Il “Sasso Preuss”, icona dell’alpinismo offesa e cancellata dal menefreghismo

Il “Sasso Preuss”, icona dell’alpinismo offesa e cancellata dal menefreghismo
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Era l’estate del 1912, esattamente 110 anni fa, quando il famoso alpinista austriaco Paul Preuss all’epoca 26enne vide per la prima volta Courmayeur e le sue montagne. Esattamente arrivò lunedì 22 luglio, reduce l’anno precedente da un’impresa straordinaria e senza precedenti, la parete est del Campanile Basso, scalata in solitaria senza corda ma solamente arrampicando, un’ascensione che lo ha reso ammirato da tutti.

Paul Preuss infatti affronta l’alpinismo con la sua personale filosofia, che tanta eco ebbe ai suoi tempi e negli anni seguenti: nessun mezzo artificiale sia concesso a chi affronta la montagna, ma si conti esclusivamente sulle proprie capacità. Soltanto così il rapporto uomo-montagna può essere veramente leale. Per questa ragione ancora oggi piace tanto a quanti credono in un alpinismo “in sintonia con la natura”, al punto da essere considerato il padre spirituale dell’arrampicata libera.

E in quell’estate del 1912 Paul Preuss è a Courmayeur, dove però la neve è attestata a quota 2.500 e scalare è problematico. Quindi pure lui si adegua, frequenta gli altri alpinisti, passeggia con loro fino al Mont Chetif e alla Testa Bernarda, li incontra nei caffè e negli alberghi del paese, ma soprattutto scopre un masso, nella piana sotto La Saxe, un masso erratico, isolato nel verde. Un grande sasso che per la gente del posto e gli alpinisti diventa il “Sasso Preuss”, perché è sulle sue pareti che Paul Preuss passa ore e ore a scalare per allenarsi, visto che la neve così bassa gli impedisce di fare altro.

Anzi qualcosa di altro purtroppo succede. Lunedì 12 agosto Paul Preuss sale fino alla Capanna Gamba aspettando il tempo ideale e lassù incontra Humphrey Jones, uno dei migliori alpinisti gallesi, sua moglie Muriel Edwards, sposata appena 2 settimane prima, e la loro guida, lo svizzero Julius Truffer. Così 3 giorni dopo, giovedì 15, giorno di Ferragosto, Preuss si unisce a loro per salire il Mont Rouge de Peuterey. Lo scalatore austriaco non si lega e va da solo, è il primo sulla parete quando sono a metà scalata, sotto di lui Truffer si vede mancare l’appoggio e precipita trascinando pure Jones e la moglie.

Dopo questa tragedia, Paul Preuss tornerà in Valle d’Aosta l’anno successivo, a fine inverno per salire - in prima assoluta - con gli sci il Gran Paradiso poi in luglio e in agosto a Courmayeur per compiere numerose ascensioni come la prima del Pic Gamba e l’apertura della “Via Preuss” sulla Punta dell’Innominata, Nei giorni in cui non si trova in alto, con i suoi amici e colleghi di avventure trascorre molte ore insieme al “suo” sasso, arrampicando e divertendosi. Sono i suoi ultimi giorni felici, settembre è piovoso in Austria a Altauassee, il suo paese, poi a ottobre il destino fatale lo attende: giovedì 3 è solo sul Mandlkogen, cosa succede non si sa, come sempre arrampicava da solo.

La morte di Paul Preuss come spesso accade ne amplifica la figura di grande alpinista, di arrampicatore eccezionale e così pure il “Sasso Preuss” diventa una sorta di luogo di culto per tutti coloro che amano la montagna. Dagli stranieri agli italiani tutti provano a cimentarsi con il “Sasso Preuss” siano essi guide, alpinisti di fama, bambini e ragazzi, alpini dell’Esercito. A Walter Bonatti piace molto trascorrere del tempo sul “Sasso Preuss” così come a Gaston Rébuffat, a Kurt Diemberger, a Giusto Gervasutti e ad Alessandro Gogna, tanto per citarne alcuni, che si sono allenati, hanno scalato, hanno consumato scarponi e dita sul suo ruvido granito. Oppure Gabriele Boccalatte che con gli amici lo frequentava quando il tempo non consentiva di salire in alto.

Poi, migliorate le tecniche di arrampicata, con sempre più praticanti, era diventato la meta del bouldering, la disciplina che utilizza massi di modesta altezza ed elevata difficoltà. Dove i moderni climbers testano le loro capacità, senza usare le corde, ma solamente dei materassini da posizionare alla base della via prescelta, per proteggersi da un eventuale salto all’indietro.

Ma nell’agosto del 2016 è diventato chiaro a tutti gli appassionati della storia dell’alpinismo che il cantiere piazzato nel 2014 per quello che sarebbe diventato il condominio “Maison Prois” (come si legge si scrive, santa ignoranza!) non avrebbe rispettato il “Sasso Preuss” come invece previsto pure dal rendering che lo vedeva opportunamente valorizzato. Invece la terra lo ha sepolto e quello che emerge non è più lui, ma una lingua di roccia. Parole durissime furono usate all’epoca, Enrico Camanni ad esempio scrisse senza mezzi termini «Era meglio se ne facevano ghiaia. Molto meglio. Il “Sasso Preuss” è stato un luogo di culto per gli scalatori di mezzo secolo. Adesso resterà lì nel cemento, in un angolo triste del nuovo complesso residenziale. Meglio ghiaia, credetemi». Altri ancora scrissero «Quello che lascia interdetti è che in un’epoca in cui si abusa del termine “tradizione”, anche questa memoria storica sia cancellata», facendo esplicito riferimento a come il “Sasso Preuss” faccia parte integrante della storia dell’alpinismo mondiale.

Da parte sua Alessandra Miletto, attuale direttrice della Film Commission Vallée d’Aoste, perciò figura importante per la valorizzazione dei luoghi della nostra regione, ad agosto di 6 anni fa mise nero su bianco: «E’ stato garantito che il “Sasso Preuss” sarà accessibile al pubblico e circondato da un giardino, anche se su un terreno privato. Il che, visto l’oblio e l’abbandono in cui è stato lasciato per anni soprattutto dagli alpinisti, è un bel salto di qualità.»

Invece nulla di tutto ciò è successo, tanto che nel 2019 venne interessato il sindaco di Courmayeur Stefano Miserocchi dalla guida alpina Vittorio Bigio, con una lettera che raccolse molti consensi. «Ricoprire di terra il “Sasso Preuss” è stato come distruggere una tomba dei Salassi. Iconoclasta senza giustificazioni chi ha concesso l’autorizzazione per quella devastazione. Si può ancora salvare questo pezzo di storia alpinistica della Valle d’Aosta? Ebbene si, se un Sindaco illuminato darà ordine alle ruspe di togliere, con pochi colpi, la terra, fare tracciare un sentiero di accesso, segnalare il “Sasso Preuss” sulla strada con un cartello e apporre una elegante targa esplicativa alla sua base.»

Magari sarà stata la pandemia, ma di risposte sembra non ne siano pervenute ed anche l’attuale sindaco di Courmayeur Roberto Rota, contattato nei giorni scorsi, non ne sa nulla, anzi. Comunque come scritto da Vittorio Bigio e come pensano in tanti non sarebbe proprio così complicato valorizzare il “Sasso Preuss” come meriterebbe. Basterebbe rispettare quanto indicato nel progetto e non invece quanto poi fatto, ricoprendolo di terra. Sarebbe sufficiente la buona volontà dei vari soggetti, con la consapevolezza che in altri paesi civili - potremmo prendere come esempio gli Stati Uniti - un monumento storico naturale come il “Sasso Preuss” sarebbe immortalato in migliaia di selfies. E poi chi non vorrebbe mettere le proprie mani dove le misero Preuss, Bonatti, Gervasutti, Rébuffat, Boccalatte, una cosa straordinaria ed emozionante. Perché quindi non ridare dignità e rispetto a questo luogo, così importante per la storia dell’alpinismo e pure della Valle d’Aosta, come terra di montagna e di grandi guide?

Il progetto del condominio con la valorizzazione del “Sasso Preuss” e l’ingresso attuale del complesso. Sotto, da sinistra, il “Sasso Preuss” ricoperto di terra e come si presentava prima della costruzione dell’immobile

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