Incontri. 2. Gherardo Priuli: le nozze d’oro con l’Alpe

Incontri. 2. Gherardo Priuli: le nozze d’oro con l’Alpe
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Nel 1971 nasceva, grazie all’iniziativa di Gherardo Priuli e Cesare Verlucca, una delle case editrici più longeve e prestigiose specializzata nell’editoria di montagna: Priuli & Verlucca, che festeggia quest’anno le nozze d’oro con l’Alpe (con qualche infedeltà per esplorare altre terre), superando la soglia dei mille volumi. Ne parliamo, nella storica sede di Scarmagno, con uno dei fondatori, Gherardo Priuli, studioso dei “legni antichi di montagna” e in particolare della decorazione a intaglio nella tradizione artigianale valdostana.

Priuli & Verlucca compie cinquant’anni, con oltre mille titoli in catalogo, un bel traguardo per una casa editrice, specie di questi tempi difficili per la carta stampata, molto lontani da quelli dell’ Ivrea di Adriano Olivetti, quando la cultura era ancora depositata essenzialmente nei libri. Qual era il progetto iniziale?

«Priuli & Verlucca nasceva nel 1971 nell’intento di dedicarsi all’editoria di montagna, più nell’accezione di civilisation che alpinistica, all’epoca disciplina poco frequentata, se non a livello specialistico. È curioso notare che il primo libro pubblicato dalla novella casa editrice nel 1971, I samaritani della roccia, che tratta di salvataggi alpini, è comunque di carattere squisitamente alpinistico. Sarebbe a dire: chi ben incomincia…».

Quali sono stati a suo avviso i libri e le riviste da voi pubblicate che hanno lasciato un segno nella cultura della montagna?

«Nei suoi primi cinquant’anni, pur con un catalogo tematico sempre più ampliato e differenziato - grazie anche a numerose coedizioni internazionali - abbiamo sempre tenuto fede allo spirito iniziale, dilatando l’obiettivo fino all’acquisizione, da Vivalda, della benemerita collana de “I Licheni” di contenuto prettamente alpinistico. Nella nostra produzione, oltre ai “I Licheni”, hanno lasciato segni importanti la collana dei “Quaderni di Cultura Alpina”, la (ahimè) chiusa rivista “L’Alpe” (edizione italiana), i volumi sulla Cartografia delle Grandi Alpi, i libri dedicati ai Musei alpini, il Grande dizionario enciclopedico delle Alpi, curato da Enrico Camanni, Poi diversi saggi di contenuto storico e antropologico che negli anni hanno arricchito il nostro palmarès (vedi nostro catalogo storico on-line). Mi piace ricordare in questa sede il recentemente scomparso dottor Aliprandi, con la moglie autori studiosi riconosciuti a livello internazionale di cartografia alpina. Ma l’elenco degli autori in cinquant’anni si è fatto lungo e in questa sede li ringrazio».

Quali difficoltà ha incontrato l'editoria di montagna negli ultimi tempi? Come è cambiata e quali settori tengono ancora?

«Purtroppo dobbiamo constatare il netto calo di interesse per i libri fotografici inerenti la montagna, che nel nostro catalogo hanno sempre avuto uno spazio importante (vedi la collana Trecentosessantagradi diretta da Attilio Boccazzi Varotto).

Dopo gli anni Ottanta-Novanta, l’editoria di montagna ha subìto alti e bassi strettamente connessi all’evoluzione del concetto stesso di montagna, alla sua cultura, alle sue attività anche alpinistiche. Ovviamente la recente discesa in campo sul tema montagna di grandi case editrici (Laterza, Il Mulino, Einaudi, Mondadori, Rizzoli) sta rivitalizzando in maniera sensibile il mercato, fatto da accogliere positivamente in funzione dell’incremento di lettori e di stimolo di mercato. Un tempo la concorrenza era soltanto Il Corbaccio, o Zanichelli, per un certo periodo; ora i nostri autori sono attratti altrove. E per quanto riguarda le riviste, con la diffusione di internet è stata la fine».

Tra le pubblicazioni più recenti cosa suggerirebbe ai nostri lettori?

«Nel nostro catalogo si sta sviluppando - con risultati importanti - l’argomento outdoor. Prova ne è il successo editoriale della serie Bushcraft da noi recentemente tradotta in italiano, che mi sento di consigliare vivamente a tutti gli appassionati della materia (non a caso è nei best seller del “New York Times”). In particolare consiglierei nel settore Outdoor, Bushcraft 101 e Bushcraft avanzato, di David Canterbury, una “Guida da campo all’arte della sopravvivenza nella natura selvaggia” che offre preziosi consigli per raccogliere e cucinare il cibo, proteggersi dalle intemperie, scegliere gli oggetti da portare con sé e costruirsi gli attrezzi necessari alla sopravvivenza per affrontare ogni emergenza, anche quella climatica. Per quanto riguarda l’alpinismo suggerirei l’ultimo “Lichene” (119), Selvaggio dentro, di Simon Yates (“l’uomo che tagliò la corda”, quella famosa a cui era appeso Joe Simpson caduto nel crepaccio), un raffinato percorso di ricerca nel campo dell’alpinismo esplorativo sulle montagne più remote e isolate del mondo. Nel settore della Civilisation alpina suggerirei “Ayas. Antropologia di un territorio”, di Saverio Favre. Luoghi, storie, leggende, fatti, di un comune di alta montagna, patria dei sabotiers, che presenta ancora peculiarità che ne fanno una realtà molto singolare. Ai valdostani amanti della tradizione, con l’avvicinarsi del Natale, consiglierei “Il tempo sospeso. Dal Natale all’Epifania”, di Alexis Bétemps. Il ciclo dei dodici giorni che va dalla notte di Natale a quella dell’Epifania quando, nella tradizione contadina che ha forgiato le nostre montagne, il tempo sacro interrompe quello profano. Un “Natale d’altri tempi” che sta a noi trasmettere in eredità».

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