Il monito dell’ex primario di Urologia Paolo Pierini “Serve un ospedale nuovo di ultima generazione”

Il monito dell’ex primario di Urologia Paolo Pierini “Serve un ospedale nuovo di ultima generazione”
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Un ospedale del terzo millennio, sicuro, che rispetti le normative, abbia spazi flessibili e si paghi da sé: insomma un ospedale nuovo è la proposta di "ValléeSanté per un progetto salute 2030". «Si può fare - dice il dottor Paolo Pierini, già direttore della struttura complessa di Urologia del Parini di Aosta e vicepresidente del Comitato - Ne abbiamo diversi esempi, anche molto recenti, come l'ospedale di Garbagnate Milanese o quelle di Annemasse, in Francia. È necessario però un nuovo approccio culturale, un cambiamento nell’angolo di visuale. L’ospedale deve essere il luogo dell’accoglienza e dell’ospitalità, dell’attenzione e della cura, un luogo a misura d’uomo, centrato sulla persona e sulle sue esigenze, non solo su quelle degli operatori o dei politici».

Ecco allora il dialogo stretto con Palazzo regionale, andando al di là delle preferenze politiche ma guardando gli incarichi istituzionali: è dello scorso Consiglio Valle l'interpellanza del consigliere Luca Distort, sulla gestione dei ritrovamenti archeologici e la realizzazione del progetto di ampliamento. Intanto continua la promozione della petizione per il nuovo ospedale, che alla fine dell'anno contava già 600 firme. «Stiamo cercando di dialogare con i politici - continua Paolo Pierini - perché si tratta di riorganizzare non solo l'ospedale ma anche la gestione sanitaria sul territorio, motivo per cui riprenderemo presto le nostre iniziative di sensibilizzazione rivolte al pubblico ma anche alla politica». «Siamo assolutamente contro l'ampliamento - aggiunge - perché la costruzione di una struttura nuova accanto a quella esistente da 80 anni, anche se verrebbe ristrutturata, costerebbe molto e non rispetterebbe comunque i requisiti di un moderno ospedale. La soluzione adottata in diversi casi è l'accesso a finanziamenti sia pubblici che privati. Il nuovo ospedale dovrebbe rispettare criteri particolari, dalla sicurezza sismica alle norme anti incendio, l'impiantistica dovrebbe essere di un certo tipo, ma soprattutto l'intera struttura deve essere modulare e flessibile».

I reparti "rigidi" lascerebbero spazio ad una gestione più fluida. «Ora i reparti vengono costruiti soprattutto per intensità di cura - continua il medico - mentre servirebbe la possibilità di ampliare e restringere, trasformare gli spazi in base alle necessità o alle emergenze del momento. I reparti dovrebbero essere centrati sul paziente con criteri di umanizzazione, non solo nella somministrazione delle cure ma anche nell'assistenza e nell'organizzazione ambientale, prevedendo spazi sociali. Un ospedale ben costruito, con efficientamento energetico, nel verde, con percorsi separati per pazienti e utenti esterni, porterebbe ad un forte risparmio sui costi di gestione, rispetto ad un ospedale ristrutturato: come dicono studi dell'università Bocconi e della Fondazione Veronesi, in meno di 10 anni, con un risparmio del 20 per cento, ci si potrebbe ripagare i lavori».

I costi di ristrutturazione e ampliamento previsti raggiungono i 170 milioni. «Per il nuovo - ribatte il dottor Paolo Pierini - contando anche il terreno, si potrebbe stare fra i 150 e i 170 per 350 posti letto. Abbiamo l'esempio dell'ospedale di Annemasse, che serve un bacino di utenza 180 abitanti. I primi incontri sono del 2006, l'anno dopo hanno stipulato un accordo pubblico-privato, i lavori sono durati dal 2008 al 2012, per 370 posti letto e un costo di 147 milioni di euro».

Accanto al nuovo ospedale ci dovrebbe essere una riorganizzazione della sanità sul territorio. «Il Recovery Fund prevede le Case della salute - spiega ancora Paolo Pierini - che esistono già da tempo per esempio in Toscana e Lazio. Potrebbe essere la destinazione del vecchio “Parini”: le Case della salute servono come filtro per ricoveri ospedalieri, limitando gli accessi in pronto soccorso e i ricoveri inappropriati, così come gli Ospedali di Comunità, che richiedono bassa intensità di cura, per il paziente operato o non più acuto, che ha bisogno di assistenza non complessa. Sarebbero una struttura intermedia tra ospedale e territorio, a doppia direzione, per chi non può andare ancora a casa o per chi ha bisogno di cure poco complesse, e quindi non gli serve l'ospedale».

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