Giovannino Zottola e i ricordi dell’Aosta “Che emozione quella doppietta all’Albenga”
Giorni di inizio estate, quando il calcio ad Aosta era quello del mercato, prima l’allenatore poi i giocatori, quelli ceduti e quelli acquistati. I tifosi dell’US Aosta in piazza Chanoux come nei bar commentavano le voci di possibili arrivi di qualità oppure le prime conferme in attesa dell’apertura ufficiale del “calcio mercato” a Milano. Ora che quel mondo non esiste più rimangono comunque i ricordi di quelle estati, che normalmente in agosto vedevano l’inizio della preparazione atletica della rinnovata Aosta, pronta ad affrontare un nuovo campionato - che fosse la C2, la D, la Quarta serie o la Promozione - comunque sempre in grado di attrarre l’attenzione degli appassionati della regione, che ora invece devono accontentarsi di guardare il “loro” stadio Mario Puchoz diventato una sorta di spazio pubblico scarsamente utilizzato dal quale è scomparso proprio il calcio.
Da quei giorni dai tanti ricordi è riemersa la figura di Giovannino Zottola, classe 1958, che ha giocato dal 1979 al 1984 nell’Aosta collezionando 123 presenze condite da 10 gol. Centrocampista, fisico imponente, è ricordato dagli anziani habitués del Puchoz per la sua combattività, continuità di rendimento e buona visione di gioco. Adesso abita a Trecate e lo abbiamo contattato per raccontare dei suoi trascorsi in maglia rossonera.
Giovannino Zottola, quale è il primo ricordo dell’Aosta che le viene in mente?
«Quando l’Aosta voleva ingaggiarmi, correva voce che un suo dirigente fosse contrario ritenendo che non avessi i requisiti necessari per “crescere calcisticamente”, mentre i tifosi desideravano fortemente che ne facessi parte. E tanto insistettero che la dirigenza alla fine mi accettò e così diventai un giocatore rossonero.»
Quali sono stati i suoi mister?
«Il primo, Urano Navarrini, era molto preparato a livello calcistico e umano. Con lui noi giovani abbiamo raggiunto degli ottimi risultati. Poi è arrivato Osvaldo Cardellina, gran preparatore atletico, grazie alla professione che svolgeva come insegnante e diplomato Isef, e amico dei giocatori. Poi, toccò a Natalino Fossati, ex giocatore professionista, che ci trasmise la sua esperienza di gioco per il poco tempo che rimase, visto che fu esonerato prematuramente perché prendeva le nostre difese in merito alla questione stipendi. E per ultimo, Nello Santin, anche lui ex professionista nel Torino, ma molto diverso dal precedente. Di carattere scontroso, sempre molto critico con i giocatori, al punto che non li elogiava mai, neppure quando lo meritavano per i risultati raggiunti. Rimango convinto che per le sue scelte perdemmo il campionato 1983/84.»
E qual è stata la sua prima partita nell’Aosta?
«Aosta-Massese 2 a 0 nel campionato 1979/80.»
Quale partita ricorda in particolare?
«Aosta-Albenga 2 a 1. In quell’occasione realizzai una doppietta: il primo gol con un tiro da fuori area finito all’incrocio; il secondo, presa la palla a metà campo, arrivai in porta dopo aver scartato anche il portiere.»
Chi ritiene sia stato il suo compagno di squadra più bravo?
«Non mi sento di esprimere una preferenza assoluta, perché farei torto a tutti gli altri miei compagni. Mi limito a dire che quell’Aosta ottenne buoni risultati.»
E il giocatore più forte che ha incontrato?
«Enrico Lombardi, ex centrocampista di Albese e Imperia.»
Quali squadre professioniste ha incontrato in amichevole al Puchoz?
«La Juventus di Giovanni Trapattoni con Gentile, Furino e Virdis; il Torino di Eugenio Bersellini con Dossena, Ferri e Schachner; l’Avellino di Walter Novellino con Barbadillo, Vignola e Di Somma; e i bulgari dello Slavia Sofia.»
Cosa rimpiange della sua avventura calcistica nell’Aosta?
«Il fatto di non aver ricevuto dalla dirigenza nessun avviso di mancata conferma al termine del campionato 1983/84. La notizia la seppi per vie traverse. Fu una grande delusione per tutti gli anni che avevo dedicato all’Aosta con passione e lealtà. Infatti, nello stesso campionato rifiutai un contratto con la Pro Vercelli, che poi vinse il campionato per correttezza verso la dirigenza dell’Aosta, cui avevo dato la mia parola per il suo progetto calcistico.»
Che cosa pensa del fatto che Aosta sia l’unico capoluogo di regione a non avere una squadra di calcio che gioca ad un certo livello?
«E’ una grandissima delusione, perché penso che il calcio sia uno sport che appartiene alla tradizione di tutte le più importanti città italiane.»
E quanto è cambiato il calcio dai suoi tempi?
«Penso che ci fossero più passione e divertimento. Si imparava moltissimo dai giocatori anziani, che ti trasmettevano la loro esperienza guidandoti nel mondo del calcio ed aiutandoti a crescere. E, cosa molto importante, c’era reciproco rispetto. Sovente, i giovani calciatori sono maleducati, si sentono degli arrivati, dei professionisti, e questo fatto è uno dei mali del calcio di oggi.»