Ghiacciai «in piena emorragia», però la situazione è migliore rispetto all’estate dell’anno scorso

Ghiacciai «in piena emorragia», però la situazione è migliore rispetto all’estate dell’anno scorso
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Nell'ultimo anno, la fronte del ghiacciaio del Rutor, uno dei più vasti della Valle d'Aosta, si è ritirata di 6 metri. Il dato emerge dal monitoraggio effettuato ogni anno dalla Carovana dei ghiacciai, l'iniziativa organizzata dalla Legambiente e dal Comitato glaciologico italiano per testimoniare il ritiro dei ghiacciai dovuto alla crisi climatica. La Carovana, giunta alla sua quarta edizione, ha fatto tappa lunedì e martedì scorsi, 22 e 23 agosto, in Valle d'Aosta e concluderà il suo viaggio domenica 10 settembre sul ghiacciaio del Morteratsch, nei Grigioni, in Svizzera.

Il ritiro di 6 metri del ghiacciaio del Rutor "è tutto sommato modesto se comparato con quello degli altri ghiacciai, in particolare delle Alpi Occidentali, che lo scorso anno hanno misurato frequentamente ritiri a due cifre, di decine di metri, fino ad arrivare al caso emblematico del Gran Paradiso che, nel momento in cui si è staccato un intero settore frontale del ghiacciaio, di colpo la fronte è arretrata di 300 metri", spiega Marta Chiarle, ricercatrice Cnr-Irpi e Cgi, durante la conferenza stampa di presentazione dei risultati del monitoraggio della tappa valdostana, che si è tenuta nella mattinata di martedì ad Aosta. Marta Chiarle ricorda che il 2022 "è stato un anno terribile per i ghiacciai", con "scarsi accumuli nevosi, elevate temperature e prolungate nel tempo". In particolare, dal 1865 ad oggi, il ghiacciaio del Rutor ha registrato una perdita di superficie di circa 4 chilometri quadrati, di cui 1,5 negli ultimi 50 anni. Dagli anni '70 ad oggi la fronte del lobo destro si è ritirata di 650 metri mentre quella del lobo sinistro di 750 metri.

"Il dato che noi misuriamo viene monitorato ogni anno e viene fatto per tanti ghiacciai. È l'insieme dei dati che provengono da tanti ghiacciai che ci restituisce come un puzzle ciò che che sta succedendo nell'ambiente glaciale italiano". Per la ricercatrice, "il dato deve essere il punto di partenza di ogni riflessione e di ogni decisione successiva. Sarebbe veramente importante che ogni scelta ogni decisione si basi sui dei dati altrimenti rischiamo di prendere delle strade sbagliate e di fare scelte non corrette". E conclude: "Non dappertutto c'è questa attenzione alla criosfera che vediamo qui in Valle d'Aosta, regione che è sempre stata abituata a convivere nel bene o nel male con i ghiacciai. Questa stessa attenzione sarebbe bellissimo ci fosse su tutto l'arco alpino proprio per consentire poi delle scelte e delle decisioni informate".

Zero termico, record amaro "La notizia del nuovo record italiano dello zero termico raggiunto alla stazione di radiosondaggio Novara Cameri a 5.328 metri testimonia l'aumento senza precedenti delle temperature e l'inesorabile destino dei nostri ghiacciai alpini, in piena emorragia, per effetto della crisi climatica". Lo dichiara Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente e presidente di Cipra Italia, la Commissione internazionale per la protezione delle Alpi, al termine della tappa valdostana della Carovana dei ghiacciai che ha avuto come protagonista il ghiaccio del Rutor.

"Neanche il Rutor è fuori pericolo - prosegue Vanda Bonardo - non sono bastate le nevicate dello scorso maggio a scongiurare il probabile bilancio di massa negativo". Per Marco Giardino, vicepresidente del Comitato Glaciologico Italiano e docente dell'Università di Torino, il ghiacciaio valdostano, il terzo per estensione delle regione alpina, "è emblematico perchè le condizioni geologiche e geomorfologiche consentono di conservare traccia dell'evoluzione ambientale, nel breve e nel lungo termine". E aggiunge: "Un luogo ideale per dimostrare l'importanza di associare al monitoraggio diffuso e comparativo sui ghiacciai operato dal Comitato glaciologico italiano un approccio multidisciplinare anche alle zone proglaciali, per rilevare i fenomeni di deposito ed erosione e stabilire un bilancio idrico e dei sedimenti trasportati dalle acque di fusione".

L’anno scorso incredibile

"In linea di massima, se questo caldo anomalo non proseguirà per molte settimane, ci aspettiamo una situazione migliore rispetto a quella dell'anno scorso che però era catastrofica. Quindi ci aspettiamo una situazione brutta ma non catastrofica". A dirlo, tracciando una fotografia dello stato di salute dei ghiacciai valdostani, è Marco Cappio Borlino, direttore tecnico dell'Arpa Valle d'Aosta, intervenuto durante la conferenza stampa di presentazione dei risultati del monitoraggio del ghiacciaio del Rutor. Che aggiunge: "I dati di quest'anno non li abbiamo ancora perché l'anno è ancora in corso, certo questa ondata di calore di fine agosto non promette nulla di buono, ma rispetto all'anno passato partiamo da un accumulo avvenuto tra la fine dell'inverno e la primavera, tra marzo e maggio, decisamente più importante di quello dell'anno scorso". Il direttore tecnico dell'Arpa ricorda che "lo scorso anno c'è stata una perdita di massa per alcuni ghiacciai incredibile". Ad esempio "il ghiacciaio del Timorion che è un piccolo ghiacciaio interno che teniamo sotto controllo da più di 20 anni, lo scorso anno ha perso il quadruplo della massa che perdeva normalmente in un anno".

Aumentano invece i rischi naturaliSe "i ghiacciai stanno subendo una trasformazione che sta andando oltre la rapidità, la modalità e l'intensità con cui si trasformavano nei decenni scorsi", lo stesso sta accadendo per i rischi naturali, che "stanno assumendo una frequenza e una distribuzione sia nel tempo che nello spazio diversa rispetto al passato". Lo spiega Marta Chiarle, ricercatrice del Cnr-Irpi e del Comitato glaciologico italiano, intervenuta alla conferenza stampa. Marta Chiarle fa l'esempio del crollo del ghiacciaio della Marmolada della scorsa estate, che "ha interessato un ghiacciaio di cui noi non avevamo notizie di eventi di quel genere questo ci impone un cambio di mentalità e di approccio sia nello studio dell'evoluzione dei ghiacciai e della criosfera in generale sia per quel che riguarda i rischi naturali collegati a questi speciali elementi della natura che stanno così soffrendo e reagendo ai cambiamenti climatici".

Per la ricercatrice, ciò significa "modificare sia l'approccio mentale sia le tecniche di analisi dei dati che vengono analizzati" ma anche, in tutti gli altri settori, "rendersi conto che quelli che erano i paradigmi che funzionavano bene nel passato adesso potrebbero non più funzionare tanto bene", perché "ci troviamo di fronte a delle situazioni che in passato non eravamo abituati ad affrontare". E conclude: "Dobbiamo veramente essere disponibili a cambiare il nostro modo da approcciarci ai problemi, come ad esempio la modalità con cui noi ricercatori andiamo a cercare i dati e a monitorare gli eventi naturali e a analizzare la loro evoluzione".

Coprire i ghiacciai? No grazie

Coprire i ghiacciai con dei teli per salvarli dallo scioglimento? "Non è la strada giusta da seguire", dice Marta Chiarle, ricercatrice del Cnr-Irpi e del Comitato glaciologico italiano. Lo conferma Marco Giardino, vicepresidente del Comitato: "La copertura dei ghiacciai, se si vuole farla per salvare i ghiacciai, comporta un dispendio di CO2 superiore a quella che potrebbe risultare dal non fare nulla. Coprire un ghiacciaio significa produrre dei teli, portarli in quota, disporli, rimuoverli e poi rimetterli, trasformando il ghiacciaio in qualche cosa che non è più un ghiacciaio naturale, perché non c'è più scambio di materia ed energia con il ghiacciaio stesso". E aggiunge: "Con questo non voglio dire che i teli non siano efficaci, anzi gli studi scientifici dicono che i teli sono efficaci ma ad una scala che definiremmo utile per il cosiddetto snowfarming, quando si vuole salvaguardare una risorsa quando la si vuole utilizzare per lo sci. Non vorremmo si confondesse il salvataggio dei ghiacciai con il salvataggio di una risorsa nevosa da utilizzare per lo sci". Chiarle aggiunge che l'unica strada per salvare i ghiacciai è "difendere il clima". E spiega: "I ghiacciai sono l'emblema di ciò che il cambiamento climatico sta determinando ma non è che se io salvo il ghiacciaio ho risolto il problema del riscaldamento climatico".

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