Il sorriso e la gentilezza di Dino Darensod erano il biglietto da visita del vino valdostano

Il sorriso e la gentilezza di Dino Darensod erano il biglietto da visita del vino valdostano
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Entusiasmo per qualsiasi cosa. Parlavi con Dino Darensod e dai suoi occhi capivi che lui immaginava già scenari futuri, si portava avanti, come aveva sempre fatto. Un entusiasmo contagioso anche quando rimanevano in pochi, lui era tra quei pochi, anche solo, per spingere le proprie idee, cavalcando nuovi progetti, pensando al domani con i piedi saldi nel presente e nel passato. La memoria è una bella cosa, ma negli ultimi anni a qualcuno difetta e quindi è bene riportare le lancette all’ora, ricordando che a Dino Darensod bisognerebbe dare il merito di essere stato il primo ad attuare l’ambiziosa iniziativa di unire tutti i prodotti valdostani sotto un marchio comune. Lui con il suo furgone bianco, su e giù nella valli del Gran Paradiso e poi più lontano ancora, a proporre sotto il marchio Con.Pro.Val. la prima rete di produttori: erano gli anni Ottanta e da Villeneuve, lungo la statale, partirono le idee che oggi tutti danno per scontate. Non era così, i prodotti valdostani venivano considerati meno di quelli della concorrenza che all’epoca, grazie ai viaggiatori di commercio, battevano le nostre località turistiche. Dino Darensod ha contributo a creare una mentalità nuova, a coinvolgere albergatori e ristoratori in scelte per prodotti più costosi ma valdostani. Proprio per questo motivo è diventato Chevalier de l’Autonomie e non poteva esserci scelta migliore da parte della Regione.

Dino Darensod, nato a Villanova Baltea il 25 maggio del 1938, in effetti venne al mondo a Aymavilles. La famiglia del papà Attilio è originaria di Sarre, quella della mamma Teodolinda Desaymonet di Jovençan. Proprio a Jovençan si trasferisce quando Teodolinda muore, lui ha dieci anni, suo fratello Angelo due. Li accoglie la grande casa dei Desaymonet, il nonno Théodule, casaro di Grimondet, la nonna Barbara Gontier, poi zie, zii, prozie e prozii. Potrebbe anche proseguire gli studi dopo le elementari, ma preferisce salire come cit al Grimondet, caula prima, mungitore ed aspirante casaro poi vicino al nonno Théodule. Nel 1956, quando ha diciott’anni perde anche il papà Attilio e così raggiunge a Aymavilles lo zio Angelo, per aiutarlo nei lavori della campagna. Ma quell’impegno non fa per lui, troppa è l’energia che ha in corpo: inizia così pala e picco, manovale in fondo al paese, agli argini della Dora, poi manovale nelle gallerie della castina a Pompiod, quindi il salto a Cogne, nella grande miniera di Colonna. Era così bello ascoltare i racconti di Dino Darensod, fotografava quella camerata - la numero 18 - e ricordava i vicini di letto, tutti di Jovençan e Aymavilles. Guadagnava bene, molto bene e nei momenti liberi scendeva a Aymavilles per aiutare lo zio Angelo. E’ il maggio del 1960 quando la rete telefonica arriva a Cogne, hanno bisogno di gente e Dino Darensod non rinuncia sicuramente ad una nuova avventura, lo stipendio è inferiore rispetto alla miniera ma a Jovençan tra nonni e zii gli hanno fatto una testa tanta sui rischi della silicosi. Sono gli anni del boom per la Valle d’Aosta e così i pochi posti telefonici pubblici vengono affiancati dalle prime cabine e soprattutto vi è un incremento esponenziale delle richieste per gli allacciamenti privati.

Dino Darensod è l’uomo giusto al posto giusto. La sua disponibilità, la sua simpatia lo fanno transitare alla Stipel che ha la concessione per la Valle d’Aosta. Sposato nel 1961 con Isotta Quendoz di Jovençan, conosciuta ai famosi pomeriggi danzanti di Villa des Fleurs a Sarre, viene trasferito a Saint-Vincent, dove si trova la sede dell’azienda che si occupa del bacino della bassa valle e della valle del Cervino. Nei primi tempi rimane legato alle linee, come manutentore delle squadre che soprattutto in inverno devono intervenire sci e scarponi ai piedi per riparare, poi passa all’installazione, entra nelle case, conosce la gente, capisce i bisogni, è il suo lavoro. Nati nel 1963 Stefania e nel 1965 Attilio, come il nonno, arriva una nuova avventura nel 1968, quando la moglie Isotta apre la cartolibreria nell’angolo tra corso Saint-Martin de Corleans e via Monte Vodice, in quegli anni molto frequentata non solo dagli aostani, come anche dagli alpini della Scuola Militare, che nelle vicine Caserme Battisti e Ramires, seguono i corsi per ufficiali e sottufficiali di complemento. Nel 1972 l’attività viene ceduta e Dino, insieme a Isotta ed ai ragazzi, si stabilisce a Aymavilles, dove aveva iniziato a vinificare il suo Petit Rouge, presentandolo nel 1971 alla prima fiera del vino ad Aosta, sotto i portici del municipio, per poi continuare come protagonista del mondo dell’associazionismo. Furono gli anni della prima Cooperativa, Donnas, nel 1971 appunto, dell’associazione viticoltori di Nus, anche nel 1971, poi delle altre a seguire. Poi è la volta delle cantine cooperative e Dino Darensod è tra i promotori delle iniziative che portano alla creazione di quelle di Arnad, Chambave, Arvier, Morgex La Salle e chiaramente Aymavilles, che prende il nome dagli undici Comuni dei suoi conferitori. Lo statuto della Cave des Onze Communes è del 1984, poi nel 1990 diventa operativa con la nuova contestata cantina, Dino Darensod è sempre in prima linea, a portare avanti le idee di tutti e soprattutto a concretizzarle. Nel 1993, quando va in pensione, assume subito la carica di presidente della Cave, dopo essere stato vice dal 1984 con Nando Martinet di Gressan presidente, di quella che oggi è la principale cooperativa della Valle d’Aosta.

Dino Darensod, diventato nel 1975 padre di Melania, con la conclusione dell’impiego alla Telecom (da caposquadra era passato in ufficio) dedica ancora più tempo al grande progetto di valorizzazione dei prodotti valdostani nel loro complesso. Del vino conosce molto, ma all’epoca i vini valdostani sono una cenerentola anche in Valle d’Aosta, quindi due sono le sue priorità, il miglioramento del prodotto e la creazione di un’innovativa rete di vendita. Il suo contributo alla viticoltura valdostana è immenso, è stato capace di sostenere gli anziani e di spronare i giovani, ha amministrato con saggezza ed equilibrio, ha aperto nuovi mercati per la Cave e per tutti i vini valdostani, contribuendo a creare un’offerta valdostana che non esisteva. Dino Darensod ha agito nella Cave des Onze Communes, nella Con.Pro.Val il primo consorzio dei prodottori, nella Cofruits e quindi nel Pain de Coucou, l’innovativo grande punto vendita di prodotti valdostani. Lui è stato un visionario per certi versi, un visionario che ha visto realizzare un nuovo sistema, facendo capire a bravissimi viticoltori che non è sufficiente creare un ottimo prodotto se poi non si è capaci a venderlo.

Pochi lo sanno ma fu Dino Darensod il braccio operativo della Regione per il rilancio della Veillà ormai scomparsa dalla Fiera di Sant’Orso, che rinacque nel cortile di Palazzo Ansermin il 30 gennaio del 1996. Anche solo immaginare un elenco di quanto da lui portato a termine è impossibile, però di ricordi, bei ricordi, ne conserviamo tanti e tra i molti come dimenticare quando allestì lo stand della Valle d’Aosta alle celebrazioni di Assisi e malgrado fosse sceso con il furgone pieno dopo il primo giorno non rimase nulla, ma proprio nulla da vendere. Dino Darensod guardò il banco vuoto, chiuse lo stand e tornò ad Aosta, dove arrivò nella notte dopo settecento chilometri, caricò e ripartì e al mattino aprì lo spazio, vendette tutto, felice, senza accusare la stanchezza, spinto sempre dalla sua voglia di fare, di essere protagonista positivo, di aiutare gli altri.

Questo e molto più era Dino Darensod. La folla di Aymavilles martedì scorso lo ha testimoniato e le parole cantate di Montagnes Valdotaines lo hanno sottolineato nel cimitero pieno di amici, di sinceri estimatori. Venerdì Dino era tornato a casa dopo un periodo di ricovero e il giorno di Pasqua ci ha lasciati, soprattutto ha lasciato a noi tutti un esempio e una strada da seguire.

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