Incontri 6. Piermauro Reboulaz. Il Cai Valle d’Aosta (un’altra storia ancora da raccontare)
Incontri 6. Piermauro Reboulaz. Il Cai Valle d’Aosta (un’altra storia ancora da raccontare)
Di professione restauratore di opere d’arte, soprattutto in legno (tra i lavori più celebri il restauro dell’altare della Chiesa di San Martino ad Antagnod), appassionato di alpinismo e impegnato da molti anni nella tutela dell’ambiente montano, dal 2018 Piermauro Reboulaz è presidente del gruppo regionale CAI Valle d'Aosta e cura la redazione di Montagnes Valdôtaines, l’unico periodico regionale dedicato alla montagna.
Piermauro, cos'è oggi il Cai Valle d'Aosta?
«Da diversi anni il CAI a livello nazionale ha previsto la formazione di gruppi regionali che devono coordinare le sezioni e curarne le attività di comune interesse. Anche tenere i rapporti con l’Amministrazione regionale ed altre Istituzioni fa parte dei compiti richiesti, in modo da avere una voce comune che si spera maggiormente rappresentativa e incisiva rispetto alle singole espressioni più circoscritte. Le quattro sezioni sul territorio - in ordine di nascita, Aosta, Gressoney, Verrès, Châtillon - registrano poco più di 1.500 iscritti, con un’ulteriore leggera contrazione dopo il calo drastico dello scorso anno dovuto al Covid. Compito loro è organizzare tutte le attività che connotano l’azione del CAI: le uscite pratiche, in regione, ma non solo, programmi di escursionismo, sci-alpinismo, racchette da neve, mete culturali, alpinismo. Poi la formazione di frequentatori della montagna responsabili con i corsi della Scuola Amilcare Crétier e della Commissione Speleologica, che hanno patito abbastanza le restrizioni. E non dimentichiamo le attività rivolte ai più piccoli con le proposte di alpinismo giovanile per provare formare i futuri soci. E’ un compito complesso, perché le opzioni a disposizione sono tante e servirebbe anche la passione da parte dei genitori, ma sembra che i più nemmeno si ricordino di vivere in una regione di montagna! Il Gruppo Regionale, che è retto da un suo direttivo autonomo, si è focalizzato soprattutto su collaborazioni esterne che vedono una rappresentanza con partner diversi: è il caso della Fondazione Mezzalama, che promuove l’omonima gara di sci-alpinismo. Oppure, i due importanti festival cinematografici che si svolgono in estate a Valtournenche e Cogne. Al Cervino Cinemountain siamo presenti da parecchi anni, mentre con il Gran Paradiso Film Festival la partecipazione è più recente ed è un risultato di questa presidenza. Trattandosi di una rassegna che affronta tematiche naturalistiche e ambientali, possiamo così onorare la parte dello Statuto del CAI che pone in netto risalto la conoscenza e lo studio delle montagne e la difesa dell’ambiente».
A questo proposito, perché il no alla funivia di Cime Bianche?
«Ci siamo permessi di suggerire che forse sarebbe il caso di immaginare un modo diverso di far conoscere e vivere la montagna. Non è stata una decisione presa a cuor leggero, ma dopo analisi e discussioni anche al nostro interno. La spinta convincente è poi arrivata dalla Commissione Centrale Tutela Ambiente Montano che ha redatto un corposo documento in cui tratta con un approccio scientifico, basato su riscontri certi e documentati, di neve, di cambiamenti climatici, dell’industria dello sci. Nessuno nega l’importanza che nascita e sviluppo dei comprensori valdostani abbiano ancora forti ricadute positive per il turismo in regione, ma non ci sembra sensato proseguire come 30 o 50 anni fa. E quindi non troverete prese di posizioni contrarie all’ammodernamento dell’esistente, per sfruttare al meglio gli anni in cui ancora si potrà sciare; e magari saremmo anche più favorevoli se si procedesse allo smantellamento degli impianti abbandonati o a fine ciclo, operazione che non viene mai conteggiata nei costi di realizzazione dei nuovi. Ma non riusciamo a capire la ragione di invadere con una nuova infrastruttura un Vallone rimasto pressoché intatto nelle sue caratteristiche botaniche, geologiche, faunistiche; ragguardevole per lo sfruttamento rispettoso delle risorse agricole e per la storia dei transiti commerciali tra la Pianura Padana, la Valle d’Aosta ed il Vallese; e unico per le testimonianze diffuse di attività che ruotavano attorno allo sfruttamento della pietra ollare. Così abbiamo deciso di promuovere una raccolta firme per la petizione da presentare al Consiglio Valle, perché sulla questione si entri finalmente nel merito. Nella conferenza stampa di lancio sono intervenuti il presidente generale del CAI Vincenzo Torti ed il presidente del GR Piemonte Bruno Migliorati, ad evidenziare che non è solo un nostro ghiribizzo. In essa chiediamo che la competente Commissione consiliare effettui un sopralluogo conoscitivo a piedi nel Vallone, unitamente ad una delegazione dei firmatari; che sia predisposto uno specifico piano di gestione del Vallone delle Cime Bianche, parte della più vasta Zona di protezione speciale “Ambienti glaciali del gruppo del Monte Rosa”, come previsto dalla normativa, meglio ancora se nell’ambito di un Parco in continuità con quello dell’Alta Val Sesia; venga elaborato un programma di studio, documentazione e valorizzazione dell’estrazione e lavorazione della pietra ollare ad Ayas e nel Vallone; e si abbandoni ogni proposito di realizzazione di nuovi impianti di risalita in zona, ancor più anacronistici con la rapidità dell'evoluzione climatica».
L'alpinismo è nato qui, tra la conquista del Bianco e quella del Cervino. Abbiamo avuto alcune tra le più forti guide alpine della storia. La sezione valdostana del CAI è nata nel 1866 ed è una storia ancora tutta da raccontare. In Valle d’Aosta si sono compiute imprese alpinistiche eccezionali e abbiamo ancora oggi tra gli alpinisti più quotati al mondo. Quando avremo una storia dell'alpinismo valdostano?
«In effetti è un’osservazione fondata, forse nemmeno così percepita dai più. Magari nessuno ci ha mai pensato veramente perché il materiale d’indagine è molto vasto e non ci si potrebbe limitare all’agiografia consolidata. Con un lavoro approfondito di ricerca uscirebbero probabilmente molte cose nuove (a Crivellaro non sono state risparmiate frecciatine quando nella “Battaglia del Cervino” ha ricondotto nella giusta dimensione personalità e comportamenti dei diversi protagonisti desunti dall’inappuntabile ricerca d’archivio). Eppure, è una prospettiva interessante: probabilmente non sarebbe proibitivo coinvolgere rappresentanti di spicco della cultura, della ricerca storica, del mondo della montagna, dell’editoria, per un progetto che diverrebbe davvero di grande respiro. Ecco, questa può essere una di quelle iniziative che sono assolutamente nelle prerogative del CAI Regione Autonoma Valle d’Aosta».