Giulio Vuillermoz, l’autore di inimitabili sculture in acero protagonista di Sant’Orso

Giulio Vuillermoz, l’autore di inimitabili sculture in acero protagonista di Sant’Orso
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«Dza vendu», lo diceva quasi in modo meccanico Giulio Vuillermoz, che a Valtournenche era “Lo Jules de Losanche”, anzi sembrava quasi divertito, quasi sorridente sotto i baffetti curati. Stava sempre in piedi a fianco al suo banco, in via Sant’Anselmo, ed osservava quella folla che lo apprezzava ogni anno di più. Molti si fermavano, guardavano con attenzione camosci, stambecchi, mucche, reines, Santi, falciatori ed alpinisti e soprattutto i montoni, poi la fatidica domanda «quanto viene?». E lui serafico «dza vendu».

Per anni i cacciatori della Foire de Saint Ours lo hanno osservato. Per avere un suo pezzo arrivavano alle sette del mattino del primo giorno, per sentirsi rispondere «dza vendu», ma come è possibile? E allora l’anno successivo eccoli alle sei, quando Giulio Vuillermoz apriva la valigia di cuoio e tirava fuori con lentezza le varie piccole, delicate, splendide sculture di acero, tutte avvolte nella carta de La Vallée Notizie. Un acquisto da “Lo Jules de Losanche” era un rito, uno dei riti della Saint Ours che non dimenticheremo, come non dimenticheremo quel suo sguardo profondo, il berretto in testa, la giacca di un completo anni Sessanta quando faceva bello, la giacca a vento sempre anni Sessanta quando faceva brutto, poi i pantaloni infilati negli scarponi, un look unico, da uomo della “grande” montagna, impermeabile al trascorre del tempo e così tanto amato.

Poi il secondo giorno della Foire il suo banco rimaneva vuoto. «Tot vendu lo premi dzor» e tanti saluti a tutti. E a chi chiedeva se era possibile salire fino a Valtournenche per acquistare un suo pezzo si scherniva, rifiutava, faceva capire che non era quella la strada per ottenerlo. Se invece chiedevi di realizzarne uno per te per la prossima fiera allora rispondeva serio che solamente il Buon Dio avrebbe deciso il futuro e che quindi anche questa soluzione non era praticabile. Però Giulio Vuillermoz, pur parlando poco, sapeva leggere negli occhi della gente la passione per il suo inconfondibile stile e capitava che, da un anno all’altro, la memoria non lo tradisse e così quando passavi da lui, presto presto al mattino, lui serio dicesse «Ni feit eun muton pe vo» prendendo con gesti misurati la sua valigia da sotto il banco e tirando fuori il montone delle meraviglie, che da lunedì scorso, 26 settembre, lo ricorda per sempre nelle case dei suoi collezionisti, dove le opere di Giulio Vuillermoz occupano tutte un posto speciale, il migliore.

E’ sceso ad Aosta per morire, all’Ospedale Beauregard, lui così attaccato alla sua Valtournenche. Figlio di un tornitore straordinario, oltre che scultore, come Victor, era nato al mayen di Laveussé il 10 giugno del 1935 dove la mamma Giuseppina Pession era salita insieme agli altri nove figli. Giulio fu l’ultimo di questa famiglia dalla grande fede e dalla profonda devozione, diviso da vent’anni di differenza dalla sorella primogenita Lucia del 1915. Ed è stato lui, il più giovane, a rimanere in casa con il papà Victor e la mamma Giuseppina, ad accudirli, come fece per sedici anni con Lucia, gravemente malata. La sua vita è stata la montagna, le poche mucche nella stalla, la preghiera quotidiana, la lettura delle sacre scritture, la tornitura, la realizzazione di attrezzi per l’agricoltura: Giulio ha imparato da Victor a conoscere il legno, sempre l’acero, che tagliava personalmente, seguendo la luna e le stagioni. La natura è stata la sua compagna, insieme alla fede e anche il suo scolpire lo ha reso consapevole di avere un dono, un dono di Dio. “Lo Jules de Losanche” usava lo scalpello con una maestria medievale, la perfezione e la cura dei particolari lo hanno reso unico tra i mille della Foire, nessuno è in grado di eguagliarlo, nessuno sa ricamare nel legno bianco i suoi merletti, carteggiare come sa fare lui il muso di un montone o di una mucca, passare con lo scalpello attraverso i fiori dei bosquet delle reines.

Per noi, per tutti coloro che ricordano ed amano la Fiera di Sant’Orso, quella dei ricordi, popolata da grandi artigiani che purtroppo l’inesorabile trascorrere del tempo non ci restituirà più, Giulio Vuillermoz rimane artista inarrivabile, per la sua immensa bravura e per la sua altrettanto immensa modestia. Coerente sino all’ultimo con la vita che si era scelto, “Lo Jules de Losanche” è stato salutato nel pomeriggio di mercoledì 28 nella chiesa di Valtournenche nella Fede del Cristo Risorto.

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