Il basket aostano non dimenticherà mai il sorriso del suo ragazzo Massimiliano Polin
Quando Massimiliano Polin veniva servito in movimento era praticamente inarrestabile. Il suo fisico alto e snello riusciva ad infilarsi in qualsiasi difesa con effetti devastanti, ma quando capiva di non farcela preferiva sempre scaricare la palla all’esterno verso il tiratore più libero. Nella tristezza di una tragedia che ha colpito il grande mondo della pallacanestro valdostana la metafora che possiamo trovare è che questa volta la palla per Max è stata talmente pesante da non riuscire a passarla ad altri.
Depressione, brutta parola per un ragazzo, un uomo dal sorriso così bello. Eppure da troppo tempo Massimiliano Polin si portava troppo peso addosso, malgrado l’aiuto della sua Miri, Mirella Fittipaldi, da trent’anni insieme, da venticinque sposati. Una coppia azzeccata, inseparabili, casa a Morgex, lui impiegato alla Sicav, super apprezzato da tutti, lei estetista in centro a Courmayeur. A fare da sfondo un amore incondizionato per il basket giocato, sostenuto da Mirella, contenta di vedere il suo Max impegnato in palestra come un ragazzino malgrado avesse superato i cinquant’anni.
D’altronde era stato proprio il basket, nell’Aosta del campetto del Quartiere Cogne, quello che verrà riaperto proprio oggi, sabato 27, triste coincidenza, a portare gioia nel giovane Massimiliano Polin, arrivato alla pallacanestro dopo il fratello Francesco, nato cinque anni prima. Max aveva perso la mamma troppo presto e a fianco al papà Silvio aveva trovato un’altra famiglia nel gruppo dei “terribili” ragazzini del 1972, a cominciare dai gemelli Maurizio e Marco Dessimone. Quanti pomeriggi, quante serate trascorse in estate in quel campetto, fino al tramonto, sotto gli occhi di Gabriele Peloso, l’anima del basket giovanile cittadino, poi Massimo Brunello che con il suo modo di fare spavaldo e simpatico lo trattava da amico. Tutti volevano bene a Massimiliano Polin e su quel campo di righe e colori, ovunque lo trovasse, riusciva a mettere da parte le insicurezze e i problemi, sentendosi parte di una squadra.
Allenarlo era un piacere. Serio durante la settimana, in partita capiva subito cosa ci si aspettava da lui e sapeva leggere quanto accadeva in campo, anticipando i tempi. Bastava uno sguardo, senza troppe parole. E poi ci si divertiva, quante risate, nelle trasferte anche lontane, anzi sempre più lontane mano a mano che si saliva di categoria, dalle giovanili sino alla B, poi di nuovo dalla Promozione alla C, lui protagonista del progetto di ricostruzione degli anni Novanta avviato da Lions d’Aoste e Rouge et Noir.
Ora che il basket nella nostra regione è sceso ai minimi termini sono rimasti però i ricordi che da quel campetto del Quartiere Cogne portano a via Volontari del sangue e poi in via Berthet, nella palestra dalla grande tribuna, con l’Aosta dello sport che si ritrovava il sabato e la domenica, centinaia di appassionati. Come dimenticare i bus per le trasferte sempre pieni, con Massimiliano giovanissimo in mezzo ai veterani, a fianco il fratello Enrico, tifoso scatenato e poi autista lui stesso del pullman che accompagnava in trasferta la squadra, scomparso troppo presto. Papà Silvio era quasi sempre presente, con la sua sigaretta e le acrobazie per organizzare i turni alla mensa della Cogne, dove da cuoco di ristorante era approdato per potersi occupare dei quattro figli dopo la tragica scomparsa della loro mamma. Francesco, Andrea, Enrico e appunto Massimiliano, il più piccolo di età ma quello che è cresciuto più in fretta di tutti, probabilmente aiutato dalle amicizie e dall’affetto che si meritava in ogni contesto.
L’amore di Mirella e della sua famiglia, la passione per la pallacanestro (avrebbe voluto tornare a giocare in autunno ed aveva già ricevuto l’idoneità medica), la stima dei colleghi di lavoro non sono bastati per sconfiggere l’ultimo Diavolo che gli si è presentato. In troppi hanno approfittato di lui e del suo buon carattere, gli aiuti non sono bastati, per come era fatto non ha voluto neppure chiederli, per non disturbare. Si è messo in testa di farla finita, lo ha anche detto, poi sabato Mirella lo ha trovato in garage, senza vita.
Per tutti quelli che hanno percorso una pezzo di strada con Massimiliano Polin, breve o lungo che sia stato, il ricordo è struggente, i pensieri sono sempre felici, in mente vengono le risate, gli scherzi, la prima moto, la musica e i concerti, le vacanze, le corse e gli allenamenti, le discussioni sul pullman, il prima e il dopo di ogni partita. Così è stato mercoledì scorso, 24 luglio, a Courmayeur per il funerale e ad Aosta poi: abbiamo voluto accompagnare il nostro Max, stargli in qualche modo ancora vicini, ancora una volta.