La città di Giallini

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“Vivi nella città di Giallini.” Capita spesso a Roma di ascoltare questa frase, che ha un solo ed unico significato di rilievo: il grande pubblico è stato “catturato”.

Mentre è in onda sulla Rai la quinta stagione, si parla già della sesta, il tutto per una serie tv che ha saputo trascinare il grande pubblico e conservarne l’audience.

Tratta dai bei libri di Antonio Manzini, la serie si svolge praticamente interamente in Valle d’Aosta (salvo qualche rara ripresa romana) e permette di spaziare in varie zone della regione, dal centro di Aosta fino alle vallate laterali con neve, rifugi, piste da sci.

Una bellissima vetrina che, al di là del tema, porta le immagini della Valle d’Aosta nelle case di tutti gli italiani.

Ma, come da buona tradizione tutta italiana, invece di fare sistema comune su ciò che funziona, dobbiamo sempre smontare in mille pezzi ciò che abbiamo, per capirne l’esatta esegesi, per sottoporlo al filtro del particolarismo del chi e del perché e così arrivano critiche e polemiche sul personaggio interpretato da Marco Giallini, un poliziotto sui generis, che risolve i casi, che ha però anche un comportamento non in linea con i valori comuni.

Se riflettiamo sul fatto che si tratti di una fiction, non di un docufilm, bisognerebbe comprendere che cosa attrae gli spettatori: se il tema non è “salato”, ovvero non ci sono scandali, eventi, differenze dalla realtà, un film non può ottenere quella verve che lo rende interessante (guardereste una fiction in cui non accade nulla e tutti vivano una vita apparentemente felice?), il focus quindi non dovrebbe essere su ciò che accade nella fiction, ma su dove accade.

Vengono valorizzate le nostre montagne, le stazioni sciistiche, il centro storico di Aosta, non importa se per risolvere omicidi o per altro, questo resta un veicolo di comunicazione fondamentale. Dovremmo sponsorizzarlo ancora di più.

Lasciamo perciò ad ognuno il proprio mestiere: che gli sceneggiatori scrivano una trama di successo, che gli esperti di marketing individuino i target di riferimento e che siano gli ascolti, la voce del pubblico, a parlare.

E, mentre riflettiamo sul fatto o meno che una fiction televisiva debba essere educativa, io festeggerei che la “città di Giallini” resti sui canali Rai.

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