HENRY MILLERTROPICO DEL CANCRO

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Villa Seurat è una palazzina nel quattordicesimo arrondissement di Parigi, un punto di ritrovo di scrittori e artisti espatriati. Michael Fraenkel vi ospitò nell’estate del 1931 Henry Miller, al quale suggerì di abbandonare la scrittura di Uccello pazzo e di tentare una nuova strada. Nel 1932 Miller termina la stesura di Tropico del cancro che, come l’Ulisse di Joyce, incontrerà sul suo cammino un piccolo editore. Jack Kahane, della Obelisk Press, editrice di testi «sempre in pericolo di sequestro» lo darà alle stampe a Parigi, in inglese, nel settembre 1934, mentre nel 1945 uscirà l'edizione francese per Denoël. Il libro fu proibito negli Stati Uniti, dove venne pubblicato dalla Grove Press solo nel 1961 ed ebbe uno straordinario successo. In Italia uscì per i tipi di Feltrinelli nel 1962 con la traduzione di Luciano Bianciardi. Perché ritornare su questa vicenda censoria, che ha respinto e umiliato quest’opera, se non per dire che forse ciò che più infastidiva i benpensanti di allora, e chissà mai anche alcuni di oggi, non è tanto o solo la supposta pornografia, ma soprattutto la sua indifferenza verso il mainstream ideologico di allora. Come ricorda lo stesso Miller, il «cancro è il granchio che può andare in tutte le direzioni, e questo granchio che non è obbligato ad andar sempre diritto». Tropico del Cancro è un libro crudo e poetico allo stesso tempo, che ha due protagonisti: l’autore e la Parigi di quegli anni, la città delle avanguardie. Se il suo libro è «uno sputo di fronte all'arte», pochi hanno così intensamente amato Proust, Matisse, Whitman o Dostoevskij. Ma in Miller l’arte è anche l’intensità, a volte torbida, della vita che scorre: «J’aime les écritures qui coulent (pour) ne faire qu’un avec le temps, et fondre ensemble la grande image de l’au-delà avec ici et maintenant». Miller è un critico delle convenzioni, e ancora riferendosi al titolo della sua opera sostiene: «per me il cancro simboleggia la malattia della civiltà, il punto di arrivo della strada sbagliata, la necessità di cambiare radicalmente corso, di ricominciare completamente da capo».

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