«Il calzolaio, un mestiere antico che oggi non esiste quasi più»

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Mi ricordo che quando ero bambino a Saint-Marcel c’era un signore che faceva il calzolaio ed era molto bravo. Si chiamava Ernesto Bertolin e di certo il lavoro non gli mancava perché, allora, quando le scarpe erano un po’ consumate o o si rompevano le cuciture, tutti le portavano subito a lui che con pazienza le riparava, risuolandole e ricucendole dove occorreva. Così, con poca spesa, ritornavano seminuove.

Ernesto poi, prima di consegnarle, provvedeva a una bella lucidata per dar loro il tocco finale.

Lavorava nel villaggio di Chévroz, accanto alla sua graziosa casetta c’era un garage e una stanzina con una piccola stufa per riscaldarsi durante le fredde giornate invernali dove lui lavorava. La casa è molto bella e, qualche anno fa, sua moglie Emma mi ha fatto levigare tutte le perline che erano diventate troppo scure e io passandole il flessibile le ho fatte diventare come nuove, tinta larice. Mi ha dato tanta soddisfazione questo lavoro ma ora scusatemi sono andato fuori dal seminato. Dunque ritorniamo a dove siamo rimasti e cioè al calzolaio.

Anche nel mio villaggio di Sinsein c’era un uomo anziano che svolgeva questo lavoro ma già prima negli anni Trenta. Si chiamava Giuseppe Adam, era un uomo esile con due baffi molto ben curati ed era amico di mio nonno Victorin. Adesso non c’è quasi più nessuno che fa riparare le scarpe: quando sono rotte si buttano e se ne comprano di nuove. Peccato. Però, davanti alla casa del signor Giuseppe, sul muro della casa sopra la porta del negozio, si vede ancora un po’ sbiadita dal tempo la scritta “Calzoleria Ada” fatta da un imbianchino. Quanti ricordi tra quelle antiche mura.

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