Il libro che non c’è ancora (ma ci siamo molto vicini). 4. L’occasione mancata

Il libro che non c’è ancora (ma ci siamo molto vicini). 4. L’occasione mancata
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Il libro che non c’è ancora (ma ci siamo molto vicini). 4. L’occasione mancata

Qualcosa è andato storto nel settembre del 1944. Cosa impedì alla Valle d’Aosta di essere liberata dal versante francese? Un diktat degli anglo-americani? Un’intensa nevicata? Gli errori della diplomazia francese? Le divisioni interne alla Resistenza valdostana? Al governo provvisorio di Francia? Di sicuro si è persa un’occasione non solo di liberare la Valle d’Aosta, ma forse anche di liberare l’Italia con sei mesi di anticipo.

La principale difficoltà del “Piano 26” (di cui alla puntata precedente) era che bisognava agire molto in fretta. Bisognava occupare i valichi alpini prima la neve li rendesse impraticabili e i nazifascisti riorganizzassero le difese. Una finestra strettissima. L’ultima settimana di agosto la Francia era libera e gli alleati avevano raggiunto le Alpi. I tedeschi si stavano ritirando precipitosamente. I partigiani della Bassa Valle e del Canavese (in prevalenza comunisti) attendevano solo l’ordine di far saltare i collegamenti stradali e ferroviari tra Bard e Quincinetto per bloccare il movimento di truppe motorizzate. Le bande partigiane della Media e Alta Valle (dove militavano prevalentemente gruppi autonomi, azionisti o cattolici) aspettavano l’ordine di scendere su Aosta, prendere la città e tagliare le linee di comunicazione con il Piccolo San Bernardo, l’unico passo accessibile ai mezzi corazzati, ben difeso dai nazifascisti. Gi altri valichi, dal col de la Seigne al col du Mont, erano in mano ai partigiani.

Militarmente l’operazione era possibile e non solo avrebbe liberato la Valle d’Aosta (probabilmente con una dura battaglia, perché comunque c’erano un migliaio di tedeschi, con ostaggi civili, e almeno quattro o cinquemila militi fascisti; oppure con la grande risorsa della mediazione del clero …), ma avrebbe aperto agli alleati un corridoio verso la pianura padana consentendo di aggirare le difese della linea gotica e, chissà, forse, persino costringere i tedeschi a lasciare il nord Italia.

I francesi, o meglio bisognerebbe dire i seguaci del generale De Gaulle, perché il governo ufficiale mantenne sempre una posizione prudente, commisero però un grave errore. Anziché rassicurare gli alleati, il governo italiano e il CLN sulle finalità puramente militari dell’operazione, rimandando a guerra finita le questioni di frontiera, proclamarono a gran voce la volontà di annettersi la Valle d’Aosta e impadronirsi delle sue risorse idroelettriche. Praticamente una dichiarazione di guerra alla nuova Italia che adesso, al di là di tutte le sue colpe precedenti, era una nazione alleata. Come pensavano di passarla liscia?

(Detto per inciso: mi sembra un errore così grosso da farmi pensare che il governo francese non volesse davvero annettersi la Valle d’Aosta, ma piuttosto di giocarsela nelle trattative del dopoguerra. Magari garantirsi l’integrità del ben più importante impero coloniale. Viene spontaneo il confronto con quanto accadde sul fronte orientale. Anche i russi volevano annettersi Polonia, Paesi Baltici e Moldavia, ma si son ben guardati dal proclamarlo prima. L’Armata Rossa ha semplicemente inseguito i tedeschi fino a Berlino. Poi, a giochi fatti, hanno parlato delle frontiere).

Ovviamente i nodi vennero subito al pettine. Quando Federico Chabod, il 15 agosto 1944 , discutendo a Valsavarenche con Cesare Ollietti , rimase incredulo del suo improvviso amore verso la Francia (solo un mese prima, tutti convinti che Liberazione fosse imminente, discutevano ancora della partecipazione di un “Battaglione Aosta” alla liberazione di Milano o di Torino), il panico si diffuse tra gli “italiani”. E il motivo era chiaro, lo si legge in tutti i frenetici carteggi di quei giorni: la ripresa economica del nord-Italia dipendeva dalle centrali idroelettriche ancora intatte della Valle d’Aosta.

Le proclamate intenzioni di Francia lacerarono la Resistenza valdostana: quale bandiera andava issata sui Municipi: francese, italiana, americana? Rossa, rossonera, biancorossa croce sabauda? Chi doveva occupare materialmente la Valle: i soldati francesi (o sarebbe meglio dire le truppe marocchine agli ordini di ufficiali francesi) o gli anglo-americani? E dopo, cosa sarebbe accaduto? Un’altra guerra, questa volta fra “italiani” e “francesi”?

Così, il 29 agosto, il CLN Alta Italia invia da Lugano un telegramma al Quartier Generale Alleato chiedendogli di bloccare ogni iniziativa francese e far intervenire al loro posto truppe americane. L’ordine verrà immediatamente trasmesso dagli anglo-americani al governo francese. Intanto, in Valle d’Aosta, il CLN cerca di esautorare Cesare Ollietti dal comando partigiano sostituendolo con il generale Magliano, inviato in Valle d’Aosta con il compito esplicito di stroncare il movimento annessionista.

Ne conseguì che, ai primi di settembre, anziché inseguire i tedeschi in rotta oltre i valichi alpini, i francesi inviarono un gruppo di uomini dei servizi segreti, la “Mission Fasso”, per cercare di comprendere l’orientamento dei valdostani ed esporre loro i vantaggi del progetto annessionista: francese come lingua ufficiale, traforo del Monte Bianco, facilitazione dell’emigrazione, maggiore autonomia ed esportazione dell’energia idroelettrica verso la Francia. Uno di questi punti era chiaramente irricevibile.

La risposta italiana è nota: su pressione di Federico Chabod, il CLN Piemonte promette alla Valle d’Aosta un’autonomia all’interno dello Stato italiano …

Ma questa è un’altra storia, molto più nota, su cui di libri ce ne sono tanti, anche se le valutazioni degli storici, come quelle dei politici, continuano a essere molto divise. Per quanto riguarda la nostra storia, quella del primo tentativo di annessione alla Francia, possiamo solo dire che alla metà di settembre l’attimo propizio era svanito. Tedeschi e militi di Salò, almeno triplicati di numero in pochi giorni, avevano rioccupato solidamente tutti i valichi alpini. La linea ferroviaria e i ponti stradali non erano saltati e i reparti mobili tedeschi e repubblicani potevano muoversi con facilità. Il 6 ottobre un’imponente nevicata rese impercorribili i valichi di frontiera. Il 19 ottobre il generale Eisenhower in persona vietò a tutte le truppe francesi di operare ad est delle Alpi.

Tutto era rimandato alla primavera del ’45.

(continua)

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