I campi magnetici ai confini di un buco nero in una nuova immagine di Elisabetta Liuzzo
Si chiama Elisabetta Liuzzo, aostana classe 1982, ed è l’italiana che ha contribuito a realizzare uno dei software che 2 anni fa ha permesso di "fotografare" per la prima volta un buco nero, quello che si trova al centro di Messier 87, un’enorme galassia situata nel vicino ammasso della Vergine il cui nome viene abbreviato in M87. Elisabetta Liuzzo è ricercatrice all'Istituto nazionale di astrofisica-Inaf, il gruppo di Bologna che ha partecipato allo sviluppo del programma informatico per la calibrazione dei dati dell’Event horizon telescope-Eht, un sistema di telescopi, gestito da un team formato da centinaia di scienziati di tutto il mondo, che rivela che da quelle stesse osservazioni che nel 2019 hanno svelato qualcosa che era descritto solamente dalla teoria, si è ricavato molto altro. Si tratta della mappa dei campi magnetici sull’orlo dell’orizzonte degli eventi, nuovi segreti su quello che succede nei pressi del confine del buco nero. E ancora una volta possiamo dire di poter vedere qualcosa che non era mai stato visto. Il protagonista è sempre lui, il nucleo galattico attivo al centro della galassia M87 a circa 55 milioni di anni luce di distanza da noi. Con i segnali raccolti dai radiotelescopi sparsi in tutto il mondo, i ricercatori sono riusciti a riconoscere la luce polarizzata che sfugge alla gravità del buco nero. E ne hanno ricavato la mappatura del campo magnetico che la modifica. Abbiamo intervistato Elisabetta Liuzzo per cercare di capire l’importanza di questa ricerca.
In termini il più possibile comprensibili a chi non ha una preparazione scientifica adeguata, perché è importante questa nuova immagine del buco nero e cosa dimostra?
«La nuova immagine di M87 costituisce la prima misura della polarizzazione della luce, fenomeno che indica la presenza di campi magnetici, in una regione che si trova praticamente sul “bordo” di un buco nero, sul cosiddetto orizzonte degli eventi. Rispetto all’immagine del 2019, questo lavoro fornisce un tassello importante in più sulla fisica dei buchi neri, ovvero permettere di caratterizzare con un dettaglio senza precedenti il campo magnetico, ingrediente che si sa giocare un ruolo fondamentale nei meccanismi che spiegano come la materia venga inghiottita dal buco nero o accellerata nei getti che si vedono estendersi in molti oggetti, come per M87, oltre la galassia stessa».
Qual è stato il suo contributo nel realizzarla?
«Come per l’immagine del 2019, mi sono occupata insieme alla mia collega Kazi Rygl dell’dell'Istituto Nazionale di Astrofisica di Bologna del quale fa parte l'Istituto di Radioastronomia, della calibrazione dei dati, ovvero di definire e sviluppare gli strumenti più adeguati per la pulizia del segnale raccolto dagli otto telescopi di Event horizon telescope sparsi nel mondo. Il segnale di M87 infatti non ci arriva tale e quale come emesso dalla sorgente, ma viene distorto dal materiale che c’è tra le parabole che raccolgono il segnale e M87 stesso. I dati utilizzati per realizzare questa immagine in polarizzazione del buco nero M87 sono quelli del 2017, ovvero gli stessi usati per la prima foto di un buco nero del 2019. Rispetto però all’immagine in continuo di M87 del 2019, per ottenere questa nuova immagine in polarizzazione è stato necessario sviluppare nuovi strumenti di calibrazione ed analisi dati che hanno richiesto ulteriori 2 anni».
Dopo questo nuovo successo, quale sarà il prossimo passo? In altre parole, qual è il prossimo obiettivo delle vostre ricerche?
«Per quanto riguarda M87, l’obiettivo futuro è quello di osservarlo nuovamente in polarizzazione ad intervalli temporali regolari per studiare la variabilità dell’oggetto di cui ci sono segni già in questi primi risultati. Queste nuove osservazioni saranno in grado di vincolare maggiormente i modelli teorici che spiegano la fisica e dinamica dei buchi nero sull’orizzonte degli eventi. La collaborazione sta poi lavorando a realizzare il video del buco nero della nostra galassia, oltre che a produrre immagini del buco nero di altre galassie».