Giuseppe Ciardullo, valdostano d’adozione che ha studiato il fenomeno dell’emigrazione

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La prima domenica di agosto, ormai da tempo, è dedicata alla «Rencontre Valdôtaine», la manifestazione che ogni anno cambia località e che nello spirito di coloro che la istituirono avrebbe dovuto rappresentare appunto un’occasione di incontro - e di festa - tra i valdostani emigrati all’estero ed i loro parenti e amici rimasti invece in Valle d’Aosta. Così è stato per decenni e la manifestazione rappresenta ancora oggi un’occasione per riflettere sul ruolo dell’emigrazione valdostana - che tra XIX e il XX secolo ha toccato tutti i continenti - nella storia della nostra comunità, che ora sta affrontando un altro tipo di emigrazione, quella che riguarda i giovani che preferiscono sfruttare all’estero le opportunità fornite loro dagli studi e dagli interessi lavorativi piuttosto che rimanere in Valle.

In ogni caso, la conoscenza delle dinamiche dell’emigrazione valdostana del passato ha interessato molti studiosi della nostra regione e tra questi figura a pieno titolo Giuseppe Ciardullo, a sua volta un immigrato tra le nostre montagne, che ha contributo alla storiografia regionale con dei libri dedicati a Champdepraz, il paese di sua moglie Anna, e con il primo lavoro dedicato alle dinamiche relative all’immigrazione calabrese in Valle d’Aosta.

Giuseppe Ciardullo difatti è venuto al mondo il 18 maggio 1945 a Polistena di Reggio di Calabria, figlio di Salvatore della classe del 1913 e di Giuseppina Formica del 1920, già genitori di Rosetta, nata nel 1943 e scomparsa nel 2017. Il nonno materno, Pasquale Formica, era mastro falegname, un artista del legno che realizzava sia mobili sia ingranaggi per le macchine dei frantoi dell’olio. La sorella della mamma, Virginia Gina Formica, era sarta e aveva un laboratorio a Polistena, dove insegnava a ricamare alle ragazze.

Giuseppe Ciardullo ha vissuto in Calabria i primi cinque anni, conservando nitidi i ricordi del dialetto parlato in famiglia, dei giochi in strada con gli amichetti sulla scalinata che portava al centro del paese, interrotti solo, all’ora di pranzo, dalla chiamata della mamma dal balcone, e soprattutto della sfilata dei “giganti” in occasione del Santo Patrono di Polistena, Santa Marina, il 17 luglio: «Ero molto intimorito guardando sfilare davanti a casa queste persone in carne e ossa sui trampoli e in costume». Papà Salvatore era già partito nel 1948 alla volta di Aosta, per lavorare nell’edilizia, chiamato dai compaesani che dopo la seconda guerra mondiale si erano trasferiti nella nostra regione. Lui era piastrellista e nei mesi invernali, quando l’edilizia ad Aosta si fermava per via della neve e del freddo, tornava a Polistena. Però dopo due anni, nel 1950 ha chiesto ai suoi cari di raggiungerlo e per Giuseppe fu un trauma lasciare l’amato gatto Marcu e gli amici per affrontare un lungo viaggio verso l’ignoto che avrebbe significato un cambio completo di vita. «Ero spaventato. - ricorda Giuseppe Ciardullo - Sapevo che mi avrebbero portato da papà, ma non sapevo dove. Mi avevano parlato di Aosta, che non conoscevamo. Il mio pensiero tornava a cosa avevo lasciato a Polistena e questo mi faceva piangere. Il viaggio fu interminabile. Ogni tanto bisognava cambiare treno e il trasbordo procurava ai grandi un faticoso lavoro. Ci accompagnò anche lo zio Antonio, il fratello di papà perché lui non poteva lasciare il lavoro. Dopo due giorni e una notte, la zia Gina mi cambiò i vestiti e quando scesi dal treno corsi incontro a papà Salvatore, che mi prese in braccio e mi diede un forte bacio. Trovammo posto in una camera grande in via Challand al numero 5, dove eravano zia Gina, Rosetta ed io, senza gabinetto, che era fuori nel cortile e in comune con tutti i vicini del piano terreno. Papà e mamma invece dormivano in una bella casa vicina, al terzo piano. Al piano terreno c'era il Bar Juventus, frequentato da tanti calabresi e veneti e anche da mio padre».

In casa Giuseppe continuava a parlare solo nel suo dialetto calabrese, quindi il rapporto con gli altri bambini era molto difficile. Così come lo è stato il primo impatto con la scuola. Poi, piano piano, ha cominciato a essere accettato. «La mamma Peppina restò poco con noi ad Aosta perché un giorno, a soli trentadue anni, si ammalò. Dissero che l'aria della Valle le faceva male, quindi ritornò a Polistena. Il suo, purtroppo, era un male incurabile, e lei non volle che i suoi bambini la vedessero morire. Ora è sepolta nella tomba di famiglia in Calabria. Con noi restò zia Gina, che diventò così la nostra nuova mamma. Poi arrivò un giorno importante, il 1° ottobre 1952, quando cominciai ad Aosta la prima elementare. Fu all'inizio di novembre che papà partì per Polistena e ritornò verso la metà del mese, molto triste e naturalmente non mi disse niente. Dopo diversi giorni mia sorella Rosetta mi informò della morte della mamma, piansi molto. Poi tutto continuò. Rientrai a scuola, cercando di vincere anche questo problema e di tornare a vivere.»

Pochi mesi dopo, nell'estate del 1953 si spostarono seguendo il lavoro di papà Salvatore prima a Morgex e poi a Courmayeur, dove Giuseppe iniziò la seconda elementare per poi trasferirsi ancora, questa volta a Saint-Vincent, che essendo nel pieno del boom economico ed edilizio richiedeva manodopera. Non esistevano ancora le attuali scuole vicino alla chiesa, per cui Giuseppe frequentò la parte restante della seconda, la terza, la quarta e la quinta in aule sparse in via Chanoux. Nel corso della quinta terminarono i lavori del nuovo edificio scolastico e all’inaugurazione toccò proprio al calabrese Giuseppe Ciardullo tenere un discorso, avendo i voti più alti in pagella.

«Nostro padre ci aveva parlato molto bene di Saint-Vincent - racconta Giuseppe Ciardullo - e in effetti l’impressione fu positiva. La mia vita nel paese era costellata dalle prime amicizie e dalle giornate trascorse all'Oratorio, punto di incontro per i bambini. Amavo molto andare a scuola e studiare, avevo sempre ottimi risultati, per-ciò comunicai alla maestra che da grande avrei voluto diventare geometra, ma lei mi disse che era meglio che frequentassi l'avviamento professionale e poi, se volevo continuare, avrei dovuto sostenere solo l’esame di latino. Una volta concluso l'avviamento, scoprii però a malincuore che la prova di latino era molto difficile da sostenere, tuttavia non mi sono perso d'animo e ho conseguito da privatista il diploma di geometra a Torino, in due anni invece che in cinque: era il 1970.»

Dopo quindici mesi di servizio militare - per il Car a Casale Monferrato, poi a Gradisca d’Isonzo radiofonista al 33esimo Reggimento di artiglieria Folgore - nel 1971, tornato a casa, aprì un ufficio tecnico a Saint-Vincent. Però, poiché i lavori che contavano erano comunali e regionali, con incarichi a professionisti diversi, si propose come geometra alle realtà economiche della zona. Il 31 ottobre 1977 lo chiamarono per un colloquio al Casinò e due giorni dopo venne assunto all'ufficio tecnico della Casa da Gioco, dove ha lavorato fino alla pensione e dove si occupava delle varie manutenzioni, coordinando inoltre i quaranta operai addetti alla pulizia delle sale prima della loro riapertura pomeridiana.

Sempre desideroso di contribuire in qualche modo allo sviluppo del paese che lo aveva accolto, a fine del 1971 entrò nel consiglio di amministrazione dell'Azienda autonoma di cura di Saint-Vincent. «Poi nel 1973 seguendo le mie convinzioni politiche, mi iscrissi al Partito Comunista e nel 1975 fui nominato segretario della Sezione di Saint-Vincent. - continua Giuseppe Ciardullo - Fu così che in occasione dell’11esimo Congresso valdostano del PCI dopo un mio intervento, venni inserito nel Comitato regionale.»

Vista la sua grande passione per la scrittura, nel tempo libero gli piaceva scrivere degli articoli sull’organo di informazione della Federazione Valdostana Comunista, Le Travail. «La mia vita proseguiva con tre passioni importanti: la famiglia, il lavoro e il piacere di scrivere in prosa e in rima e anche di continuare nella mia attività politica.»

Giuseppe Ciardullo ha almeno una decina di libri pronti da pubblicare e ha scritto ben milleduecento poesie in italiano, in francese, in dialetto calabrese e in franco-provenzale, lingua che ha voluto imparare anche grazie all’aiuto della moglie originaria di Champdepraz: con Annunzia Foy, per tutti Anna, si sono conosciuti nel 1980 e sposati nel 1982. «Mi sono innamorato prima di Anna, poi della zona del Mont Avic, che lei mi ha fatto conoscere.» Nel 1993 è nata la loro unica figlia Lara, moglie di Andrea Theodule, che ha dato alla luce, a dicembre 2020, una bimba, Christelle.

Il primo libro pubblicato da Giuseppe Ciardullo - era il 1986 - riguardava la lotta di liberazione in Valle d’Aosta: «Il tema della guerra partigiana è sempre stato un argomento a me molto caro, argomento che ho trattato nel volume “Saranno fucilati” del 2004 e nell'opera “Lungo le sponde del Marmore” del 2006, intervistando diversi ex partigiani della nostra zona.»

A Champdepraz, per l’anniversario - il 70esimo - della Pro Schola (di cui è stato vicepresidente dal 1988 al 2000) nel 1989 ha scritto un breve saggio che nel 1996 ha ampliato pubblicando il libro «Valdôtains à Paris, le rôle joué par la Pro Schola de Champdepraz de 1919 à 1967”. L’associazione, creata con un proprio statuto nel 1919, ma attiva già da molto prima («sull’asta della sua bandiera si legge che è stata donata nel giugno del 1900»), fu istituita su iniziativa degli emigrati di Champdepraz a Parigi, che nel 1913 erano ventiquattro. «A Champdepraz le condizioni socio-economiche della popolazione erano difficili: si trattava di agricoltori o di minatori. - spiega Giuseppe Ciardullo - Per questo motivo gli emigrati del paese a Parigi fondarono un’associazione di beneficenza il cui scopo era quello di permettere ai bambini a frequentare le elementari. Nel 1935 la Pro Schola finanziò, ad esempio, l’idea all’avanguardia della maestra di Chevrère Margherita Buillas di istituire un servizio di mensa per garantire un pasto caldo agli alunni che abitavano lontano dalla scuola.»

La Pro Schola venne sciolta nel 1967 a Parigi e tutto il suo archivio fu trasferito a Champdepraz. In occasione del centenario del 2019, è stata effettuata una ricerca fotografica e di archivio sul periodo più recente dell’associazione, di cui si è parlato - come dell’omologa Pro Schola di Challand-Saint-Victor - venerdì 8 luglio durante laconferenza ad Aosta del ciclo «Autour de la Rencontre Valdôtaine», che per la sua 46esima edizione è in programma appunto domani, domenica 7, a Fénis.

Sempre in tema di libri legati al territorio, nel 1994 Giuseppe Ciardullo pubblicò un piccolo fascicolo su Champdepraz, tema che ricorre anche nei due suoi libri «Champdepraz, la sua Valle e la sua gente» del 1994, successivamente ampliato nel 2006 con una parte specifica dedicata al Parco del Mont Avic.

Oltre a Champdepraz e alla lotta di liberazione, Giuseppe Ciardullo non poteva tralasciare Saint-Vincent: al paese dove è cresciuto ha dedicato nel 1995 il volume fotografico «Saint-Vincent d’antan. Attimi di vita», poi nel 2002 il libro sull’Asilo infantile Cretier-Joris, a seguire nel 2008 il volume sul Grand Hotel Billia in occasione del suo centenario, quindi per i sessant’anni del Casinò de la Vallée nel 2007 un libro fotografico e nel 2014 ha collaborato alla stesura del libro «Saint-Vincent - La vita di una comunità valdostana».

L'interesse per le sue origini mai dimenticate lo ha portato a pubblicare nel 2008 «Dalla piana ai monti», il primo lavoro dedicato alla comunità calabrese e alla sua immigrazione in Valle d’Aosta, un legame con la terra d'origine rimasto saldo nel tempo, tanto che Giuseppe Ciardullo è stato molto orgoglioso ed emozionato di ricevere, nell'agosto del 2014, l'invito alla «Festa dell'Emigrante», manifestazione che si tiene ogni anno a Polistena, dove ha ricevuto il premio come «Onore e vanto di Polistena in Italia e nel mondo».

Nell'aprile del 1990 il sindaco di Champdepraz Gualtiero D'Hérin gli chiese di candidarsi nella sua lista alle elezioni comunali, perché aveva bisogno di un geometra esperto, che ricoprisse il ruolo di assessore ai Lavori Pubblici e così è stato dal 1990 al 1995. Pochi mesi prima, nell’ottobre del 1989 era stato inaugurato il Parco del Mont Avic e così il neo assessore Ciardullo ha seguito i primi anni di vita dell’area protetta, appassionandosi pure a questa realtà, così come è stato per tutto ciò che ha incontrato ed amato. «Il tempo passa e arriva il momento di lasciare andare alcune cose. - conclude Giuseppe Ciardullo - Lo scrivere no, ancora oggi la ricerca storica mi coinvolge, così come tradurre in poesia in miei pensieri, anche perché lo posso fare addirittura meglio nella tranquillità della mia casa di Champdepraz. Il mio legame con il territorio valdostano e la sua gente è nato nell’ormai lontano 1950, quando da bambino spaurito arrivai alla stazione di Aosta: è un legame forte che intendo mantenere vivo, perché qui da immigrato ho trovato tutto quello che avrei desiderato, integrandomi nel rispetto di chi mi ha accolto e contribuendo spero con i miei studi e le mie ricerche a salvaguardare la memoria ed a valorizzare le belle storie di questa regione meravigliosa.»

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