Il ricordo di Daniele Ronc: “La sua bontà toccava l'anima profonda della gente”

Il ricordo di Daniele Ronc: “La sua bontà toccava l'anima profonda della gente”
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Pubblichiamo un ricordo di Giuseppe Tutel scritto da Daniele Ronc.

«Giuseppe abitava al Cret, la frazione alta di Saint-Barthélemy incastonata tra le magnifiche montagne, una casa semplice, una specie di “rifugio” dove chi passava si fermava a salutare Giuseppe che esercitava sulle persone una specie di calamita. Il motivo esatto per cui questo accadesse non lo so, forse perché era una persona eccezionalmente buona che sapeva ascoltare senza giudicare, che aveva sempre una soluzione ai problemi che la gente gli confidava quasi magicamente, una scrollata di spalle un sorriso e ogni cosa assumeva un'importanza, una gravità più lieve e modesta. Quella casa era vera, calda e accogliente, la stufa sempre accesa con la cesta di legna vicina, la minestra, il bollito che cuoceva, il pentolino con acqua calda in cui faceva il caffè che aveva il sapore dei tempi passati. Quanta gente passava, Giuseppe viveva da solo ma solo non lo era mai. Era gentile, disponibile con tutti, di sicuro non era una casa finta di quelle case fredde in cui tutto è perfetto, con la bambolina in stoffa ricamata seduta sul divano in cui non si vive, dove si accolgono gli ospiti a cui si vuole apparire perfetti. Giuseppe era unico perché non aveva maschere dietro cui nascondersi, lui era così, semplice, genuino, vero: una virtù in questo mondo in cui si vuole sembrare diversi da come siamo.

In un mondo virtuale dove conta avere l'auto di nuova generazione e l’ultimo telefonino, tutto moderno, finto come gli amici virtuali di Facebook e Instagram, lui per questa semplicità aveva amici veri che si fermavano per bere un bicchiere insieme, parlare di mucche e di reines, di fieno e mangime e del fantastico e tanto adorato sport di sci di fondo in inverno e dello tsan. Di Giuseppe ognuno conserva degli aneddoti perché lui riusciva con la sua bontà a toccare il cuore, l'anima profonda della gente. In quella casa si respirava l'amore per il prossimo.

Tutti volevano bene a Giuseppe: le persone e anche gli animali, le galline che dopo pranzo aspettavano le briciole gettate dalla finestra, i cani qualche osso, era qualcosa di magico che lì sembrava essersi fermato con il tempo. Un aneddoto che ricorderò per sempre è quando anni fa la mamma di Giuseppe, la signora Matilde a cui Giuseppe si rivolgeva sempre dandole del lei perché così si usava e così voleva la tradizione, un giorno d'inverno quando Giuseppe aveva la stalla piena di mucche da mungere e accudire prese una forte influenza con tanto di febbre e soffocante tosse. Matilde che aveva 90 anni di nascosto dal figlio prese il telefono posato li vicino alla stufa e chiamo in Marocco l'operaio che aveva un nome arabo ma Giuseppe aveva ribattezzato Stefano di venire ad aiutare suo figlio. Giuseppe se lo vide arrivare con tanto di bagaglio e gli chiese “cosa fai qui?”, lui rispose “Matilde ha chiamato; tu malato io aiutare”. Tutto finì in una risata piena di amore vero che solo una mamma può avere per un figlio.

Giuseppe credeva in Dio e si recava sempre a Messa dei defunti, anche a Natale era sceso a Lignan per santificare il Santo Natale. Poi si era fermato a pranzo con il suo adorato amico Stefano che lavora per Don Giuliano. Buon Natale Giuseppe gli dicevano tutti e lui rispondeva con un sorriso. Due giorni dopo Gesù è venuto a prenderlo come avrebbe sempre desiderato lui, non in una fredda stanza di ospedale ma lì nella sua casa tra calde coperte per raggiungere il sole del paradiso che aveva sempre in tasca. Buon viaggio Giuseppe “Geppo” “Giogé” come ti chiamavano gli amici ora in cielo ti aspetta Matilde con quell'abbraccio materno di una Madonna che stringe il Gesù Cristo Bambino al suo petto per l'eternità».

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