L’Atelier des Métiers: quando la passione diventa professione

L’Atelier des Métiers: quando la passione diventa professione
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In piazza Chanoux ad Aosta un serpentone di visitatori in paziente attesa indica l’entrata dell’Atelier des métiers, tempio dei professionisti della tradizione. Scelgono la cantinetta e la cucina gli eredi Mussatti, Stefano ed Elisa, figli di Piero, e Alberto e Sara, figli di Valter, discendenti di Franco, che con il 2024 celebrano i 150 anni dell’azienda. «E’ stata fondata dal trisnonno Antonio - spiega Stefano Mussatti - e noi siamo la quinta generazione. Abbiamo portato all’Atelier 2 prodotti su misura, ordinati da clienti della bassa Valle: la cantinetta, su disegno originale è, in roverella valdostana, mentre la cucina in castagno ha i ripiani in marmo verde di Gressoney, dalla cava ripresa dai Rial. A Fiera finita, daremo l’ultima verniciatura».

Tra sperimentazione e design, Luciano Tousco di Gaby ha scelto di portare un tavolo ricavato da un asse solo di rovere. «E’ stato tagliato tanto tempo fa - racconta Luciano Tousco - ed ha dimensioni che in commercio non si trovano, dato che arriva a 1,05 metri per 2,80 ed è abbinato a 2 sedie in ciliegio e acero di mia invenzione, con braccioli dal taglio morbido e lo schienale valorizzato da una sgorbiatura. Sul tavolo, come su alcuni taglieri, ho scelto di applicare un trattamento particolare: ho riempito i buchi, “i difetti”, con polvere di metallo, mescolato a resine e ossidato con sale e aceto. Il principio è quello che i giapponesi definiscono “wabi-sabi”, cioè valorizzare l’imperfezione. In questo modo, anche la tarlatura acquista un valore speciale».

Il lavoro, in genere non apprezzato, dei tarli ha ispirato anche Franco Pinet, che alle sue delicate figure dai colori pastello quest’anno affianca una scultura dal valore fortemente evocativo. «I fili colorati rappresentano fasci di luce - riferisce Franco Pinet - emessi da cristalli scavati nella roccia». Le forme geometriche sono composte da pezzi diversi, alcuni con buchi importanti creati dai tarli. Le parti sono come “cucite” con spaghi colorati, in un insieme che diventa arte. «Ho portato anche diverse raffigurazioni della maternità - aggiunge Franco Pinet - che come la natività mi affascina molto. Per i miei colori uso solo pigmenti naturali, in un uno studio continuo dell’uso dell’idropittura e di colle che mi permettano di rispettare il legno e le sue venature».

I richiami forti alla natura tornano nelle sculture di “Raysor’g” Fabio Cornaz, che prosegue il suo lavoro di ricerca sugli esseri magici della natura, aggiungendo molti lavori in legno a quelli in ceramica che lo caratterizzano. «Ho iniziato a realizzare volti che emergono da pezzi di tronco - precisa Fabio Cornaz - con l’idea di creare come un bosco abitato da driadi e amadriadi, le ninfe degli alberi. Poi il tempo stringeva e ho deciso di dedicarmi alla mia opera principale di questa Fiera, “L’ascensione”, realizzata con legni di essenze diverse». La tecnica particolare viene dalla Sicilia, dal maestro Salvatore Rizzuti, considerato il “reinventore della scultura”.

Mentre si rinnovano incontri intensi, come quello fra il presidente della Sezione Valdostana dell’Ana Carlo Bionaz e lo scultore Matteo Creastani, che per gli alpini ha realizzato una gigantesca penna in legno, il cuore va a Roberto Chiurato, lo scultore e artista recentemente scomparso capace di realizzare forme iper realistiche, come la meravigliosa donna addormentata, o astratte, come le volute in legno che si innalzano nello stand in sua memoria.

Pensa agli angeli, protettori dei bambini, Paola Cina, che porta in Atelier i “tatà andze” e mette le ruote anche agli angioletti. «I tatà piacciono sempre. - afferma Paola Cina - Ci sono tanti animali, mulo, gallo, gallina e l’immancabile pecora nera. Rimane molto significativo l'uccellino per Sant'Orso: ad ogni edizione creo un'applicazione diversa, l’anno scorso in drap e quest'anno in corteccia di betulla». Mettono le ruote pure le percorelle di d’Soka. «Abbiamo creato le “pantofole pecorose”, con morbidi ricci di lana. - riferisce Luciana Ferraris, da 30 anni in Fiera con la cooperativa di Gressoney- Saint-Jean - Abbiamo portato un grande arazzo in lana e poi le pantofolone, con le quelle per gli ospiti, sempre molto apprezzate. E con i ritagli che rimangono dopo aver creato le mantelle decoriamo i cappelli, dalla punta lunga da annodare».

Luciano Tousco
Franco Pinet
Luciana Ferraris
Paola Cina
Fabio Cornaz

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