«In questi dieci anni Papa Francesco ci ha dato una bella e salutare scossa che speriamo ci contagi sempre di più»

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Dieci anni fa, il 13 marzo 2013, il cardinale Jorge Mario Bergoglio diventava Papa. Abbiamo chiesto al Vescovo di Aosta, monsignor Franco Lovignana - e ad alcuni parroci della nostra regione - alcune riflessioni sui 10 anni che hanno cambiato e in parte rivoluzionato la chiesa cattolica universale.

«Vorrei innanzitutto dire che in dieci anni è cambiato il mondo. - afferma monsignor Franco Lovignana - Papa Francesco ha cercato di aiutare la Chiesa cattolica a prendere coscienza che siamo in un cambio di epoca e a mettere in valore alcune attenzioni evangeliche quali i poveri, la pace, il creato come “luoghi” della fede e non solo destinatari o oggetti di carità e di servizio».

Dieci anni che tra l’altro hanno visto la “convivenza” di due pontefici all'interno delle mura vaticane. Quale è il momento che il Vescovo ricorda come speciale?

«So di non essere originale, ma dovendo scegliere un momento che mi è rimasto impresso, non posso non fare riferimento al 27 marzo 2020, la preghiera del Papa da solo in piazza San Pietro. Sottolineo questo momento perché mi sembra rendere bene un aspetto del ministero episcopale o sacerdotale che è quello di portare a Dio la vita e la supplica del suo popolo».

In occasione del recente discorso ai cardinali per il decennale, Papa Francesco ha detto che mai avrebbe immaginato di diventare il Papa della terza guerra mondiale: crede che davvero siamo - anche se non ancora ufficialmente - coinvolti in un nuovo conflitto, innescato il 24 febbraio 2022 con l’invasione della Russia in Ucraina?

«Penso che l’espressione coniata da Papa Francesco della terza guerra mondiale a pezzi interpreti bene ciò che accade. Mi colpisce l’insistenza continua del Papa nell’invitare alla preghiera e al digiuno. Mi pare quanto mai necessaria e rilevante questa insistenza: la storia ha una dimensione trascendente che non dipende soltanto dall’impegno degli uomini; ha bisogno dell’intervento di Dio che solo può raggiungere, toccare e cambiare i cuori.»

Il Papa della gioia, lo definisce così il vicario generale della Diocesi di Aosta, il canonico Fabio Bredy: «”Evangelii gaudium” e “Gaudete et exultate” sono due documenti centrali del suo pontificato. La gioia che viene dal Vangelo, dall’incontro con il Signore Gesù e dalla scelta di seguirlo sulla via della santità. “Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia”, sottolinea con forza Francesco. La Chiesa esiste per uscire, per fare arrivare a tutti, proprio a tutti, questa bella notizia, ecco perché deve essere sempre più fedele al Vangelo. Penso che in questi 10 anni Papa Francesco ci abbia dato una bella e salutare scossa che speriamo ci contagi sempre di più».

«Quando parliamo di Papa Francesco dobbiamo toglierci il cappello. - commenta don Marian Benchea, parroco della Valle del Lys - Parla con la gente con un senso di servizio e di umiltà. Se c'è una cosa che mi piace tanto del Papa è che se c’è lui allora abbiamo delle certezze. Ora l’essere umano, nel mare tempestoso della vita, sembra non avere più certezze. Se Francesco c'è ancora, spogliato della sua sacralità regale, mi dà la certezza che non siamo ne soli, ne perdenti ma amati. Il pensiero invece che mi fa riflettere da parte sua è il suo ripetere: la globalizzazione dell’indifferenza, girare la faccia dall’altra parte e dire: “A me che importa? Non mi interessa! Non è un mio problema!”». Ammiro in lui questa insistenza - conclude don Marian Benchea - non bisogna lasciare nessuno solo. In questi dieci anni ci ha accompagnato con la sua presenza, con la sua parola - quasi tutti i sacerdoti lo citano nelle omelie domenicali -, con suo sorriso e con il suo coraggio».

A don Ugo Reggiani, sacerdote delle parrocchie del Grand Paradis torna alla mente un ricordo per lui speciale: «Quando il 20 marzo del 2014 ho concelebrato la Messa con Papa Francesco nella Cappella di Santa Marta in Vaticano, ho potuto vedere da vicino questo Papa e, senza presunzione, conoscerlo meglio. Ho visto quanto egli si immedesimava con Gesù durante la Messa: sembrava soffrire fisicamente, ma in realtà era veramente preso dal sacrificio di Cristo. Ho capito questo quando ho potuto scambiare con lui due parole. Era cambiato: con un grande sorriso e molta gioia mi ha accolto. Si sono dette tante cose in questi giorni sui dieci anni di pontificato di Francesco. Attraverso il piccolo esempio che ho raccontato, voglio sottolineare che tutti i gesti e le parole di questo Papa hanno un’unica origine: l’amore per Cristo e la passione per chi è più debole e fragile. E questo a me basta per vivere la fede e lo ringrazio di cuore».

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