Il Cervino oscilla di continuo
Uno studio internazionale dimostra che il Cervino (4.478 metri) è tutt’altro che immobile. Oscilla di continuo, anche se noi piccoli umani neanche ce ne accorgiamo, in maniera costante, con una frequenza di circa 1 oscillazione ogni 2 secondi.
La vibrazione periodica della vetta è stimolata dall’energia sismica terrestre, secondo il fenomeno della risonanza: un sistema oscillante forzato viene sottoposto a sollecitazione periodica di frequenza pari all’oscillazione propria del sistema stesso. Un concetto che può sembrare complicato ma vi basti pensare alle corde di una chitarra pizzicate dal plettro, o a un grattacielo oscillante durante un terremoto. Si tratta di oggetti differenti, caratterizzati ciascuno da una propria frequenza di oscillazione, che dipende dal materiale di cui si compongono e dalla geometria.
I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Science Direct.
Per monitorare il movimento del Cervino sono stati installati sul versante orientale 3 sismometri: uno a 4.470 metri, poco al di sotto della vetta, uno a 4.003 metri sulla cresta dell’Hornli presso il Solvayhütte e un terzo come stazione di riferimento su suolo piatto a una quota di 2.944 metri, praticamente alla base della montagna.
I dati sono stati raccolti in maniera semi-continua (a causa di brevi interruzioni nella alimentazione della strumentazione, legate al meteo) dal 27 agosto al 15 ottobre 2019 e trasmessi in maniera automatica allo Swiss Seismological Service. Dai dati forniti dai sismometri, che sostanzialmente hanno registrato ogni movimento della montagna, ad altissima risoluzione, è stato possibile dedurre la frequenza e la direzione di risonanza.
Il Cervino oscilla in direzione nord-sud con una frequenza media di 0,42 Hertz (1 Hz equivalga a 1 ciclo al 1 secondo, dunque 0,42 Hz equivalgono a circa 1 oscillazione ogni 2 secondi) e in direzione est-ovest con una frequenza similare. Si tratta di oscillazioni nel campo dei nanometri-micrometri che, come anticipato, non siamo in grado di percepire.
A quote differenti la montagna reagisce in maniera diversa all’energia sismica. In vetta i movimenti sono risultati essere fino a 14 volte più forti che alla base, un fenomeno di amplificazione indotto dalla quota, paragonato dai ricercatori a ciò che accade negli alberi, che avendo le radici ben fisse nel terreno, se investiti da una ondata di vento oscillano in maniera molto più evidente a livello della chioma.
Un dettaglio importante nella stima dei potenziali effetti sulla montagna di un forte terremoto. Come dichiarato da Jeff Moore, ricercatore della Università dello Utah, «Aree montuose che manifestino una amplificazione del movimento del suolo devono considerarsi più soggette a frane, crolli e fratturazione della roccia se colpite da un forte terremoto.»