Green pass per sciare? D’accordo i gestori degli impianti di risalita
Per evitare un’altra stagione sciistica disastrosa come quella dell’anno scorso, con prospettive di riapertura sempre rimandate e mai avverate, l’unica leva - anche per garantire una capienza alta delle funivie - è quella delle vaccinazioni e del Green pass. Il certificato verde per accedere agli impianti di risalita è un’ipotesi ventilata dal presidente della Regione Erik Lavevaz nei giorni scorsi.
«Stiamo analizzando la situazione per capire quali saranno i possibili scenari, in attesa di poter esprimere il nostro punto di vista, e anche di conoscere le singole proposte nell’ambito della Conferenza delle Regioni» dichiara Ferruccio Fournier, presidente dell’Associazione Valdostana Impianti a Fune (Avif). «In base all’attuale protocollo, la riduzione della capienza per funivie, telecabine e seggiovie con cupole è fissata al 50 per cento. Solo qualora intervenga un provvedimento legislativo che renda obbligatorio il Green pass, la capienza potrebbe salire all’80 per cento, sempre che si rimanga in zona bianca e fermo restando l’obbligo di sanificazione delle cabine, di disinfezione delle mani, di distanziamento e di utilizzo di mascherine. Certamente più si riduce la capienza, più aumentano gli assembramenti. L’unico modo per sfoltire le code, nel momento della massima affluenza dalle 8.30 alle 11, è avvicinarsi al 100 per cento. Il buon senso dovrebbe portare all’obbligatorietà del Green pass».
«Sembra ormai pacifico che il Green pass diventi obbligatorio. Il che porterebbe all’80 per cento la capienza negli impianti chiusi - con i finestrini aperti - e al 100 per cento in quelli aperti, naturalmente con mascherine» commenta Roberto Vicquéry, presidente della Monterosa. «La vera preccupazione è la presenza degli sciatori del Regno Unito, che sono una garanzia nel periodo delle settimane bianche. I tour operator britannici non hanno ancora prenotato per via della quarantena prevista dal loro Governo».
Evidenzia il problema dei controlli Herbert Tovagliari, presidente e amministratore delegato della Cervino: «In vista dell’apertura di sabato 16 ottobre è necessario avere al più presto indicazioni sulle regole da seguire. Il Green pass potrebbe essere una soluzione, anche se andrà valutata la possibilità di un controllo il più possibile automatizzato, per evitare blocchi alla partenza. E’ fondamentale che non siano presenti contingentamenti delle presenze massime giornaliere sul comprensorio, limitazione che metterebbe in difficoltà la tenuta economico-finanziaria delle società».
Anche secondo Gioachino Gobbi, presidente della Courmayeur Mont Blanc Funivie, il vero problema sarà come effettuare i controlli: «E’ chiaro che non potremo chiedere a tutti il Green pass trasformandoci in poliziotti. Il dato confortante rispetto alla scorsa stagione, in cui si prendevano decisioni - perlopiù disattese - il venerdì per il sabato, è che si inizia a parlare di questi temi già a settembre. E’ molto positivo anche che si prenda in considerazione l’ipotesi della capienza all’80 per cento: più gente sale, meno code si formano. L’altro auspicio è che esista omogeneità di decisioni in tutto l’arco alpino italiano. Il messaggio per il cliente finale dev’essere semplice e uguale per tutti».
«Se il Green pass non diventasse obbligatorio avremmo meno controlli da effettuare, però mi trova d’accordo perchè sarebbe una garanzia per tutti, anche per chi opera nei soccorsi» aggiunge Bruno Rollandoz presidente di Rhêmes Impianti.
Infine, è favorevole anche Fabio Mattarelli, presidente della Snowmet di Valgrisenche, che mercoledì 22 settembre parteciperà alla gara per il rinnovo della gestione del comprensorio: «Se siamo tutti vaccinati non mettiamo a repentaglio la salute delle altre persone. Pure per noi esercenti la situazione con il Green pass sarebbe più facile da gestire».