«Il governo ci manda l’elemosina mentre eroga adeguamenti salariali ai dipendenti pubblici»
E’ stato il primo a uscire allo scoperto, nel pomeriggio di domenica scorsa, 21 marzo. «È drammaticamente deludente scoprire che economisti del calibro del Presidente Draghi e del Ministro Franco possano ritenere adeguati importi così intangibili rispetto al volume reale delle ingenti perdite subite». Parole dell'albergatore valdostano Alessandro Cavaliere, già presidente Adava e ora membro della Giunta esecutiva nazionale di Federalberghi.
«Se da un lato penso che il lavoro collegiale compiuto nelle ultime settimane a favore del mondo della montagna abbia portato almeno qualche piccolo frutto sulla quota di sostegni destinata in particolar modo agli impianti a fune - aggiunge - dall’altra provo profondo sconcerto nel dover soppesare l’intangibile indennizzo che arriverà agli operatori economici del turismo che hanno pagato, e stanno tuttora pagando, il prezzo più alto di questa pandemia». Alessandro Cavaliere fa un esempio: «Un’azienda che nel 2020 ha perso 600mila euro di fatturato rispetto al 2019 riceverà un sostegno di 20mila euro, un’altra che ne ha persi 1,2 milioni riceverà un sostegno di 30mila euro. È drammaticamente deludente».
«Ho sempre cercato di pensare positivo, di fare forza in famiglia per riuscire a continuare a credere nel nostro sogno: essere albergatori» afferma Giorgia Vigna Lasina presidente Jeunes Hôteliers Valdôtains, che gestisce l’Albergo Ristorante Le Coeur du Pont a Donnas. «Questo decreto mi fa riflettere su quanto sia vano voler inseguire i propri sogni. Se a marzo 2020 i nostri animi erano pieni di energie e speranza, dopo esattamente 365 giorni l'energia è diventata disperazione e la speranza incertezza. Come giovane di un'azienda, di un settore e dell'Italia voglio credere che per il nostro futuro si possa fare di meglio. Voglio credere che i sacrifici fatti dai nostri bis nonni, nonni e genitori per riuscire a creare un futuro migliore per noi non siano stati inutili».
«Dopo il periodo iniziale dove c’era l’incertezza assoluta, siamo passati alla speranza dei vaccini e dei cosiddetti ristori, poi la rassegnazione, ora la delusione e la rabbia. - sostiene Jonny Lale Murix dell’Hotel Notre Maison a Vetan di Saint-Pierre - Considero la situazione attuale una guerra per il virus e soprattutto economica. Oltre a costi mensili che da soli ci hanno obbligati a indebitarci, abbiamo grosse problematiche anche a livello organizzativo aziendale. Difficile pensare di fare investimenti anche se ne avremmo bisogno, dobbiamo essere pronti alla ripartenza. Qualche aiuto a livello regionale è arrivato, ad esempio il contributo per l’acquisto dei prodotti tipici. Trovo sia geniale perché aiuta noi albergatori per i futuri acquisti e anche i produttori di vino e fontina per esempio. A settembre saremo obbligati a cambiare pure tutte le tv delle nostre camere, ciò che comporterà una spesa che al momento diventa difficile ipotizzare. La rabbia arriva dalla presa in giro dei ristori: se fossero stati calcolati dall’inizio della pandemia, quindi il 10 marzo 2020 data delle chiusure delle nostre aziende, forse qualcuno in più - come ad esempio la mia azienda - avrebbe potuto avere diritto agli indennizzi».
«Ristori? Questi sono stati “spacciati” per aiuti, però se uno che ha perso 400mila euro di fatturato ne riceve solo 9mila, che ristori sono?». Luigi Lanier, titolare dell’Hotel dei Camosci di Courmayeur, è amareggiato. «Le misure riguardano solo chi ha perso il 30 per cento del fatturato confrontando il 2020 con il 2019. Io ho perso il 29 per cento: non ho diritto a niente. E comunque avrei preso, forse, 3mila euro. Ora speriamo nella Regione, comunque potrà fare ben poco. Chiederemo all’Assessore regionale al Turismo, che non abbiamo mai avuto il piacere di incontrare». All’amarezza però Luigi Lanier aggiunge una proposta: «Non vogliono darci i soldi? Allora la liquidità prendiamocela dove c’è. Nelle banche. Prestiti a interessi zero, con lo Stato come garante, che dovrà coprire gli oneri degli interessi. Ecco cosa si può fare».
Piero Roullet è il titolare dell’Hotel Bellevue a Cogne. «Non mi aspettavo niente di meglio da Roma. Piuttosto molto di più dalla Regione. - dichiara - Non in termini economici, bensì di attenzione verso un settore che sta boccheggiando. Per esempio vedano di non farci pagare la tassa dell’immondizia e la corrente, visto che siamo chiusi. Mi risulta che per le società degli impianti di risalita funzioni così d’estate. Per il resto non potevamo certo pensare che Roma potesse risolvere i problemi dell’estremo lembo dell’Impero, sarebbe infantile».
«Le aspettative sul Governo Draghi erano molto alte, purtroppo completamente disattese. - confessa Alessandro Perosino dell'Hotel Elena di Saint-Vincent - È ancora tutto fumoso, soprattutto la parte sul “fondo per la montagna”. Di certo persiste, per l’ennesima volta da tanti anni a questa parte, l’incompetenza della classe politica italiana. Certe strutture ricettive hanno dei costi fissi che la maggior parte dei politici, lontani dalla realtà, non può neanche immaginare: la mia struttura da 44 camere nel 2020 ha avuto quasi 250mila euro di costi stando aperta 5 mesi su 12. Non possiamo far altro che indebitarci con le banche per pagare i nostri debiti. Tra le altre cose anche i mutui garantiti dallo Stato per oltre il 90 per cento - e che quindi per la banca sono rischiosi in minima parte - impiegano molti mesi prima di essere accreditati dall’istituto di credito sul conto corrente dell’azienda. Questo comporta mancanza di liquidità che comporta a sua volta il pagamento di interessi passivi alle banche sulle aperture di credito concesse. Intanto il governo ci manda l’elemosina facendoci passare per la categoria dei fortunati, mentre eroga adeguamenti salariali ai dipendenti pubblici che sono stati gli unici a non essere stati toccati minimamente dalla crisi economica».