Il messaggio di Hans Nicolussi Caviglia “Ragazzi, credetemi: state a casa!”
Hans Nicolussi Caviglia è rimasto a Perugia. La crisi del Covid-19 ha fermato il calcio: in Italia sembrava impossibile, ma anche il dorato mondo del pallone ha dovuto arrendersi. Il centrocampista di Valsavarenche, che compirà vent’anni il prossimo 18 giugno, dal settembre scorso è in Umbria per vestire la maglia del Grifone. Nel campionato cadetto ha giocato per il momento 17 partite e messo a segno 4 assist, senza dimenticare il suo primo gol da professionista contro il Sassuolo in Coppa Italia. La formazione biancorossa, prima della pausa forzata, viveva un momento difficile nonostante il ritorno dell’allenatore Serse Cosmi, protagonista dell’ultima esperienza in serie A degli umbri. Ora, però, l’attenzione è puntata su un’altra questione, il Coronavirus.
Hans, come vive questo periodo di quarantena forzata un giocatore professionista?
“Il calciatore è prima di tutto una persona. Stiamo condividendo tutti una crisi sanitaria, ma non solo, senza precedenti. Penso che in questo tempo di isolamento in cui siamo costretti a vivere per il bene individuale e comune, ognuno di noi debba fare il massimo per conservare la forza fisica e maturare quella interiore. Questa esperienza tragica non può passare senza averci insegnato qualcosa sul senso dello stare al mondo”.
Quali sono i segreti per mantenere la condizione fisica nonostante l’isolamento?
“Nessun segreto… La condizione fisica va allenata, anche individualmente. Ogni giorno svolgo il programma che il team del Perugia ha elaborato per i giocatori della squadra. E cerco di mangiare cose sane. Ma lo sport non è solo condizione fisica. Il calcio mi ha insegnato nella pratica quanto corpo e mente siano collegati. Finito l’allenamento non bisogna lasciarsi andare all’inerzia né buttare il tempo, ma sapere trovare gli stimoli per valorizzarlo, ognuno a modo suo, anche cercando dentro di sé dove magari prima non si aveva avuto il tempo di guardare”.
Come pensi che possa evolvere questa situazione: ti manca il calcio giocato, gli allenamenti con i tuoi compagni?
“Come si possa evolvere questa situazione non sta a me dirlo, non mi permetto di sovrappormi agli scienziati e a chi si sta occupando in prima linea di questa crisi. Quanto al calcio giocato, certo che mi manca. Mi manca infinitamente”.
Vista la classifica molto corta di questo campionato, la pausa forzata potrebbe cambiare gli equilibri in campo alla ripresa?
“Questa crisi ha cambiato tutti gli equilibri della vita quotidiana, quella di tutti i giorni. Per il futuro, anche solo prossimo, della classifica di campionato, sarà il campo a parlare”.
Sei un ragazzo giovane e famoso: quale suggerimento ti senti di fare ai tuoi coetanei in questo momento difficile?
“E’ il tempo della consapevolezza. Ognuno di noi ha la responsabilità del proprio comportamento di fronte a se stesso e agli altri. Tutti insieme dobbiamo fare il possibile nel bene della nostra comunità di esseri umani. C’è chi lavora in corsia d’ospedale con turni interminabili e mettendo a repentaglio la propria incolumità, c’è chi è in sofferenza e c’è anche chi muore. Non è possibile che tutti gli altri, cioè noi, non si capisca che dobbiamo essere responsabili! Per noi ora fare il possibile vuol dire questo: rallentare, fermarsi. Chi non ha amore per il mondo, abbia rispetto. Per dirla come Stefano Benni, Prima o poi l’amore arriva. Meglio prima. State a casa. Io sto a casa!”