Il minatore e alpino che divenne scultore Nus ha dato l’ultimo saluto a Silvio Money
E’ mancato nella notte tra venerdì 5 e sabato 6 agosto scorsi, tra il giorno dedicato alla Madonna delle Nevi di Cuney - di cui era devoto - e quello della Foire d’Eté, che ha segnato la sua carriera di scultore. Silvio Money lascia un vuoto nel cuore di chi gli voleva bene e anche tra i banchi della Fiera di Sant’Orso, dove i suoi oggetti per la casa, le sue sculture e le sue posate in legno erano sempre ricercatissimi dagli appassionati, in piazza Chanoux d’inverno e in via Porta Pretoria in occasione della fiera estiva.
Il legno, la terra, l’opera delle mani hanno caratterizzato la sua vita di gran lavoratore, che non si è mai risparmiato. Fin da bambino, quando - nono dei dieci figli di Maurizio Money e Giuditta Allion, nato in una stalla del villaggio di Tolasèche, a Nus - a soli nove anni già saliva in alpeggio a Chaligne a fare il “cit”, con le sveglie all’alba per accudire gli animali. Ogni anno, il 16 agosto, andava ancora a Punta Chaligne - anche nel 2021, ma solo fino alla fine della strada sterrata, perché le forze iniziavano ormai a venire meno - per rivedere con i suoi occhi i luoghi della sua infanzia. Tanti lavori da ragazzo, e poi l’occasione dell’impiego alle miniere di Colonna, a Cogne, dove rimase per 18 anni, facendo anche parte della commissione interna del sindacato dei minatori. Sposato con Rita Chapellu nel 1958, vissero a Cogne per il periodo in cui lavorò in miniera. Ma Silvio Money non dimenticò mai le sue radici di Nus: anzi, da Cogne scendeva per adoperarsi in prima persona - pure con l’aiuto di papà Maurizio - alla realizzazione della nuova casa di Les Plantayes, dove la famiglia andò a vivere una volta che Silvio fu trasferito nello stabilimento della Cogne ad Aosta, nel reparto in cui arrivavano le benne cariche di materiale.
Con la pensione, iniziò la seconda parte della sua vita. Seguì a Nus un corso di scultura del maestro Dario Berlier e da quel momento si appassionò sempre più, partecipando alle Fiere di Sant’Orso di Aosta e di Donnas a partire dal 1982 e non perdendone nemmeno una. Cominciò con gli arredi per la casa - dai portafrutta, ai taglieri, ai copapan - per poi realizzare anche sculture di grandi dimensioni - di San Grato e di Papa Paolo VI, ad esempio, o un bel bassorilievo in cui, prendendo ispirazione da una vecchia fotografia, si ritraeva intento nel lavoro in miniera - e specializzandosi infine nella produzione completamente a mano di posate in legno, che in tanti apprezzavano e di cui i più affezionati acquistavano ogni anno qualche pezzo, per completare il servizio. Per lui - chiacchierone ed espansivo, con sempre una gran voglia di cantare, di ballare e di stare insieme - le fiere erano un giorno di festa. Gli piaceva parlare con le persone, raccontare la nascita delle sue opere, la storia del legno diventato, grazie al suo lavoro, oggetto di artigianato, opera d’arte. Per anni partecipò alla mostra concorso, ottenendo anche numerosi riconoscimenti di prestigio. Orgoglioso di essere alpino, membro del gruppo storico di Nus, ha saputo lasciare un segno nella vita del paese e nei tanti che lo hanno conosciuto. I suoi funerali sono stati celebrati lunedì scorso, 8 agosto, nella chiesa parrocchiale di Nus. Oltre alla moglie Rita, lascia le figlie Tiziana ed Erica con il figlio Julien Pession e la sorella Marcella.