tempo» aggiunse. Invece il tempo è finito martedì 2 maggio all’Hospice del Beauregard di Aosta. «Quest’anno ho lavorato per regalare alla fiera un’idea rivoluzionaria! Che lasci il segno del mio passaggio.» Così presentò quella che sarebbe stata la sua ultima Foire e un segno lo ha lasciato sicuramente, in tutti coloro che l’hanno conosciuta e che nei suoi bellissimi occhi hanno visto il fuoco di un impegno sconfinato per la valorizzare il nostro artigianato di tradizione. Fortunatamente la Regione le ha dedicato una mostra nel 2021 proprio in piazza Chanoux ad Aosta, all’Hotel des Etats, e lei ne era rapita, orgogliosa ma allo stesso tempo consapevole: «E’ la mia prima esposizione, non so se avrò l’occasione di vederne un’altra.» Parole pesanti, eppure la sua lotta l’ha portata avanti, tra alti e bassi, come diceva: la scultura è stata un modo per pensare al futuro, a quella scadenza con la Foire de Saint-Ours che la emozionava come la prima volta, nel 2009 quando ebbe il suo primo banco.

Così valdostana nel rispetto delle tradizioni, Alessandra Zucco era nata a Chivasso il 9 maggio del 1972, poi seguì il papà Carlo - originario di Alba - a Terni insieme alla mamma Concetta e quindi, dopo la nascita della sorella Serena nel 1978, si stabilirono a Verrès dal 1981, quando il padre rinunciò a lavorare all’estero e venne occupato dalla Rivoira. E’ qui che ha concluso le elementari e frequentato le medie, sempre molto brava, precisa come dimostrerà anche in futuro, al Liceo scientifico di Pont-Saint-Martin e poi a Torino fino alla laurea in Lettere. Nel 1997 il concorso vinto in Comune come ispettore della polizia locale, nel 2005 il primo corso di scultura a Issogne, con Franco Pinet: «Ho provato, è stata amore alla prima scalpellata» diceva ridendo nel ricordare quei giorni. Poi la Foire con il banco della scuola in piazza Chanoux, orgogliosa dei suoi primi tentativi, il percorso bottega-scuola sempre seguita da Franco Pinet, che la spinge a cercare sempre nuove idee, oltre a perfezionare la tecnica.

Nel marzo del 2010, con l’arrivo della figlia Alice, Alessandra Zucco non ha diminuito il suo impegno nella ricerca, nel solco di quella frase “tradition et renouveau” che meglio di tutte dovrebbe rappresentare la Valle d’Aosta di oggi. Utilizza soprattutto l’acero, perché ama levigare quelle forme sinuose, nelle quali l’immaginazione trova tutti i significati. Oltre al consenso, per lei la gioia dei premi, il primo nel 2014 della Fidapa dedicato alle donne artiste, con quell’ariete sulle ruote di pietra che tanto amava, poi nel 2015 il “Premio Domenico Orsi” della Fondazione comunitaria per la scultura dedicata alla figlia Alice sul tema del dono, quindi quello per il miglior presepio a Natale a Bard, seguiti nel 2016 dal “Premio don Garino” per le sculture a carattere religioso e poi nel 2018, dal rinoscimento speciale per l’innovazione alla 65esima mostra-concorso e nel 2019 il “Prix Pierre Vietti” per lo studio e la ricerca storica sul tema dei giocattoli valdostani. Un crescendo di soddisfazioni, meritato perché i suoi lavori sono veramente belli, studiati e portati a termine con una passione coinvolgente. Nulla è mai scontato, le novità sono ricorrenti, in una voglia di mettersi in gioco che è la sua costante.

«E’ il legno a decidere cosa vuole diventare. Quando scolpisco non ho mai fretta, ascolto il legno. E’ il tempo che decide per me.» Così diceva Alessandra Zucco, parole difficili da leggere oggi, che lei se ne è andata, salutata a Verrès giovedì scorso, 4 maggio.

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