Il Tar condanna il Ministero dell’Interno a risarcire l’avvocato Andrea Giunti

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Il Tar della Valle d'Aosta ha condannato il Ministero dell'Interno a risarcire con 6.000 euro l'avvocato Andrea Giunti. La somma si riferisce al danno che il legale del Foro di Aosta - secondo il Tribunale amministrativo regionale - ha patito dopo essere stato raggiunto dall'interdittiva antimafia emessa 2 anni fa dalla Questura di Aosta.

Lo stesso Tar, infatti, aveva poi annullato il provvedimento alcuni mesi dopo, nell'ottobre del 2022, perché nella normativa non è presente «Il riferimento all'adozione di informazioni interdittive nei confronti di persone fisiche non imprenditori».

Questa sentenza, non impugnata, è poi diventata definitiva. Era stata la Regione Valle d'Aosta a richiedere il rilascio della comunicazione antimafia, dopo che nel 2020 l'avvocato Andrea Giunti aveva ottenuto un contributo regionale a compensazione delle perdite di fatturato derivanti dall'emergenza pandemica da Covid-19.

Dalle verifiche della Questura, era poi emerso che l'avvocato Andrea Giunti, come la moglie, l'avvocata Maria Rita Bagalà, era stato iscritto nel registro degli indagati nell'inchiesta Alibante contro la ‘ndrangheta condotta dalla Dda di Catanzaro. Il Tar della Valle d'Aosta ha accolto il ricorso di Giunti, assistito dall'avvocato Hebert d'Herin.

«Non vi è dubbio - secondo i giudici amministrativi - che il provvedimento adottato dall'amministrazione sia illegittimo e che dallo stesso il ricorrente abbia subito un pregiudizio, correlato proprio all'interdizione dalla possibilità di contrattare con la pubblica amministrazione e, dunque, anche di assumere incarichi in favore di enti pubblici per tutto il periodo di efficacia della misura adottata dalla questura di Aosta».

Per la quantificazione del danno, il Tar ha tenuto conto del reddito documentato nell'anno precedente all'interdittiva «Limitatamente alle commesse pubbliche ricevute» e del fatto che il «Principio di rotazione nelle commesse pubbliche rende quantomeno aleatoria la possibilità di ottenere gli stessi incarichi pubblici ogni anno».

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