Gli “eroi della tazzina” che sono aperti per le colazioni da asporto
Qualcuno li ha simpaticamente soprannominati “gli eroi della tazzina” e sono coloro che al mattino presto si fanno trovare puntuali dietro al bancone dei loro locali per permettere ai clienti di consumare il sacro rito della colazione in una sorta di pseudo-normalità. Tutto questo nel pieno rispetto del decreto in vigore da venerdì 6 novembre scorso e che avrà validità sino a giovedì 3 dicembre prossimo che parla chiaro: è consentito unicamente l'asporto con divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze e comunque nel rispetto della distanza di sicurezza interpersonale ed evitando assembramenti. La conseguenza di tutto ciò è che la gran parte dei locali al mattino si presentano con le saracinesche abbassate, fatto salvo alcune eccezioni. «Credo che se tutti rispettassimo le regole - sostiene Mariangela Pellissier, titolare insieme al marito Dario Bertuzzo del Bar Copapan di viale Stazione a Châtillon - si potrebbe lavorare tranquillamente anche con le restrizioni in vigore. Devo dire che i nostri clienti nonostante l'obbligo delle consumazioni all'aperto sono davvero contenti di trovarci al mattino presto per la colazione e molti ci ringraziano. Ovviamente abbiamo dovuto ridurre sia l'orario che il personale poiché rispetto a prima, quando lavoravamo quasi 24 ore al giorno, ora chiudiamo alle 19 tranne la domenica quando la chiusura è alle 12.30». Per il futuro rimangono le incertezze. «Secondo me questa situazione ce la porteremo dietro per gran parte del 2021 - dice Dario Bertuzzo - ma è anche vero che non possiamo andare avanti a colpi di lockdown. Farci chiudere non è stata una decisione giusta perché noi all'interno del nostro locale sappiamo come comportarci ma controllare quello che succede all'esterno spetta ad altri. Ci siamo fatti trovare pronti a questa seconda ondata di contagi al meglio e parlo di sanificazione, dispositivi di protezione individuale, rispetto delle distanze e tutto quello che serviva ma ci hanno fatto chiudere ugualmente».
«Si lavora, se va bene, al 40 per cento - racconta Valerio Artaz, titolare del Bar Funicolare di Saint-Vincent - e se a volte sembra che ci sia tanta gente questo è solo perché all'interno del locale si entra uno alla volta. Purtroppo qualcuno ha pensato bene di telefonare alle Forze dell'Ordine denunciando qualche assembramento davanti al mio bar e personalmente avrei preferito che queste persone avessero affrontato il problema con me. E' vero che la regola dell'asporto vorrebbe dire prendere e portare via ma un minimo di socializzazione, in questo momento, è quello che può salvare tante persone che stanno andando in crisi e anche farsi la chiacchierata può aiutare, sempre nel rispetto delle distanze. Se si fermano nelle adiacenze del locale, e non davanti perché questo l'ho vietato, per scambiarsi delle opinioni penso faccia bene in quanto molte persone sono disperate. Teniamo conto che noi a Saint-Vincent stiamo pagando un conto salatissimo con il Casinò, le Terme e tutti gli alberghi chiusi con ripercussioni drammatiche per le famiglie». Sulla chiusura generalizzata di bar e ristoranti le idee sono quanto mai chiare. «Ritengo questa decisione totalmente sbagliata - sostiene Valerio Artaz - perché abbiamo rispettato alla lettera tutte le direttive facendo investimenti e mantenendo dei posti di lavoro. E poi non è mai stato accertato il reale pericolo di contagio in bar e ristoranti. Nel giro di 24 ore e senza alcuna programmazione hanno deciso comunque di farci chiudere ma noi non molliamo di un millimetro».
Oscar Alice, titolare insieme alla moglie Erika Cavalieri del Bar Fénis, a Chez Croiset di Fénis, osserva che «Il servizio delle colazioni è apprezzato in paese con una buona risposta da parte dei clienti. Cerchiamo di servirli il più in fretta possibile per evitare piccoli assembramenti fuori dal locale e tutto sommato le regole sono rispettate anche se a volte dobbiamo spiegarle bene. A livello economico diciamo che almeno riusciamo a far fronte alle spese correnti. Siamo aperti dalle 6 alle 13.30 e 3 volte alla settimana - giovedì, sabato e domenica - prepariamo dei piatti da asporto. Capisco che non è facile prendere delle decisioni in questo momento ma quello che più ci penalizza è l'incertezza di non sapere se e quando potremo riaprire. Il cosiddetto ristoro economico previsto dal Governo per la nostra categoria è sicuramente un aiuto ma non risolve i nostri problemi».
«Meglio poco che niente - sottolinea Renata Bich del Piccolo Bar di via Roma a Quart - ma non è un bel lavorare ed è più stressante rispetto al normale. Tutto sommato i clienti rispettano le norme ma può capitare a volte che un operaio si fermi nei pressi del locale per bere velocemente il suo caffè. Però questo è poca cosa rispetto a quanto succede ad esempio sui mezzi pubblici. Noi facciamo tutto quello che ci viene richiesto facendoci carico anche delle spese in più che dobbiamo sostenere, come ad esempio quella per i bicchierini termici, e questo con gli incassi notevolmente in calo».
Per Jonathan Cucinotta, che con la moglie Inge Dorigato gestisce La Crotta di piazza Roncas a Chambave, «Chiudere bar e ristoranti è stata una scelta senza criterio perché ci sono attività dove c'è molto più contatto fisico, e faccio riferimento ad esempio alle parrucchiere, che possono tranquillamente continuare il loro lavoro anche se ovviamente con tutte le precauzioni necessarie. Noi non siamo degli untori, come troppe volte si legge, e tutti abbiamo investito soldi per rendere i nostri locali quanto mai sicuri. Nel nostro caso, tra l'altro, abbiamo provveduto a posizionare una struttura in plexiglass che ci separa dai clienti davanti al bancone a garanzia della più totale sicurezza. Nonostante qualche negazionista imperterrito, generalmente i clienti sono portati a osservare le regole e tutto sommato fa bene alla gente trovare al mattino il bar aperto dove poter ordinare la colazione anche se da asporto».
«Con le temperature così rigide non è il massimo bere il caffè in macchina - ammette Bruna Giacchello Mariettaz de La Capanna a Rovarey di Nus - però chi passa è contento di trovare qualcosa di aperto. Diciamo che si lavoricchia e più che altro si tratta di un servizio che offriamo, peraltro molto apprezzato. Al mattino chiudiamo dopo le colazioni visto che poi non c’è più nessuno e riapriamo alla sera alle 18 per l'asporto delle pizze. Purtroppo non tutti rispettano le regole e oltre a fare i baristi dobbiamo anche fare i vigili. Speriamo che alla riapertura tutto ritorni come prima, nonostante il terrorismo psicologico a cui assistiamo in questo periodo. La paura però è che ci diano il contentino a Natale e che poi ci chiudano di nuovo. Non dimentichiamo che noi abbiamo a che fare con il pubblico e quindi siamo più a rischio contagio. Siamo anche quelli tacciati come coloro che hanno fatto i soldi, dimenticando che noi non rischiamo solo il posto di lavoro ma la nostra intera vita con tutto quello che abbiamo fatto sino ad ora, perché anche noi abbiamo figli da mantenere, mutui da pagare e quant'altro».