Giacinta Prisant: «Lettera aperta alle donne valdostane»
Da vecchia, ormai, e ancora orgogliosamente veterofemminista mi spiace vedere rispuntare, carsicamente, la sigla Femmes (dell’Union) Valdôtaines per “difendere” l’operato dei maschi al potere.
Adesso spuntano dichiarazioni in cui, invece di prestare attenzione alla luna, e cioè ad un provvedimento necessario alla nostra regione che viene tenuto nel cassetto per un anno e poi, senza nessuna modifica (e spiegazione), viene infine avviato l'iter di esame, si guarda al dito, perché nessuno si deve permettere di chiedere spiegazioni, non si disturbino i manovratori (perché definirli amministratori mi sembra offensivo nei riguardi dei molti/e che li hanno preceduti su quelle sedie).
E quando si ha qualcosa da dire sulle donne, che non siano le solite offese gratuite distribuite ad ogni consiglio, si chiede man forte alle proprie compagne di partito, solitamente molto assenti (dal Consiglio regionale in particolare) ma anche dalla società civile. Non si fa così, Femmes (dell’Union) Valdôtaines: ho conosciuto diverse vostre esponenti e mi ricordo donne impegnate attivamente per cui fare politica non era soccorrere gli uomini in difficoltà per sostenerli nel loro tentativo di ingigantire il dito per non parlare della luna, ma era mettersi insieme per lavorare a favore della società valdostana. Sì, perché sono passati i tempi in cui le donne valdostane sapevano lavorare insieme per gli abitanti della Valle, donne e uomini; grazie ad una “ottima” legge la Consulta femminile è stata annullata e non esiste più un luogo in cui le donne possano, tutte insieme, riflettere, conoscere e lavorare per il bene delle donne stesse. In quanto agli uomini, seduti sulle loro comode sedie, invece di imbastire lezioni su cosa devono fare e dire le donne, dovrebbero occuparsi di adempiere “onorevolmente” al mandato degli elettori: sarebbe già una buona cosa.
già presidente
della Consulta regionale
per le pari opportunità