«L’olio di noci: un prodotto che racconta le tradizioni valdostane»

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Da noi, a Saint-Marcel, l’olio di noci viene prodotto nel villaggio di Seissogne, il più alto del paese, a circa mille metri di altitudine, appena sopra il villaggio di Plout dove si trova il magnifico Santuario, il più imponente di tutta la Valle d’Aosta. I fratelli Loris e Almir Betemps hanno voluto mantere questa tradizione anche nel ricordo del loro papà Brunetto che lo faceva. Io andavo sempre a Brissogne a dare una mano ad Attilio e a Remo Carral. Al villaggio di Chesalet, io e Attilio passavamo delle giornate a spaccare le noci e poi, con punta di un Opinel, facevamo uscire i gherigli. Fatto questo lavoro, si macinavano per poi scaldare questa farina di noci dentro a una grossa pentola, detta “caôn” nel patois di Saint-Marcel. Si scaldava questo preparato fino a una certa temperatura e poi lo si poneva dentro una fascera con i buchi. Quindi si metteva il tutto sotto la pressa (“lo treuil”) e si stringeva fino a quando usciva l’olio, di un bel colore giallo paglierino. Quindi lo si metteva in vasi detti arbanelle e, dopo qualche giorno, veniva filtrato e imbottigliato. Per fare un litro questo olio, particolarmente indicato per condire l’insalata di cicoria, sono necessari 3 chilogrammi di noci. Il pressato di noci che rimane dopo aver spremuto l’olio in patois si chiama “trogliet”. In qualche bar di paese lo si può trovare tagliato a pezzetti e servito assieme all’aperitivo: in questo caso non si contanto i bicchieri di vino bianco e di prosecco, per la gioia e la felicità dell’oste di turno. L’olio di noci è anche un ottimo abbronzante. Quando lavoravo a Cervinia lo mettevo sul corpo e la mia pelle diventava molto scura.

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