L’amore sviscerato per Issime e il mondo walser hanno preso il cuore di Michele Musso
Da Torino a Issime, la storia che raccontiamo per Gente di Montagna è quella di Michele Musso, veterinario, ricercatore all’Università di Torino e, dal 2018, presidente dell’Associazione Culturale Augusta di Issime, appassionato di storia ed autore di pubblicazioni importanti dedicate in particolare maniera alla lingua e alle tradizioni walser, nonché imparentato con Giovanni Melchiorre Bosco, meglio conosciuto come don Bosco o San Giovanni Bosco, nato nel 1815 in una cascina delle colline di Castelnuovo d’Asti, figlio di Francesco e Margherita Occhiena, fondatore delle congregazioni dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice e canonizzato nel 1934 da papa Pio XI.
Una storia, dunque, che inizia lontano nel tempo e che è piacevole ascoltare dalla voce dello stesso Michele che porta il nome del nonno paterno, nato nel 1888, lo stesso anno in cui don Bosco morì a Torino. «La mia bisnonna, cioè la mamma di mio nonno Michele da cui ho preso il nome, - inizia a raccontare Michele Musso - era cugina prima di don Bosco i cui racconti di famiglia, tramandati fino a me, narrano di lui che non le mandava di certo a dire quando doveva fare sentire le sue ragioni. Era uno “tosto” come si direbbe oggi. Come tosta era la mia bisnonna che, incinta di mio nonno che poi nacque nel mese di maggio, andò a piedi da Moncucco a Torino per assistere ai funerali di suo cugino.»
Il nostro personaggio di oggi, Michele Musso, nasce a Torino il 1° febbraio 1967, primogenito di Alfredo venuto al mondo nel 1929 proprio a Moncucco Torinese nell’astigiano, e di Marisa Bossotti del 1933, originaria di Asti. I due, che dopo la nascita di Michele diedero la vita nel 1969 al loro secondogenito Roberto, si conobbero a Torino in un pomeriggio danzante dell’estate 1963. Lei ad Asti insegnava Lettere ai ragazzi alle scuole superiori e si trovava nella città della Mole perché aveva vinto un concorso alla Stipel, all’epoca la società italiana per le telecomunicazioni. Alfredo Musso, invece, era un operaio specializzato dell’Alitalia nello stabilimento di corso Marche a Torino. Si sposarono ad Asti nel 1964.
«Mio nonno Michele - ricorda Michele Musso - era emigrato in America, a San Francisco in cerca di lavoro, poi nel 1921 era tornato a Torino e qui aveva conosciuto la mia futura nonna Carolina Cravero, classe 1901, di Montà d’Alba. Quando lui le chiese di sposarlo, la prima cosa che lei disse fu che in America non ci sarebbe mai andata. Quindi il nonno non tornò più a San Francisco e la famiglia rimase a Torino.»
La piacevole chiacchierata con Michele Musso si svolge a Issime, tra le pareti della sua casa tutta pietra e legno, dove dal 1972 trascorre ogni fine settimana ed ogni altro momento di vacanza dal lavoro all’Università di Torino. Il presidente dell’Associazione Augusta è un pozzo di sapere: la storia e la cultura della valle del Lys, il territorio e le antiche tradizioni di Issime, non hanno segreti per lui. Impossibile non lasciarsi trascinare dalla sua immensa capacità di raccontare, passando come se nulla fosse dall’italiano all’inglese, dal patois al töitschu che è la lingua delle popolazioni walser. Una lingua «imparata sul campo, per necessità e approfondita nel tempo per passione». È infatti il 1972 quando la famiglia Musso-Bossotti mette piede per la prima volta a Issime.
«Tuttavia - continua a raccontare Michele Musso - un anno prima, nel 1971, mamma Marisa aveva affittato per le vacanze estive un piccolo alloggio a Brusson, di proprietà di Edoardo Bréan che gestiva l’alpeggio Dela nei pressi del colle Ranzola e che aveva sposato Pina Ferrero, originaria di Valfenera, nell’astigiano. Avevo così conosciuto i loro figli Maura, Elia, Anna Enrica e Andrea. I Bréan avevano mucche, capre e pecore e fu in quel periodo vissuto a Brusson che iniziò in me, che avevo quattro anni, la passione per la natura e per gli animali. Nel 1972 però mia madre cercò quella che sarebbe diventata la nostra casa delle vacanze, in un luogo più vicino a Torino. Scelse quindi la valle di Gressoney, precisamente, il villaggio di La Rive a Issime. Un villaggio rurale, con gente che era legata fortemente al proprio territorio e che io per la mia prima volta nella vita osservai falciare a mano il fieno. Erano persone che parlavano una lingua strana, il töitschu, e volli anch’io impararla.»
«Ricordo ancora oggi nitidamente quel primo giorno dell’estate del 1972 quando arrivammo a Issime pioveva, tutto sembrava terribilmente grigio, e le case erano avvolte dalle nuvole. Un bambino ci guardava dal terrazzo e quell’immagine ancora oggi la porto negli occhi e nel cuore. Dalle sole vacanze estive alle vacanze invernali il passo è stato breve. Ed eccomi qui, dopo cinquant’anni a parlare di quello che considero il “mio paese”. Esiste una lettera di Jean-Jacques Christillin, il sacerdote di Issime che nel suo libro “Légendes et récits recueillis sur le bord du Lys”, raccolse le storie e le leggende della vallata, nella quale racconta dell’arrivo della strada a Issime. Quando io passo nei luoghi descritti nelle sue parole, mi rendo conto di come il tempo insegni che ciò che noi vediamo non è ciò che è, ma è ciò che noi siamo e che noi conosciamo!»
Ogni parola, ogni sguardo, ogni respiro lasciano trasparire l’attaccamento che Michele Musso ha per Issime, comunità alla quale ha dedicato anni di ricerche storiche per lasciare alle future generazioni la conoscenza di un territorio che, seppure considerato «minore» nulla ha da invidiare rispetto ad altre località ben più conosciute dal grande pubblico.
È l’amore per la natura e gli animali che l’attuale presidente di Augusta diventa veterinario. I fatti raccontano di un giovanissimo Michele Musso che a Torino frequenta le scuole materne, elementari, medie e le superiori diplomandosi al Liceo scientifico «Galileo Ferraris». Gli studi alla facoltà di Veterinaria lo trattengono ancora a Torino, dove nel 1996 inizia il suo lungo percorso di lavoro. «In realtà - spiega Michele Musso - fu poi mio nonno materno Giuseppe Bossotti a trasmettermi l’amore per la terra e per gli animali. Era un uomo di campagna e quando andavo da lui gioivo immensamente. Da bambino lo seguivo dovunque si recasse. Aveva le galline e se si sedeva nel pollaio ad aspettare che facessero le uova, io mi sedevo al suo fianco ad aspettare che una volta fatto l’uovo le galline cantassero. Oggi le galline degli allevamenti non cantano più! Mio nonno aveva una sua macelleria ad Asti e anche in questa attività gli stavo appiccicato come la colla, perché volevo che mi portasse con lui quando andava dagli allevatori della zona. Da loro sceglieva il vitello che avrebbe seguito nella crescita fino alla macellazione. In parole chiare seguiva personalmente dall’inizio alla fine la filiera della carne che avrebbe venduto ai suoi clienti.»
Dopo la laurea, nel 1993 Michele Musso svolse il servizio civile a Torre Pellice con la comunità dei Valdesi, un periodo che definisce «una bella esperienza, in un luogo dove parlavano il francese e il patois, fatta ai tempi dei primi arrivi in Italia di extracomunitari e della loro accoglienza».
Durante le sue lunghe vacanze estive a Issime - «salivamo subito la conclusione della scuola e tornavamo a Torino praticamente il giorno primo dell’inizio delle lezioni del nuovo anno» - un giorno Michele Musso incontra Lina Busso Hentsche del 1913 (mancata a Perloz nel 2005) che quando beveva il caffè aggiungeva un pezzo di burro, suscitando la curiosità nel ragazzo di Torino senza che questi avesse il coraggio di chiedere di assaggiare pure lui tale «stranezza». «Però - aggiunge sorridendo Michele Musso - arrivò il momento nel quale mi chiese se volevo provare il burro nel caffè e io colsi l’attimo. Mi piacque moltissimo, tanto che da allora è diventata una mia abitudine. Conobbi la signora Lina in occasione di una visita agli anziani del paese; lei mi lesse una filastrocca che a mio parere racchiude un mondo e che merita di essere ricordata oggi e in futuro. Un mattino mi chiamò e mi disse di non avere dormito la notte pensando alla poesia che mi aveva letto in italiano. Fu così che poi la lesse in töitschu. Ero emozionato, perché era una filastrocca che ormai solo lei conosceva. Ero estasiato e volli recuperarla pubblicandola nel libro “Eischemgseiti-Les dictions van a Voart”, scritto nel 2007 con Imelda Ronco ed edito dall’Associazione Augusta.»
Vale la pena allora di riportarla anche qui, nella nostra pagina dedicata a Michele Musso, la poesia citata: «Sole, sole mio / dammi un’occhiata / sono un povero pastorello nella radura / se ritiro il bestiame troppo presto mi scudisciano / se ritiro troppo tardi mi bastonano / e se ritiro all’ora giusta / mi aspetta il miglior boccone della terrina».
L’amore sviscerato per Issime e la sua gente prende definitivamente il cuore del giovane Michele Musso nel 1992, quando venticinquenne nella rivista annuale dell’Associazione Augusta, edita dal 1969, scrisse insieme a Mariangiola Bodo un articolo dal titolo «Alcune osservazioni su un toponimo perduto: Le pré des allemands» che affrontava la storia di Issime, legata all’incontro di due mondi, quello germanico e quello latino. Si trattava sicuramente di un testo al quale va oggi riconosciuto più che mai quel «Nuovo impulso per le ricerche linguistiche, e non solo, sulla comunità di Issime. Fino ad allora si raccontava dell’anomalia di Gaby, comunità francofona fra due comunità alemanne, Issime e Gressoney, senza spiegarne la ragione, come se quei mondi così diversi avessero una barriera insormontabile che ne avesse impedito la comunicazione e soprattutto avesse garantito la staticità delle dinamiche sociali nel corso dei secoli… Issime è tanto tedesca, quanto Gaby lo era stata nel passato e Gaby tanto francofona, quanto Issime nel passato».
Questa ricerca spinge sempre più Michele Musso ad affondare la sua innata curiosità storica in tutto ciò che lo circonda. A Issime, circa 250 residenti effettivi su 400 abitanti, il suo desiderio di ricercatore trova sin da subito terreno fertile grazie all’Associazione Augusta che si occupa ora come allora di divulgare e valorizzare la cultura walser, fondata nel 1967 grazie all’intuizione dell’allora sindaco di Issime Edmond Trenta, di Lucienne Faletto, di Maria Mosca, di Albert Linty, di Gustavo Buratti di Biella e della baronessa Tita von Oetinger. Dal 1969 l’associazione pubblica la sua rivista annuale e il primo presidente fu Mario Goyet, poi nel 1970 il timone passò nelle mani di Lucienne Faletto. Don Ugo Busso guidò l’Augusta dal 1982 al 2015. A lui succedettero nel 2016 Renato Perinetto e nel 2017 Sara Ronco. Da cinque anni, ricopre la carica di presidente proprio Michele Musso che dell’Associazione fa parte dal 1989.
«La nostra - evidenzia Michele Musso - è un’associazione che ha radici profonde ed è sicuramente questo il motivo che mi ha permesso di spaziare nella ricerca delle informazioni legate al nostro territorio. Per tornare all’Associazione non si può dimenticare don Busso, scomparso nel 2021, dal quale ho raccolto lo spirito dell’operato. Lavorare per Augusta e per la rivista sono due cose che mi legano profondamente alla montagna per me avvolgente e protettiva. Ricordo che ogni volta che arrivavo dalla città a Issime la montagna mi dava una sensazione fantastica. Quella sensazione la vivo ancor oggi e sono sicuro che mi accompagnerà anche negli anni futuri. Perché se è vero che sono fortemente legato a Torino, è anche vero che Issime si è presa per sempre il mio cuore.»
Così dopo avere peregrinato da una casa di vacanza a un’altra, da La Rive a altri villaggi, nel 1998 Michele Musso acquistò la sua casa Duarf, nel capoluogo, vicino alla bellissima chiesa, alle spalle del Municipio. «E’ un amore per questa terra nato sicuramente dall’amore per la montagna, per il mondo rurale della montagna, poi è il conoscere, non solo il territorio ma le persone, il contesto era walser ed i tre mesi che passavo ogni estate a Issime, dalla fine della scuola alla sua ripresa, mi hanno consentito di inserirmi pienamente in questo contesto di relazioni. E’ chiaro - conclude Michele Musso - che deve esserci una predisposizione dell’animo, per me è sempre stato importante il legame tra l’uomo e la terra, quando ero giovane questo legame a Issime era ancora più forte, perché comunque il territorio è casa.»