La coda dell’inverno minaccia la produzione: gli agricoltori si difendono con fiamme e ghiaccio
Una settimana di caldo già quasi estivo, con temperature che hanno anche superato i 25 gradi, seguita da un vertiginoso abbassamento delle temperature con gelate notturne. Una combinazione catastrofica per gli agricoltori, che hanno lottato con le fiamme e con il ghiaccio per evitare che gemme e fiori appena spuntati venissero falcidiati dal freddo.
L’irrigazione antibrina già da alcuni anni è utilizzata in Valle d’Aosta per contrastare - paradossalmente proprio attraverso il ghiaccio - i danni del gelo. «Il sistema sfrutta il fatto che l’acqua, passando dallo stato liquido a quello solido, produce una piccola quantità di calore. - spiega l’agronomo della Cofruits Mathieu Carlin - Appena la temperatura scende sotto lo zero si accende l’irrigazione sovrachioma a pioggia, che permette di creare un velo di ghiaccio intorno ai fiori dei meli, l’organo più sensibile della pianta. Si continua poi a irrigare in modo che l’acqua corrente, intorno ai tre gradi centigradi, mantenga il fiore ad una temperatura che oscilla tra i meno uno e gli zero gradi. L’obiettivo è non scendere sotto i 2 gradi sotto lo zero, temperatura che provocherebbe la necrosi degli organi fiorali». «Abbiamo usato questo sistema per 2 notti, tra martedì e giovedì scorsi, accendendo l’irrigazione a partire dalle 3 o le 4 del mattino. - prosegue Mathieu Carlin - Vi sono però dei limiti: il primo è che non dappertutto ci sono impianti di irrigazione a pioggia; dove sono presenti, poi, non è detto che sia già avvenuto il carico del canale irriguo né che vi sia l’acqua sufficiente per irrigare contemporaneamente tutti gli ettari di meleto. Infine, c’è il problema del vento, che nella notte tra martedì e mercoledì si è messo a soffiare forte un paio d’ore dopo l’accensione dell’irrigazione: in questo caso il danno rischia di essere peggiore del beneficio perché il vento strappa la pellicola di ghiaccio e lascia il fiore bagnato ed esposto al gelo». «I danni ci sono sicuramente stati e purtroppo sembrano importanti, soprattutto nelle zone di pianura, per esempio tra Gressan e Jovençan, dove l’aria fredda si accumula e ristagna. - conclude Mathieu Carlin - Serviranno però alcuni giorni per avere un computo preciso di ciò che è andato perso. I problemi ci saranno soprattutto per le “cultivar” precoci, come la Gala».
Oltre che con il ghiaccio, c’è chi ha combattuto il freddo attraverso il fuoco. Sulla collina di Quart, l’azienda Grosjean Vins ha protetto le proprie coltivazioni di albicocche e kiwi collocando una candela antigelo a cera d’api ogni venticinque metri quadrati, con immagini suggestive che hanno ricordato quelle dei vigneti della zona di Chablis, nella Borgogna francese. «Le nostre piante non hanno sostegni, quindi non è possibile attuare il sistema antibrina perché il ghiaccio peserebbe troppo sui rami, spezzandoli. - chiarisce Hervé Barmasse - Le candele antigelo riescono a proteggere la pianta fino a 4 gradi sotto lo zero ma sono molto costose. Ogni fiamma costa 10 euro e dura al massimo 2 notti, senza contare il costo del personale per piazzare i bidoncini e accenderli. In Francia lo fanno senza problemi ma se lo possono permettere vendendo le bottiglie a 80 euro ognuna. Le nostre vigne, grazie a dio, non hanno patito: una sola settimana di caldo non è bastata e sono ancora quasi a riposo, solo con piccole gemme».